Le endorfine, note anche come “morfine endogene”, sono concretamente delle molecole prodotte naturalmente dal cervello implicate nei meccanismi di controllo del piacere e del dolore: lo studio di queste molecole apre scenari stimolanti.
«Parlare di endorfine oggi è quanto mai attuale, dato che il benessere, il piacere, l’allontanamento del dolore costituiscono gli obiettivi che sempre di più sembrano condizionare la nostra qualità di vita» spiega il dottor Mauro Porta, neurologo presso l’Istituto Ortopedico Galeazzi IRCCS di Milano: «Le endorfine sono una sorta di “oppiaceo”, naturalmente prodotto, che comporta: attenuazioni delle sensazioni dolore, “drive” positivo, cioè eccitamento, voglia di agire, buon umore».
Quando sono state scoperte le endorfine?
L’avventura inizia in un oscuro mattatoio sulle coste scozzesi, dove il ricercatore John Hughes, insieme al team della Unit for Research on Addictive Drugs del Marischal College dell’Università di Aberdeen, ogni giorno si procurava cervelli di maiale da analizzare.
Muove le ricerche il tentativo di individuare una sostanza simile alla morfina, alcaloide estratto dall’oppio che in medicina è sfruttato per le proprietà analgesiche. L’ipotesi era che l’azione della morfina imitasse sostanze che forse erano già presenti nell’organismo. Esisteva davvero un oppioide endogeno? Oggi sappiamo che è così.
Come funzionano le endorfine?
«Le endorfine vengono prodotte nell’ipofisi, nel surrene e a livello del sistema gastrointestinale, il nostro “secondo cervello“» chiarisce il dottor Mauro Porta «Si tratta di ormoni proteici che vengono rilasciati nel torrente sanguigno e che ritroviamo implicati nelle situazioni di benessere, di felicità, di gioia oppure in situazioni algogene come il parto, il ciclo mestruale, gli eventi traumatici. Si ritrovano elevati livelli endorfinici anche dopo un rapporto sessuale o dopo l’attività sportiva».
«Le endorfine entrano nei meccanismi determinanti il ciclo sonno-veglia, la termoregolazione, l’appetito e comportano un aumento dei livelli ACTH, cortisone, prolattina, ormone della crescita e catecolamine, agendo così indirettamente su target diversi da quelli sinaptici. Molti sono i trattamenti, medici e non, che comportano liberazione di endorfine: non da ultime l’agopuntura e altre tecniche di rilassamento così come anche le esperienze sensoriali “piacevoli” come la musica o altre collegate alla vista e all’olfatto» prosegue l’esperto.
Fisiologicamente le molecole attive sui recettori peptidi oppiodi naturali sono le encefaline, le endorfine e le dinorfine. Per peptidi oppioidi si intende una sostanza sintetica o prodotta naturalmente dall’organismo con gli effetti dell’oppio e della morfina, suo costituente principale. Attualmente conosciamo tre tipi di recettori, tutti caratterizzati da un’azione di tipo analgesico. Il loro meccanismo di funzionamento è legato alla modificazione dell’elettrofisiologia del potassio e del calcio.
Verso una medicina endogena
Sapendo che la modalità di comunicazione fra cellule nervose avveniva tramite composti chimici, le prime indagini si erano focalizzate sui neurotrasmettitori che mostravano di attivare determinati siti cellulari di natura proteica, detti neurorecettori, fondamentali, quindi, per la modulazione e trasmissione degli impulsi nervosi.
Nel 1974 Hughes isolò dal cervello dei maiali le tracce di una sostanza con un’attività analgesica: sarà il primo passo verso la scoperta di un vero e proprio laboratorio di chimica endogena, presente nel nostro corpo e le cui implicazioni nel processo di cura sono un argomento su cui c’è ancora moltissimo da scoprire.
L’azione degli oppiacei endogeni che iniziazialmente Hughes riesce a isolare dura pochi minuti, per poi essere distrutta dagli enzimi cellulari, in accordo con la sua natura proteica. A differenza della morfina, essi non creano assuefazione poiché prodotti naturalmente dall’organismo. Attualmente le ricerche effettuate delle industrie farmaceutiche per realizzare un farmaco utilizzando l’endorfina rimangono un’ipotesi in corso d’opera, tuttavia ciò che sappiamo è che questo gruppo di peptidi di catena corta chiamati “endorfine”, sono morfine endogene con proprietà simili alla morfina.
Esse agiscono come neurotrasmettitori a livello del sistema nervoso. Insieme all’azione analgesica rispetto al dolore, le endorfine giocano un ruolo chiave nella risposta al piacere e nel processo di rilassamento.
Dagli studi, infatti, emerge che a livello cerebrale le alterazioni del sistema dopaminergico, proprio dei neuroni dopaminergici, i quali risultano associati con l’amigdala, potrebbero essere implicati con i disturbi della memoria e l’insorgenza di malattie come Parkinson e Alzheimer, tema indagato dal neurofisiologo Marcello D’Amelio insieme all’unità di ricerca dell’Università Campus Bio-Medico di Roma e della Fondazione S. Lucia.
L’importanza delle endorfine nel controllo del dolore, così come nei processi legati alla gratificazione e al piacere, può costituire un campo di indagine prezioso per la gestione dello stress.
Qual è il ruolo delle endorfine?
Come spiega il dottor Mauro Porta «le endorfine, che sono oppioidi naturali, interagiscono con uno dei mediatori maggiormente coinvolti nel determinismo del buon umore: la serotonina. Si tratta di veri e propri mediatori che sono molti di più di quelli che normalmente si pensa: serotonina appunto, dopamina, noradrenalina, gaba etc. I mediatori attivano certe sinapsi (punto di contatto tra due neuroni) appartenenti a circuiti specifici, oppure a circuiti “polivalenti”, cioè che funzionano con più neuromediatori».
Insieme all’aumento della soglia di tolleranza al dolore, le endorfine mostrano di essere coinvolte nell’attività di termoregolazione dell’organismo, ritmi sonno-veglia, controllo dell’appetito, regolazione dell’umore, senso di benessere e appagamento.
Durante terapie come l’agopuntura si è potuto osservare un innalzamento della concentrazione di queste sostanze nel sangue. Sì, perché a seconda di ciò che viviamo può verificarsi un rilascio di endorfine: succede quando svolgiamo attività in grado di regalarci piacere, ecco perché appaiono fortemente connesse alla sfera sessuale e psicologica.
Quando ci sentiamo innamorati, al termine di un rapporto sessuale o mentre incontriamo una persona cara o viviamo una situazione felice il livello di endorfine è più alto. Succede anche quando facciamo attività sportiva: la sintesi di oppiodi endogeni, infatti, mostra un forte incremento durante il movimento. Grazie a questo possiamo comprendere meglio la profonda sensazione di benessere e appagamento che ogni sportivo avverte durante una performance: un’euforia che a livello fisiologico ci aiuta a sopportare meglio la fatica e dal punto di vista psicologico stimola le nostre doti in fatto di resistenza, capacità di superare gli ostacoli e, in fondo, resilienza. Una qualità naturale che fa parte di noi? Forse sì, anche a livello biochimico.
Come allenare le endorfine
Ebbene si, se non possiamo parlare di vero e proprio controllo, possiamo dire che la produzione di endorfine può essere stimolata, e lo si può fare con gesti semplici da compiere quando ci sentiamo giù. Ecco qualche esempio:
- Uscire di casa – Secondo una ricerca effettuata presso l’Università di Harvard l’esposizione alla luce solare stimola il rilascio di endorfine endogene e serotonina, un antidepressivo naturale.
- Fare movimento – Il fenomeno del Runner’s high è stato osservato soprattutto in ciclisti e maratoneti, abituati a una performance sportiva prolungata e intensa. Tu puoi iniziare da quello che ami di più: bicicletta, passeggiate, pattini, nuoto… l’importante è stare in movimento. A proposito, grazie al contatto con la natura il quoziente di felicità aumenta.
- Mangiare qualcosa di buono– Il cioccolato, così come godersi il proprio cibo preferito, innesca nel cervello un meccanismo legato al piacere e all’appagamento. Attenzione, però! La scelta cade su junk food e cibi ricchi di grassi? È tipico dei periodi in cui ci sentiamo giù. Ma cambiare le proprie abitudini alimentari è possibile… e può innescare un cambiamento anche a livello cerebrale.
- Abbracciarsi – Da uno studio sulla sincronicità interpersonale, condotto in Israele da Simone Shamay-Tsoory e Irit Weissman-Fogel su alcune coppie in sala parto è stato dimostrato che il contatto fisico e l’empatia possiedono un effetto analgesico e sono in grado di allineare emotivamente due partner.
- Ascoltare musica – Quante volte hai pensato che una delle tue canzoni preferite potesse raddrizzare una giornata storta? È così. Secondo gli studi la musica che amiamo influisce sul rilascio di endorfine e la stessa cosa avviene per il canto in gruppo.
- Effetto Pet Therapy – Presso l’ospedale pediatrico Gaslini di Genova è stato da tempo avviato un progetto di dog-visiting per i piccoli ricoverati del reparto Neuropsichiatria infantile. Cani e non solo: gatti, criceti, asini e cavalli, sono sempre di più le conferme che gli amici animali possono svolgere un grande sostegno terapeutico: un legame affettivo e istintivo che moltiplica la felicità.
- Profumo di felicità – Le informazioni olfattive occupano un ruolo importante, centrale per la sopravvivenza, e sono collegate al nostro cervello più antico. Tieni in borsa un flaconcino di oli essenziali, il cuore naturale di una pianta: respirare i tuoi profumi preferiti è calmante e contrasta l’ansia dei momenti di stress.
- Meditare – Praticare la meditazione aumenta il livello di endorfine, come sottolineato dagli studi. Succede anche durante discipline come lo yoga o le arti marziali, in cui ritroviamo una connessione mente-corpo e riscopriamo una differente dimensione temporale.
- Respirare – Hai mai fatto caso al fatto che durante momenti di intensa paura, nervosismo o difficoltà… smetti di respirare? La prossima volta in cui sei ti senti in ansia o preso d’assalto da un’emozione difficile fermati. Respira profondamente. Durante la respirazione diaframmatica cuore e respiro si sintonizzano: aumenta il livello di endorfine, torna la calma.
- Ridere – Esperienze come lo Yoga della Risata evidenziano che la meccanica di una risata funziona anche quando iniziamo a ridere meccanicamente. Succede lo stesso con il sorriso: anche se all’inizio non è spontaneo, gli effetti benefici si verificano ugualmente. Un ottimo motivo per ridere e sorridere di più, ogni giorno.