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Lenore è la segretaria furba, anzi furbissima, di un supereroe maschilista, cialtrone, pasticcione e anche bruttarello. Che però è ricco sfondato, possiede un quotidiano e ha un aiutante asiatico che gli toglie le castagne dal fuoco. Lenore è Cameron Diaz, 38 anni, faccia da magnifica ragazzaccia, corpo da sballo e quoziente di intelligenza con il turbo. Il film è The Green Hornet (Il calabrone verde), ora nei cinema: una parodia dei vari Superman e Batman, dove il protagonista Britt Reid (interpretato da Seth Rogen), aiutato dalla segretaria Cameron, sconfigge la malavita di Los Angeles.
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Vuoi vedere che Hollywood inventerà un ruolo da supereroina tagliato su misura per lei? L’attrice ride, i denti candidi, i capelli biondi lunghi proporzionati alle gambe chilometriche, décolletées Louboutin nere tacco 12: «Forse, perché no? Del resto ho già fatto diversi action-movie: da Charlie’s Angels a Innocenti bugie. Certo che, alla mia età, devo darmi una mossa». Il bello della diva, tra le più pagate di Hollywood (guadagna dai 10 ai 20 milioni di dollari a film), è che non sembra preoccuparsi minimamente del tempo che passa. La faccia illuminata da due occhi azzurri, Cameron ha la mimica e l’espressività di chi non ha mai visto nemmeno da lontano botox e punturine.
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«L’unico intervento che ho fatto è stato al naso: me l’ero rotto facendo surf. E per tenermi in forma corro, mangio sano, bevo litri d’acqua, rido molto e faccio tanto sesso: il sesso è importante per noi esseri umani». Finalmente un’attrice che non si vergogna a dire cose che altre non si sognerebbero neppure. Ospite al talk show di David Letterman negli Usa si è perfino lanciata in una gara di rutti dopo avere bevuto una lattina di Coca-Cola. Cameron è un fenomeno di simpatia: «Invecchiare non è un problema. Dovrei invece preoccuparmi se così non fosse, perché significherebbe che sarei già morta».
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E in amore sceglie sempre il meglio: l’attuale compagno è il giocatore di baseball Alex Rodriguez, un campione da 33 milioni di dollari a ingaggio. Insieme formano una coppia d’oro, ma la Diaz non pensa certo al denaro: è già ricca di suo. «Sono cresciuta in una famiglia povera però unitissima, i miei genitori mi hanno insegnato a fare sempre di testa mia, e per strada ho anche imparato a menare le mani, quando ce n’è bisogno» ride.
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Prima di Rodriguez ci sono stati Matt Dillon, Justin Timberlake, Paul Sculfor, Gerald Butler, per citare quelli noti alle cronache. Quindi, le chiedo, non pensa al matrimonio e a formare una famiglia? «Persino mia madre e mia sorella hanno smesso di chiedermelo. La fiaba più stupida che si possa insegnare a una ragazza è che a 20 anni ci si sposa e si fanno figli. Sbagliato. L’amore non dura per sempre. Io poi a fare la geisha non ci sto. I legami troppo stretti mi soffocano. E un bambino adesso non è la mia priorità, non ne sento il bisogno: ho dei nipoti meravigliosi».
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La sua anima da maschiaccio Cameron l’ha esibita al cinema in commedie esilaranti come The Mask e Tutti pazzi per Mary, o quando ha dato la voce alla principessa Fiona di Shrek. Profondità e bravura li ha tirati fuori in film sofferti come La custode di mia sorella. «La parte era durissima: facevo una mamma con una figlia malata di leucemia che mette al mondo una seconda bimba per potere curare la prima. Mentre giravo il film è morto mio padre, che aveva solo 58 anni. Per fortuna il lavoro mi ha aiutato a superare il dramma».
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La solarità di Cameron si incrina e lascia il posto alla malinconia: «Non fatevi ingannare dalla mia allegria, anch’io ho sofferto. Perfino per amore. Ma il nome di chi è stato non lo dirò nemmeno sotto tortura».
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Difetti? «Sicuramente ne ho uno: la testardaggine. Che però ho trasformato in spirito da combattente». Quello che l’ha portata a fare la modella a 16 anni, a diventare attrice a 21. E che, nel 2002, l’ha fatta candidare agli Oscar per la sua interpretazione della scaltra e affascinante borseggiatrice in Gangs of New York, al fianco di Daniel Day-Lewis e Leonardo DiCaprio.
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La notorietà, lo show business e i fan Cameron li affronta con sportività: «Mi spiace che Hollywood abbia una fama tremenda. In realtà non è poi così male: si lavora e si fanno affari. E la mia è una professione bellissima». La sua ambizione? «Vorrei diventare sempre più famosa. Perché significherebbe che ho fatto bene il mio lavoro. Se mi riconoscono per strada a Taiwan o a Roma sono felice. Ho tanti amici sparsi ovunque: li ho fatti divertire e qualche volta anche piangere al cinema».
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Si ferma, prende fiato, ride: «E se non mi considerassero sarei davvero triste». Molte attrici si lamentano che dopo una certa età vengono emarginate dalla Mecca del cinema. «Anche io non posso più fare quello che facevo a 20 anni, ma il lavoro non mi manca, e i ruoli evolvono con me. Sono pronta a raccogliere qualunque sfida. E ovviamente a prendermi anche qualunque ricompensa» conclude Cameron. Poi scoppia in una risata contagiosa. E terapeutica.