Paura del cambiamento: come affrontarla
Cambiare qualcosa della nostra vita richiede energia, forza di volontà, determinazione e voglia di perseverare perché a volte, di fronte ad alcune difficoltà, la tentazione di tornare indietro può annullare i propositi di cambiamento.
A volte è difficile proprio fare il primo passo, mettersi sulla strada del cambiamento, perché è più comodo trastullarsi su ciò che si ha o si è, come direbbe Erich Fromm, il celebre autore di “Avere o Essere” (Mondadori).
Non sempre quindi la parola “cambiamento” suscita sentimenti positivi, anzi è più facile che susciti un vero e proprio terrore. Così ne abbiamo paura e lo evitiamo, con il rischio di rimanere statici e (forse) un po’ infelici.
Di cosa abbiamo paura?
A fare paura non sono solo i cambiamenti connotati da un segno negativo: passaggi come il matrimonio o la nascita di un figlio possono generare ansia e timore, e persino lo sbocciare di un nuovo travolgente amore. Perché pone l’individuo in un ruolo diverso, e per questo sconosciuto, rispetto a prima.
Ci sono tanti tipi di cambiamento: alcuni sono più facili e accettabili come ad esempio quelli riguardanti il lavoro. In questo ambito, persone più disposte al cambiamento hanno in genere una discreta flessibilità che dipende dalla professionalità e dalle competenze acquisite.
«Invece i cambiamenti più difficili da accettare sono collegati alla sfera emotiva, nella quale sono coinvolti gli affetti, soprattutto in caso di separazione da un partner o dalla famiglia di origine» – sostiene il professor Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica all’Università di Bologna.
Non è da trascurare nemmeno la difficoltà di cambiamenti che riguardano la socialità, come la capacità di gestire i rapporti con amici, i trasferimenti in altre città, i traslochi, oppure le ansie di entrare in nuovi gruppi di lavoro o di sport.
Ma il cambiamento è crescita ed energia. Superare la paura si può: ne parliamo con lo psicoanalista.
Perché il cambiamento fa paura?
Per dare una risposta a questa domanda si può iniziare dall’etimologia greca della parola greca cambiamento che ha la stessa radice semantica di “catastrofe” e la stessa desinenza di “movimento”. È dunque una sorta di rivolgimento che può dare origine a conseguenze imprevedibili.
«Di per sé il cambiamento è insito nella vita, anche se non fa riferimento a nessuno stravolgimento: persino per essere stabili e “uguali a noi stessi” è necessario il cambiamento perché abbiamo bisogno di un rinnovamento continuo, sia biologico che psicologico.
Basti solo pensare al turn over incessante delle cellule del corpo che ci mantengono in vita: è un po’ come una casa, la cui staticità porta ad uno stato di abbandono e di deterioramento.
È chiaro che questo rinnovamento fisiologico non fa paura, poiché accade senza che noi ce ne accorgiamo» – prosegue lo psicoterapeuta.
Invece i cambiamenti che ci riguardano da vicino, e sono avvertiti interiormente, sono molto più difficili da accettare perché non solo non li vediamo, ma non li sappiamo riconoscere. «Ciò accade perché noi stessi ci conosciamo poco – spiega il Prof. Pani – Si tratta di ciò che Freud chiamava perturbanti: quello che noi non conosciamo di noi stessi può spaventare nel momento in cui si fa vivo, perché non sappiamo tenerlo sotto controllo.
Alcuni eventi mettono in moto delle parti di noi sconosciute persino a noi stessi, come ad esempio la capacità di reazione e la paura di non farcela. Dal punto di vista psichico, questi eventi muovono dei sentimenti interni – a volte dimenticati – che ci collegano al passato e ci fanno sentire un’angoscia tremenda: è il caso delle perdite affettive o delle separazioni, per esempio».
Fa paura tutto ciò che ci mette di fronte ad aspetti che non conosciamo e che non possiamo controllare.
Tremiamo di fronte al nuovo, quando non immaginiamo la portata di questo cambiamento che sta per sopraggiungere.
Autostima e fiducia
La capacità di accettare un cambiamento fa riferimento alla sicurezza in se stessi?
«In realtà, andrebbe fatta una distinzione tra autostima e fiducia di base, entrambe connesse alla sicurezza in se stessi, ma la differenza è più sottile – specifica il Prof. Pani. L’autostima riguarda la sicurezza di superficie, e non è sempre stabile: cresce se abbiamo un successo e si abbassa se subiamo uno smacco. È come un’iniezione di adrenalina che ci euforizza in un momento preciso. L’autostima quindi ci convince che possiamo superare determinati cambiamenti.
Invece la fiducia è più antica e primitiva, legata cioè ai rapporti primari con la madre, a situazioni che ci hanno trasmesso messaggi di fiducia. Avere una buona fiducia in se stessi vuol dire avere la consapevolezza che il nostro edificio poggiare su qualcosa di molto stabile che difficilmente crolla se siamo investiti da un grande cambiamento, senza caricarlo di significati catastrofici. Ciò non esclude però il fatto che di fronte a un cambiamento inaspettato non soffriamo: sono due piani diversi».
Cambiamento: quali sono i sintomi della paura
In seguito ad una paura del cambiamento possono manifestarsi sintomi fisici, quali fobie, palpitazioni e agitazioni, sudorazioni eccessive e mal di testa. La paura inoltre può portare ad evitare certe situazioni che mettono a disagio, come ad esempio i luoghi pubblici, e a nascondersi anziché esporsi.
Quali sono le conseguenze della paura del cambiamento
La messa in atto di meccanismi di difesa che tendono a portare l’individuo a nascondersi e a isolarsi; alla lunga la difesa dal cambiamento porta alla staticità, facendo entrare l’individuo in un circolo vizioso che genera indebolimento e non crescita.
Il cambiamento fa crescere e quindi irrobustire, quando non è un trauma ovviamente.
Naturalmente non tutti i cambiamenti fanno bene: quelli dammatici non aiutano perché non permettono alle proprie risorse psicologiche di funzionare, in quanto inducono un indebolimento eccessivo. Vanno bene gli stimoli per cambiare, certo, ma non gli stravolgimenti.
Come superare la paura del cambiamento
«In genere se queste paure si manifestano da giovani si superano tranquillamente. È importante non essere soli, ma frequentare persone positive che ci sostengano e non blocchino i nostri desideri di rinnovamento» – rassicura l’esperto.
Bisognerebbe inoltre tentare di non scappare di fronte al nuovo né rinunciare alle opportunità, ma cercare di affacciarsi alle nuove esperienze.
Andare verso il nuovo con un un passo alla volta ci fa sperimentare nuove parti di noi stessi. Ci si accorge così che si può reggere ai cambiamenti, senza subire scossoni inaffrontabili. Ciò dà la forza e il coraggio per non avere paura dei cambiamenti che verranno.
Le alternative alla vita solita vanno cercate senza forzarsi: rinunciare alle nuove opportunità vuol dire autocondannarsi all’immobilismo, con il rischio di essere sempre più infelici.
Si ringrazia la gentile disponibilità del Prof. Roberto Pani, docente di Psicologia Clinica, all’Università di Bologna.