Schietta, sognatrice, eclettica: nella sua anima convivono sapori e colori del Sud del mondo, conosciuto, amato, frequentato, unito al gusto e alle forme dell’Occidente ricco di tradizioni, aperto, in movimento. Da tutto ciò, la sua inesauribile curiosità alla ricerca di materie, forme e strutture, del presente, passato e futuro. Paola Navone è architetto, designer, art director, interior decorator, progettista industriale, ideatrice di eventi.
“Design, il tuo nome è donna. Il bello quotidiano nato dalla creatività femminile” è il titolo della mostra: perché la donna designer si affaccia da poco tempo al mondo degli oggetti?
È una domanda molto complessa, penso che uno dei motivi sia che il mondo del design è sempre stato legato alla produzione e alle fabbriche che storicamente erano frequentate principalmente da uomini. In passato non esistevano scuole di design e i designer erano soprattutto architetti.
Philippe Starck un anno fa ha dichiarato che il futuro è donna: lo pensi anche tu?
Se lo dice lui ci credo anch’io… anche se penso che lui si riferisse alla parte femminile che c’è in ogni uomo.
Lo slogan “less is more” ha salvato il design o lo ha troppo semplificato?
Ha segnato un’epoca! È stato un esercizio che ha permesso a tutti di apprezzare la semplicità, e questo è sicuramente positivo, ma è soltanto una delle facce. Io che sono “bulimica” guardo tutto: mi piace il minimalismo nelle sue espressioni più tirate ma poi apprezzo anche il contrario.
Ora si parla di energia, innovazione tecnologica, riciclo: pensi che questi elementi possano portare al design nuovi spunti?
Da appassionata di riciclo do sempre una seconda chance agli oggetti per farli rivivere una seconda volta.
Dall’idea al progetto: raccontaci come nasce un tuo progetto e da cosa.
Sempre da un incontro con persone nuove.
Quali sono i pezzi della tua casa a cui non potresti rinunciare?
Il fornello, modello Zanussi da ristorante.
Cosa ti piacerebbe progettare ancora?
La strada è aperta, io cammino e incontro. È una scoperta, è una scommessa.
Sguardo al futuro: che cosa suggerisci ad una giovane designer che si affaccia ora al mondo del design?
Di aprire gli occhi e di andare in giro per il mondo. Si possono fare anche dei micro viaggi, in città, al bar, al mercato, in casa propria, una giornata in Paolo Sarpi è già un viaggio. È un allenamento mentale di apertura, non uno spostamento fisico.