Nasce nel 1965 a Châlons-en-Champagne in Francia. Dopo gli studi primari, si trasferisce a Parigi e frequenta l’Ecole National Supérieure de Création Industrielle, dove si laurea nel 1991. Due importanti conoscenze sigillano la sua formazione professionale: Denis Santachiara (con cui lavorerà a progetti di architettura e design) e Philippe Starck (con cui avvia una serie di collaborazioni). Anni in cui arrivano anche importanti riconoscimenti: nel 1997 viene insignita del Gran Prize del Design della città di Parigi mentre nel 1999 riceve il Gran Premio della Stampa Internazionale della critica del mobile contemporaneo. Dopo questo periodo di crescita professionale, matura in Crasset il desiderio di un proprio marchio: nel 1998 fonda il suo studio mentre qualche anno più tardi darà vita alla Matali Crasset Productions. Oggi collabora con le più prestigiose aziende internazionali.

“Design, il tuo nome è donna. Il bello quotidiano nato dalla creatività femminile”, è il titolo della mostra: perché la donna designer si affaccia da poco tempo al mondo degli oggetti? Philippe Starck un anno fa ha dichiarato che il futuro è donna: lo pensi anche tu?

Dopo anni di dominio del pensiero maschile è giunto il tempo di pensare in modo differente: le donne sono più flessibili e più pratiche, riconoscono meglio i valori essenziali della vita.

Lo slogan “less is more” ha salvato il design o lo ha troppo semplificato?

Less is more, more is less, less is boring: ogni slogan contiene in sé il proprio limite e si parla sempre di un approccio formale. Non penso che il design sia basato sulle forme, bensì sui modi di vivere, di comunicare…

Ora si parla di energia, innovazione tecnologica, riciclo: pensi che questi elementi possano portare al design nuovi spunti?

No, sono solo ingredienti. È normale occuparsi di questi aspetti, ma non sono sufficienti a giustificare un progetto, sarebbe piuttosto un’esercitazione…

Dall’idea al progetto: raccontaci come nasce un tuo progetto e da cosa.

Come prima cosa mi chiedo “che cosa voglio dare alle persone?” e poi creo la forma. Il materiale arriva di conseguenza.

Quali sono i pezzi della tua casa a cui non potresti rinunciare?

La stanza dei miei figli.

Cosa ti piacerebbe progettare ancora?

Non vorrei progettare qualcosa, non ho sogni. Sono più interessata a lavorare con partner: io traduco in materia i loro sogni attraverso i miei valori e le mie capacità.

Sguardo al futuro: che cosa suggerisci ad una giovane designer che si affaccia ora al mondo del design?

Avere una mentalità aperta e una personalità poliedrica. Ed essere in grado di tradurre queste diverse sensibilità nel progetto.