Smartphone is the new addiction, non vi stiamo rivelando nulla di nuovo. La media delle persone che lo usa lo controlla 221 volte al giorno, questo dicono le ricerche, e sì, se siete tra queste, siete probabilmente schiave del checking habit (l’attività di controllare compulsivamente gli aggiornamenti di posta elettronica, chat e social network). Rifletteteci: qual è l’ultimo gesto che fate prima di andare a dormire? E quando vi svegliate?
Gli americani hanno già coniato l’acronimo IAD, che sta per Internet Addiction Disorder, e negli ultimi anni – per ovviare a quella che viene ufficialmente classificata come una patologia – negli States sono nati veri e propri programmi di disintossicazione digitale.
Camp Grounded è il campo estivo organizzato dalla società californiana che prende il nome proprio di Digital Detox. Qui – a fronte di una spesa di circa 600 $ e al grido di ‘disconnect to reconnect’ – persone di tutte le età (34 anni la media) ritrovano per quattro giorni il valore dei rapporti umani e il contatto con la natura. Oltre a qualsiasi device tecnologico, ovviamente, è bandita ogni attività di pubbliche relazioni e networking (le persone devono scegliere un soprannome e non presentarsi con il loro vero nome), per fare largo a corsi di yoga, scrittura creativa, gare di abbracci sotto le stelle e una corretta alimentazione. Per il terzo anno di fila ha registrato il tutto esaurito.
È vero, una delle principali paure contemporanee, è ancora quella di rimanere senza connessione o senza batteria, quindi ‘tagliati fuori’. È la ‘Fear of Missing Out’ altrimenti detta, sempre dai solerti americani, F.O.M.O. Ma è altrettanto vero che anche la sensazione opposta sta poco alla volta prendendo piede: J.O.M.O., ovvero Joy of Missing Out.
L’onda comincia a essere cavalcata nell’ambito Travel&Leisure. Si moltiplica, infatti, l’offerta di alberghi e resort, anche molto esclusivi, dove l’assenza di rete viene considerata un valore aggiunto anziché una pecca, nell’ottica di una ridefinizione del concetto di lusso sempre più identificato dalle persone anche con il tempo ‘liberato’ dalla schiavitù dell’always-on che ci rende raggiungibili sempre e comunque.
Lasciate ogni speranza (di connessione), voi che entrate. Questo potrebbe essere il motto dell’Eremito, Hotelito de l’Alma, immerso nei monti umbri dove nessun segnale – telefonico, di rete o televisivo – arriva. Un monastero del ‘300 completamente recuperato dotato di 14 camere, pardon ‘celluzze’ di 8mq, rigorosamente sobrie e singole in cui soggiornare recuperando pace e essenzialità. Si cena in silenzio a lume di candela, gustando i cibi prodotti dall’orto annesso, proprio come nei conventi, e si impiega il tempo in modi ormai quasi dimenticati: passeggiando, leggendo, rilassandosi. Un hotel, è bene sottolinearlo di lusso, che si prende cura dell’anima.
A voler essere realistici l’ecositema digitale in cui oggi viviamo ha poche possibilità di sparire e, in quanto fenomeno relativamente nuovo e accattivante, un po’ come la televisione ai suoi inizi, abusarne è abbastanza fisiologico. Forse dopo l’entusiasmo e l’“abbuffata” iniziale, tutto sta ora a trovare il giusto bilanciamento tra vita on e offline, imparare ad avere comportamenti digitali più consapevoli dosando coscienziosamente la nostra ‘digital diet’, ad esempio integrando salutari momenti di disconnessione all’interno della routine quotidiana.
A questo scopo, un po’ paradossalmente, è proprio la tecnologia a venirci incontro. App comeMoment per IOS o BreakFree, per i dispositivi Android, tengono monitorate le nostre abitudini digitali, mettendoci in guardia quando i comportamenti diventano eccessivi. Una notifica ci avvertirà quando stiamo per avvicinarci alla soglia limite del nostro ‘addiction score’, dandoci la possibilità di impostare risposte automatiche e fornendoci diversi strumenti di disconnessione momentanea.
Alcune aziende, tra cui Daimler, offrono ai dipendenti la possibilità di ‘distruggere’ le email che arrivano fuori dagli orari di ufficio, costringendo il mittente a rispedirle al rientro. Un sistema-filtro che mitiga l’effetto role blurring, fenomeno per cui le incombenze lavorative attraverso email, messaggi e notifiche travalicano i confini della sfera professionale invadendo quella personale.
Alcuni caffè di New York, e degli Stati Uniti in generale, sono stati i pionieri della disconnessione, adottando una politica anti-net all’interno dei loro spazi: un po’ alla volta stanno rovesciando l’imperativo contemporaneo del wi-fi sempre e ovunque a favore di un’esperienza sensorialmente e relazionalmente più appagante. Non necessariamente questa posizione viene presa in modo drastico, alcuni locali offrono sconti a chi abdicherà all’uso di qualsiasi device tecnologico durante la permanenza, altri cominciano a sperimentare giornate No-tech – il giovedì per esempio – o a spegnere il collegamento da una certa ora della sera in poi. Una rivoluzione lenta, ma inesorabile.
A noi donne pensa Altruis, una linea di gioielli ultra-tecnologici: collane, anelli e bracciali che, connessi al nostro smartphone tramite Bluetooth, emettono una sottile vibrazione solo all’arrivo di messaggi importanti, precedentemente selezionati, riducendo l’ansia di staccarsi dal cellulare e liberandoci dalla nausea da notifica.
E, tornate a casa, potete munirvi di Pepper Hacker. Quello che all’apparenza sembra un normale macinapepe, una volta azionato, disattiva wi-fi, device tecnologici e anche la televisione per 30 minuti, giusto il tempo di godersi la cena in famiglia. Fantascienza? Non proprio, il macinino è un prototipo creato a scopo promozionale da Dolmio, un’azienda food australiana, ma, assicurano i creatori, perfettamente funzionante.
Che la risposta ai nostri ‘problemi’ con Internet arrivi proprio dell’Internet delle cose?
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