Che cos'è il bullismo
Sono ormai tanti, troppi, i casi di bullismo adolescenziale a terminare con il tragico epilogo del suicidio della vittima.
La persecuzione in ambito scolastico da parte dei compagni è abbastanza diffusa. E ultimamente si sente parlare spesso di situazioni al limite della legalità. La disperazione che sorge in adolescenza, come anche in età infantile, può indurre i ragazzi a gesti estremi quali il suicidio o il tentativo di suicidio. L’emozione prevalente che provano le vittime di bullismo è la vergogna.
Ma cosa succede nei soggetti perseguitati?
Il bullismo può essere diretto (con comportamenti che utilizzano la forza fisica per arrecare danno all’altro) cioè fisico (calci, pugni, strattoni, violenza fisica in genere) e verbale (deridere, insultare, canzonare, urlare) o indiretto il cui utilizzo della parola ha l’intento di offendere, prendere in giro in modo reiterato, emarginare, diffondere pettegolezzi sul conto del capro espiatorio mentre il cyberbullying utilizza internet per divulgare contenuti denigratori, con la finalità di vessare una persona o un gruppo di persone.
L’imbarazzo che li invade inibisce sul piano cognitivo, emotivo e comportamentale tanto da non vedere nessuna soluzione se non quella di "togliersi di mezzo" e "sparire". Tale disagio produce anche l’incapacità di raccontare l’accaduto a qualcuno poiché è possibile che non si sentano capiti e che debbano nascondere quanto accade poiché gli altri potrebbero esprimere giudizi "poco favorevoli" nei loro confronti. Per questo tendono ad isolarsi, a deprimersi, fino a sfociare in una problematica che a livello profondo produce gravi disturbi psicologici tra cui la depressione.
Chi è il bullo?
Generalmente un ragazzo con disturbi affettivi e del comportamento. Molto spesso il disturbo oppositivo-provocatorio che insorge in età infantile tende a divenire più grave in adolescenza. Il bullo non prova empatia, né tollera le frustrazioni. Manifesta comportamenti aggressivi nei confronti dei suoi compagni ma anche degli adulti. La sua elevata autostima lo porta a divenire dominante rispetto al gruppo dei pari beffeggiando, ridicolizzando e mettendo in ridicolo, spesso anche con l’uso di violenza, gli altri.
La vittima
Ha difficoltà, nella maggior parte delle volte, a reagire. Essendo molto sensibile tende a isolarsi dal contesto scolastico. Venire attaccata continuamente dai compagni comporta un’umiliazione senza paragoni. La conseguenza, infatti, è un’opinione negativa delle sue abilità e capacità relazionali nonché una scarsa stima di sé. L’ansia che ne deriva la rende insicura e la difficoltà a ribellarsi la porta a chiudersi in se stessa. Resta cioè passiva dinanzi ai soprusi degli altri soffrendo inevitabilmente la situazione. Ecco perché rifiuta di andare a scuola o ci va mal volentieri.
Perché non parlarne?
La violenza dei compagni è al limite spesso della legalità. È facile quindi incorrere in situazioni di gravi comportamenti antisociali e criminali. Infatti, il gruppo tende ad esaltare il vissuto di onnipotenza che i ragazzi provano in virtù di ciò che stanno compiendo. Il ruolo del bullo dominante, di quello gregario e della vittima rappresentano la scena nella quale si consuma il "delitto" o l’azione denigrante. Subire è una conseguenza deleteria poiché a lungo andare qualsiasi forma di "violenza" sia fisica e sia verbale porta all’insorgere di sintomi psicologici abbastanza importanti.
Diversi sono gli indicatori di tali malesseri che a breve termine si possono presentare, tra cui: mal di stomaco, tristezza, isolamento, disturbi del sonno, incubi, svalutazione della propria personalità. A lungo termine, invece, ansia, fobie sociali, disturbi psicosomatici, ideazione suicidaria, problemi dell’adattamento, comportamento auto lesivo, abbandono scolastico. Tutto questo conduce la vittima di bullismo all’evitamento e parlarne con qualcuno contribuirebbe a vivere questa vergogna manifestando ulteriormente la propria fragilità. Ma l’aiuto in questi casi è fondamentale per evitare che tali situazioni sfocino in qualcosa di irreparabile.
È infatti opportuno confidarsi con qualcuno che possa sostenerli e aiutarli ad affrontare la situazione. Molto spesso, infatti, possono essere risolte facilmente senza procrastinare il vissuto di malessere che conduce inevitabilmente all’acting out. I genitori, gli insegnanti, i fratelli o alcuni amici possono essere sufficienti per intervenire segnalando la situazione. È possibile anche che qualcuno dei compagni si renda conto di ciò che sta accadendo e riferisca al dirigente scolastico il tutto senza che ci siano delle conseguenze per chi ha indicato l’accaduto. Responsabilizzarsi nei confronti della propria e l’altrui vita è un atto di maturità che permette di evitare situazioni irrimediabili e salvare alcuni ragazzi da una violenza non meritata ma subita.