Genitori divorziati che strumentalizzano i figli
Ho 14 anni, non so cosa fare, mia madre mi sgrida sempre perché sono incapace di chiedere a mio padre di comprarmi i vestiti, di comprarmi cose per la scuola. I miei genitori sono divorziati, ma in questi mesi mio padre non dà l’assegno a mia madre. Mia madre mi chiese di dire a mio padre che mi serve una giacca pesante, ma io sono incapace di chiederglielo, mia madre si arrabbia con me perché non sono capace di chiedere una cosa a mio padre. Ho paura, non so di cosa, ho paura che mi dica di no, non lo so, una volta gli ho chiesto se mi poteva comprare degli stivali, ma lui mi disse di no, perché era una cosa superficiale, mia madre è contro….questa situazione mi stanca….non so a chi devo obbedire o fare caso, non lo so.. se mi può aiutare…mi dica come faccio a spiegare a mia madre e a mio padre questo, di come mi sento…
Secondo la giurisdizione italiana i genitori "hanno l’obbligo di provvedere ai figli in termini di istruzione, di educazione, di assistenza morale nel rispetto delle loro inclinazioni naturali e aspirazioni" sia all’interno del matrimonio, sia fuori e sia se la loro relazione termina in un divorzio. Queste decisioni vanno prese comunemente.
È palese che molto spesso questo non avviene e i figli diventano portatori di un rapporto disfunzionale, di conflitti di coppia che minano anche la relazione tra grandi e piccoli. Le richieste, le pressioni, le mediazioni a cui i figli vengono sottoposti diventano pesanti soprattutto se, i bambini e ragazzi non sanno a chi rivolgersi per fronteggiare tali problematiche.
I miei genitori si stanno lasciando, cosa fare?
È chiaro che la loro strumentalizzazione diviene un modo da parte dei coniugi di evitare la comunicazione. Nei casi in cui, infatti, la separazione è stata conflittuale o se gli stessi utilizzano la prole per rivendicare un torto subito durante il matrimonio è facile creare sofferenza. Lo stato di afflizione che i figli vivono non ha eguali. L’umiliazione, il rifiuto, la scarsa considerazione del loro vissuto sono espressione di un’immaturità genitoriale nell’affrontare la situazione specifica.
In effetti, per loro che si trovano a sopperire ad una separazione, alla rottura del nucleo familiare, alla perdita dei punti di riferimento prima stabili, producono inevitabilmente uno scompenso sul piano emotivo con sintomi che variano dall’ansia, alla depressione, all’angoscia e a disturbi del comportamento. Ad essi si associano difficoltà scolastiche e relazionali. Gli adolescenti non si sentono capiti, compresi. Il mondo genitoriale prende il sopravvento e loro vengono soverchiati da richieste e manipolazioni di cui non si rendono neanche conto.
Ma cosa fare?
Innanzitutto parlarne anche se questo comporta una lite, una difficoltà a concepire il dolore da parte dei genitori. "Liberarsi" di un vissuto che non si è scelto di provare, condividere la propria condizione sgrava da un peso che gli adulti hanno chiesto di portare. "Come mi sento quando ciò avviene" e "cosa succede dentro di me quando vivo queste situazioni" permette ai genitori di partecipare emotivamente alla vita dei figli provando per certi versi empatia.
Cosa fare se i genitori litigano di continuo
Chiedere ai genitori di risolvere la questione tra di loro senza venir "messi in mezzo", condizione della quale, spesso e volentieri, non si rendono conto neanche loro di creare. "Responsabilizzarli" significa appunto riappropriarsi del proprio ruolo e lasciare che la situazione venga risolta tra loro o tramite un giudice qualora non riescano ad accordarsi.
Chiedere di essere tutelati e protetti nonostante la situazione sia particolarmente difficile.. Coinvolgere anche fratelli e sorelle nell’esprimere il proprio malcontento e la sofferenza che ne deriva dal loro comportamento. Insomma, cercare in tutti i modi di scindere il dovere di un genitore dal bisogno di affetto. Molto spesso, infatti, il genitore che abbandona il tetto coniugale si sente "sfruttato" e considerato solo per via del fatto che deve contribuire al sostentamento della famiglia mentre viene "ignorato" poiché non più coinvolto nei processi di crescita o per la condivisione di spazi e tempi comuni utili invece alla relazione affettiva vissuta e ricarcata sia dai grandi e sia dai piccoli.