L’EMDR (Eye Movement Desensitization and Reprocessing, ovvero Desensibilizzazione e Rielaborazione attraverso i Movimenti Oculari) è un metodo psicoterapico che consente di alleviare lo stress e i disturbi causati da esperienze traumatiche.
«Siamo abituati a considerare come traumatici eventi catastrofici quali incidenti, terremoti, perdite traumatiche, abusi sessuali, ma le esperienze traumatiche non sono solo quelle che hanno le caratteristiche di un evento fuori dalla norma – sottolinea la dottoressa Isabel Fernandez, Presidente EMDR Italia – Essere stati vittime di bullismo, aver perso precocemente un genitore, aver vissuto con un genitore impaurito perché a sua volta vittima di eventi traumatici nell’infanzia, essere stati a contatto con un genitore depresso o essere stati umiliati da bambini, sono tutte situazioni che, se non elaborate, possono avere un’influenza a lungo termine sul benessere della persona».
Focalizzandosi sulla rievocazione di eventi o situazioni che hanno contribuito allo sviluppo di problemi emotivi o disturbi psicologici, l’EMDR consente di modificare la prospettiva con cui si vedono queste esperienze, attraverso un ridimensionamento che trasforma il trauma in un ricordo privo di condizionamenti sul presente.
Quando si subisce un trauma, infatti, il cervello riceve una grossa mole di informazioni (ovvero pensieri, emozioni e sensazioni corporee) che non riesce ad elaborare e immagazzinare secondo il consueto sistema di processamento. Generalmente infatti, le esperienze vengono acquisite dal cervello in modo tale che l’individuo può accedere al ricordo in modo costruttivo e senza scatenare alcun tipo di disagio emotivo. I traumi invece rimangono “congelati”, mantengono le stesse emozioni e sensazioni fisiche che si erano provate al momento dell’evento, e non consentono un’elaborazione razionale: non avendo compreso e interiorizzato adeguatamente l’informazione, la persona percepisce qualcosa di irrisolto, un disagio che può manifestarsi con sintomi a livello fisico o psicologico.
«È opportuno ricorrere all’EMDR quando si ha un sintomo emozionale fisico o psicologico che impedisce alla persona di vivere bene – spiega la dottoressa Fernandez – È un trattamento utile in moltissimi sintomi: ansia, attacchi di panico, lutto traumatico, disturbi di personalità, disturbi alimentari, disturbi del sonno e tutti i sintomi che portano la persona a rivolgersi ad uno psicoterapeuta. È un trattamento molto consigliato per i bambini che hanno dei sintomi di malessere potenzialmente collegati ad eventi di vita traumatici vissuti sia direttamente che indirettamente. Inoltre l’EMDR può essere utile anche per migliorare le performance in atleti o persone che hanno bisogno di aumentare il loro livello di performance».
Come funziona
Dopo una fase di raccolta della storia di vita della persona ed una fase di preparazione alla terapia, il ricordo o i ricordi collegati maggiormente ai sintomi riferiti vengono trattati dallo psicoterapeuta con brevi set di stimolazione bilaterale.
«In pratica il paziente segue con gli occhi le dita del terapeuta, che avrà precedentemente misurato tutti gli aspetti del ricordo: emozioni, pensieri negativi e sensazioni fisiche – spiega la dottoressa Fernandez – Durante la stimolazione il paziente sarà in grado di collegare quel ricordo a reti di memoria più ampie, e sarà anche aiutato, attraverso le varie fasi, ad integrare quell’evento nella sua storia ma a non essere più emotivamente disturbato dal ricordo».
Sembra infatti che i movimenti oculari (o altre stimolazioni bilaterali) comportino l’attivazione di quel meccanismo innato e naturale alla base del sistema di processamento dell’informazione, consentendo così l’elaborazione del trauma.
Nello specifico, le fasi in cui si articola la terapia EMDR sono otto:
– fase 1: la persona parla della propria storia personale e identifica i ricordi traumatici che potrebbero collocarsi all’origine del disagio;
– fase 2: lo psicoterapeuta spiega in cosa consiste il trattamento;
– fase 3: la persona parla del ricordo traumatico e delle emozioni e pensieri negativi legati a questa esperienza; si identifica inoltre l’atteggiamento positivo con cui la persona vorrebbe accedere al ricordo;
– fase 4: la persona viene invitata a focalizzarsi su tutti gli aspetti del ricordo contemplati mentre lo specialista procede ad una serie di stimolazioni bilaterali; si procede fino a quando, pensando al ricordo traumatico, la persona non prova più alcun disagio emotivo;
– fase 5: la persona viene sospinta verso un cambiamento in positivo della prospettiva sull’evento traumatico;
– fase 6: lo psicoterapeuta effettua insieme alla persona una “scansione corporea” che consente di capire se siano ancora presenti eventuali tensioni a livello fisico;
– fase 7: lo psicoterapeuta fornisce alla persona una serie di indicazioni da osservare fino alla seduta successiva;
– fase 8: durante la seduta successiva vengono valutati i risultati a distanza ottenuti dalla seduta precedente.
«La rielaborazione dei traumi, come la ricerca sottolinea, permette una risoluzione rapida dei sintomi del paziente, visto che ormai non c’è controversia sul fatto che i sintomi sono la conseguenza di esperienze negative non superate» conclude la dottoressa Fernandez.