Burnout da lavoro: tutto quello che c’è da sapere
La parola inglese “burnout” non indica tanto il super lavoro, quanto la sua qualità negativa. Vale a dire lavorare troppo e male.
Si avvicina più al modo in cui il lavoro è vissuto interiormente (pesante, gravoso, difficile…) che alla quantità in senso stretto del carico di lavoro.
Come riconoscere se si è a rischio logoramento da lavoro, e come uscirne? Ne abbiamo parlato con il prof. Roberto Pani, docente di psicologia clinica all’Università di Bologna.
“Burnout”, al pari del significato dell’espressione inglese, indica situazioni in cui ci si sente scoppiati, esauriti, quasi come si fosse saltati in aria. Il burnout può essere innescato da un super lavoro, anche se non sempre si identifica con il troppo lavoro.
Il burnout è solo super lavoro o ha a che vedere con la qualità del lavoro?
«Molti lavorano troppo, certo, però il burnout deriva da una situazione psicologica più complessa, dovuta al fatto che alcune persone, mentre lavorano, riproducono nel loro mondo interiore delle situazioni che hanno già vissuto in passato – spiega lo psicoterapeuta – così all’interno del contesto lavorativo si posizionano nella condizione sfavorevole di sudditanza.
Burnout: quali sono le cause
Per spiegare meglio il burnout, immaginiamo che la persona – che ne è vittima – abbia vissuto all’interno di una famiglia numerosa, in cui sia stato considerato sempre incapace di seguire il passo degli altri fratelli. «Questi giudizi negativi possono essere stati rivolti in misura maggiore dal padre rispetto alla madre, la quale invece potrebbe aver assunto un ruolo protettivo, e viceversa» – continua l’esperto. Ecco che il lavoratore associa inconsapevolmente i capi (severi) ai suoi genitori (giudicanti).
«All’interno di una struttura aziendale, la persona vittima di burnout “si è posizionata” sul piano psicologico come debole. Senza accorgersene riproduce quel copione che in passato si era formato in famiglia.
Chi accusa il burnout vive gli altri colleghi come se fosse inadatto a seguirne il passo. E soprattutto si sente osservato e giudicato dal suo responsabile, così come una volta si sentiva giudicato dal proprio genitore (madre o padre che le ha affidato il ruolo di debole della famiglia)».
Per spiegare meglio il concetto di burnout facciamo un esempio: «supponiamo che un reparto d’ospedale mal gestito dal primario comporti in chi ci lavora un senso di logorio – prosegue lo psicoterapeuta – L’infermiera, vittima di burnout, non solo deve sforzarsi il più possibile di essere precisa nel seguire turni faticosi, ma deve anche portare il peso del giudizio del primario che le fa notare la disorganizzazione del reparto. Sono situazioni ordinaria amministrazione: è normale che un responsabile “rimproveri” i suoi collaboratori: se questi ultimi sono vittime di burnout percepiscono questi rimproveri come angoscianti e persecutori.
In altre parole, il primario, viene ri-vissuto come padre severo, e gli altri colleghi infermieri ri-vissuti come i fratelli competitivi dell’antica famiglia di origine. Tutto ciò stressa ulteriormente la nostra infermiera. Questo è il burnout, che naturalmente non è solo appannaggio di contesti aziendali, ma di tutti i tipi di lavoro.
Quali sono i sintomi del burnout
Il burnout può manifestarsi in vari modi. Spesso compaiano sintomi psicosomatici che investono l’area dermatologica, quali: eczema da contatto, arrossamenti, psoriasi; oppure disturbi gastroenterologici, come gastrite e colon irritabile; o ancora, neurologici, come cefalee e insonnia. Tutti questi disturbi possono essere trattati con i farmaci e, nei casi più severi, con l’ascolto psicoterapeutico. In quest’ultimo caso, tendono davvero a ridursi e a migliorare fino a guarire completamente per non lasciare più traccia.
Come ci si accorge che si soffre di burnout?
Un segnale evidente è il fatto che i sintomi dello stress sono riconducibili al contesto lavorativo, dove si riproduce un ambiente vissuto con angoscia e con incubo.
È facile che la vittima si senta colta da un baratro, abbia la sensazione di precipitare, e che dica frasi: “Se penso al lavoro sto male”. Oppure che non abbia voglia di lavorare e abbia paura di non farcela.
Cosa fare per affrontare il burnout
Cosa si può fare per migliorare?
- Esaminare la possibilità di cambiare ufficio, nei limite del possibile;
- cercare di capire che cosa è particolarmente disturbante del contesto lavorativo e perché: quali situazioni fanno rievocare antiche situazioni angoscianti;
- individuare il più possibile la fonte dello stress, ascoltarsi;
- prendersi delle pause per rendersi conto di essere fagogitati dal lavoro;
- evitare di mettersi nella condizione della vittima, di subire;
- cercare di non sentirsi in colpa se non si porta a termine il lavoro.
Prendersi un periodo di vacanza resta sempre una valida soluzione per contrastare il burnout.
Una vacanza spesso procura quello spazio psichico libero che consente di vedersi dall’esterno e di comprendere i legami del lavoro con la propria vita.
Se tutto questo non dovesse essere sufficiente, un aiuto professionale offerto dallo psicoterapeuta può essere risolutivo. In definitiva, c’è una differenza tra il super lavoro e il burnout.
«Sì, perché il superlavoro è riconducibile all’eccesso di tempo dedicato al lavoro, che spesso può essere svolto con passione e motivazione. È semplicemente questione di quantità.
Il burnout invece assume una connotazione negativa perché va ad inficiare la qualità del lavoro. Implica il modo in cui dal punto di vista psicologico si vive il contesto lavorativo in cui si è inseriti» – conclude l’esperto.
Potrebbe interessarti anche Stress da lavoro correlato: sintomi e cosa fare
Dal profilo Instagram di DMNow: