Tutti abbiamo visto Giorgia con la sua frangetta iconica al Giffoni Film Festival. Giorgia che inizia coraggiosa, presentandosi, e che poi viene presa dall’emozione di raccontare di se stessa, che è poi un raccontare anche gli altri, i tantissimi ragazzi che, come lei, soffrono di “eco ansia”.
L’eco ansia è un termine scientifico per indicare precisi disturbi
Eco ansia non è un termine creato dai social né dai giovani stessi né dai giornalisti, anche se si presta a facili manipolazioni e derisioni. Sono le società di psichiatria internazionali ad averlo coniato e individua una serie ben definita di disturbi.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) l’anno scorso ha raccomandato di includere nella ricerca e nelle varie politiche internazionali, le implicazioni del cambiamento climatico sulla salute mentale. Esiste quindi una correlazione certa tra cambiamento climatico e salute mentale.
L’eco ansia fa parte della più ampia “solastalgia”
Il professor Claudio Mencacci, presidente della SINPF – la società italiana di Neuropsicofarmacologia, parla di solastalgia, cioè l’insieme dei disturbi psicologici causati dall’aumento della frequenza e dell’intensità degli eventi meteorologici estremi. In particolare – scrive il professore – «uragani, siccità, inondazioni e ondate di calore, che provocano danni alle infrastrutture, alle colture, alla salute e alla sicurezza delle persone, hanno diverse conseguenze sulla salute mentale (sia a breve che a lungo termine). Impattano sulle capacità di regolare le proprie emozioni, provocano traumi, shock, ansia ed eco ansia (preoccupazione per l’ambiente)».
Inquinamento e salute mentale
Ce lo conferma sul campo la dottoressa Beatrice Benatti, responsabile dell’ambulatorio dei disturbi ossessivo compulsivi dell’ospedale Sacco di Milano, che ha un osservatorio piuttosto ampio sul fenomeno. «L’ambiente è in grado di influire su ansia, depressione e disturbi ossessivo compulsivi da due punti di vista. Il primo riguarda sicuramente l’inquinamento. Parecchi studi delle associazione psichiatriche americana ed europee dimostrano che l’incremento delle particelle di pm10 e pm 2.5, i principali inquinanti atmosferici delle zone metropolitane ad alto traffico, fanno aumentare i disturbi d’ansia e dell’umore. In particolare, ricerche svolte in Gran Bretagna e nella zona di Londra, rilevano più ansia e depressione soprattutto nei ragazzi, che sono stati esposti fin da piccoli a queste sostanze. Studi comparativi hanno poi mostrato un’alta concentrazione di monossido di carbonio nel sangue, una sostanza potenzialmente molto dannosa perché espone il corpo alla perenne necessità di difendersi. Il monossido funziona come un’infiammazione, in grado di allertare il sistema immunitario e “costringerlo” ad alzare così le difese. A livello cerebrale, questi inquinanti sono in grado di sviluppare malattie come la depressione il disturbo bipolare fin dal momento della gestazione».
Inquinamento e ansia per l’ambiente
La correlazione tra inquinamento e depressione quindi è nota da tempo, ma un altro filone di studi si sta concentrando sull’ansia, indotta non solo dallo smog ma anche dalla preoccupazione per il cambiamento climatico. «Le società scientifiche che studiano il cambiamento climatico hanno creato veri e propri gruppi di lavoro dedicati allo studio del suo impatto sulla salute mentale. Un aspetto che riguarda soprattutto i ragazzi, più fragili sicuramente e più esposti al bombardamento mediatico. Il nostro ambulatorio, passato il boom nel periodo del covid, ha visto una crescita di accessi adesso, dopo le ultime alluvioni e in particolare la tempesta che ha colpito Milano e la Brianza. Sono soprattutto i giovani ad accusare disturbi post traumatici da stress, attacchi di panico e ansia. Parecchi evocano per esempio gli incendi in Sicilia come cause scatenanti dei loro attacchi».
A volte basta qualche seduta di terapia cognitivo comportamentale per ridimensionare le preoccupazioni e farle rientrare in una serie di ansie con cui poter convivere. Altre volte però occorre impostare una terapia farmacologica.