È capitato a tutte, almeno una volta nella vita. Una parola, una frase o un fatto si è incastrato in un modo talmente perfetto e inspiegabile da farci pensare che le coincidenze esistono e che devono necessariamente un significato.
Che sia in amore, che sia nel lavoro o anche semplicemente nella vita familiare, trovarsi di fronte a un concatenarsi perfetto di eventi, fattori o casi può essere spiazzante e portarci a riflettare. Ma c’è davvero qualcosa dietro?
La connessione tra esseri umani
Partiamo da una base: gli esseri umani sono connessi tra loro. Questo perché facciamo tutti parte di un grande ecosistema che, seppur dissestato, resta armonico, nutrendoci e facendoci crescere in modo tanto splendido quanto, talvolta, misterioso.
Ciò, stando al dottor Bernard Beitman, professore di Psichiatria e scienze Neurocomportamentali all’Università della Virginia, darebbe alle coincidenze un peso non indifferente. Beitman, che da sempre si occupa di mettere in relazione eventi e capacità umane, avrebbe rilevato ciò che viene definita come acasualità.
Si tratta, in sostanza, di una rete invisibile che connette tutto e tutti, a prescindere dalla presenza di amore, amicizia o relazioni complesse. Questa acasualità consisterebbe nella capacità degli umani di trasmettere “informazioni energetiche” che le altre persone possono rilevare, elaborare e organizzare.
Alla base delle coincidenze ci sarebbe proprio questa rete, questa serie di informazioni energetiche che, per altro, ci accomunerebbe ad altri esseri viventi come gli squali, che hanno sulla pelle delle piccole “ampolle” in grado di rilevare dei cambiamenti elettromagnetici.
Carl Jung e la sincronicità
Attenzione però, perché l’osservazione di Beitman (purtroppo o per fortuna) non è verificata. Non esistono prove che attestino la presenza di questa rete invisibile, nonostante anche altre autorevoli voci si siano espresse in merito.
Albert Einstein, per esempio, parlando di coincidenze e presentimenti, ipotizzò che non fosse affatto assurdo che dietro il concatenarsi di situazioni e dietro il “sesto senso” ci fosse qualcosa di più profondo.
Il caso più eclatante, però, è quello dello psichiatra Carl Jung, che elaborò proprio la Teoria della Sincronicità, secondo la quale uno o più eventi che avvengono in contemporanea e sono connessi tra loro appartengono a un medesimo contesto.
Jung riteneva che dietro le coincidenze ci fosse dunque un senso molto più ampio, ma che gli esseri umani non avessero (cosa tutt’ora vera) gli elementi per spiegarlo.
L’occhio critico sulle coincidenze
Se da una parte abbiamo una serie di eminenti studiosi che vogliono dare un senso alle coincidenze, dall’altra parte abbiamo anche chi ci dice di andarci piano. Per esempio, uno studio del 2015 pubblicato su New Ideas in Psychology riporta all’ordine qualsiasi fantasia.
Lo studio in questione definisce le coincidenze come una conseguenza inevitabile della mente che cerca la struttura causale nella realtà. In buona sostanza, in quanto esseri umani, cerchiamo anche fin troppo spesso di spiegare ciò che è soltanto un caso, ciò che è solo un fatto.
D’altronde, è il nostro modo di essere: l’uomo, da sempre, cerca di applicare spiegazioni razionali a ciò che vede e di capire bene i meccanismi dell’ambiente che lo circonda. Questo modo di fare è alla base dell’adattamento e della sopravvivenza.
La ricerca di struttura e la razionalità
Cercando sempre spiegazioni gli esseri umani sono più propensi a notare fatti che si accompagnano. È questo che, per altro, ci porta in alcuni casi a trasformare le coincidenze in “regolarità”, assumendo che due fatti vadano sempre e comunque insieme in modo razionale e logico.
Gli esseri umani riconoscono i modelli, li applicano e trovano in questi conforto e chiarimento. Quando ciò non accade, nasce quel senso di mistero, quel magnetico desiderio di trovare qualcosa che crei un legame tra ciò che ci è capitato.
La maggior parte degli statistici, però, sostiene che anche il capitare frequente di eventi improbabili sia solo frutto delle tante opportunità che l’uomo ha oggigiorno. Dobbiamo, dunque, abbandonare quella convinzione mistica che nulla accada per caso?
Significato o non significato?
La verità è che non esiste una vera risposta. Le coincidenze sono, in realtà, negli occhi di chi guarda e potrebbero tanto essere solo una serie di piccoli casi quanto indicazioni della strada da percorrere.
Di base, il nostro cervello crea degli schemi unici nel loro genere. Si tratta di schemi che gli altri possono condividere o non vedere per niente, perché sono frutto della nostra conoscenza, del nostro percorso e di ciò che facciamo e viviamo ogni giorno.
A prescindere da ciò che innesca le coincidenze, per altro, una ricerca del 2002 chiamata Perceptual and Motor Skills ha osservato che queste capitano maggiormente alle persone riflessive o spirituali, religiose o comunque profondamente introspettive.
Questo ci suggerisce che le coincidenze possano essere qualcosa che sta nel mezzo tra i due estremi che abbiamo elencato: dei fatti che sì, magari si concatenano per puro caso, ma che solo noi possiamo essere in grado di leggere e interpretare nel modo giusto.