Come imparare a gestire i conflitti
Quante volte ti è capitato di sentirti impotente di fronte a una discussione che non sapevi come affrontare? Spesso non sappiamo come esprimere ciò che sentiamo senza ferire l’altro: non ci hanno insegnato a farlo. Gestire il conflitto significa imparare a dialogare (e negoziare!) senza calpestare i nostri bisogni profondi.
«Esiste una grande difficoltà a gestire il conflitto e riguarda tutti noi» spiega la Dr.ssa Elena Lupo, Psicologa e Psicoterapeuta ad indirizzo Biosistemico con attività clinica a Bologna, che si occupa del progetto Persone Altamente Sensibili: «Abbiamo difficoltà a dire no, siamo poco in contatto con i nostri bisogni e molto più proiettati sui bisogni degli altri. Conflitto vuol dire che vogliamo cose diverse, per cui se l’altro desidera qualcosa e io qualcos’altro il problema è: come esprimo un parere diverso riuscendo a rispettare i miei bisogni senza dimenticare le esigenze dell’altro?». Questo può diventare complicato, perché spesso non ci rendiamo conto che distinguere i nostri bisogni da quelli altrui è faticoso. Generalmente accumuliamo… e finiamo per esplodere!
Quali sono le strategie che possono aiutarci nella vita di tutti i giorni?
1. Auto-empatia
È fondamentale, spiega l’esperta, perché significa iniziare a sviluppare empatia verso se stessi. L’auto-empatia è il punto di partenza per una reale gestione del conflitto: il riconoscimento e la capacità di esprimere il proprio bisogno passa innanzitutto attraverso l’ascolto di sé e delle proprie verità più intime.
Non si tratta di essere egoisti o egoriferiti, ma semplicemente di essere in contatto con se stessi e con le proprie esigenze, la cui importanza non va mai sottovalutata. Le tue ragioni sono importanti, ma per farle presenti devi prima capirle e conoscerle bene.
2. Allenati
Non siamo abituati a chiederci cosa sentiamo davvero e spesso diamo per scontato di stare bene. Come mi sento? Inizia a farti questa domanda… e prenditi il tempo necessario per ascoltare le tue risposte. Almeno tre volte al giorno per una settimana, suggerisce la Dr.ssa Elena Lupo, che aggiunge: «Quando mi sveglio, quando vado al lavoro, o in qualsiasi altro contesto della giornata: abituiamoci all’ascolto di noi stessi. E mettiamo per iscritto la risposta!».
Scrivere aiuta a fare chiarezza dentro di sé e focalizzare i problemi. Puoi farlo su un quaderno speciale, inviarti una mail o utilizzare semplicemente il tuo smartphone.
3. Cambia la comunicazione
«La base di una corretta gestione del conflitto è un orientamento interno a sé». Questo significa ascoltarsi e affrontare l’altro partendo dal riconoscimento e dall’espressione di ciò che sento io piuttosto che con un orientamento esterno di accusa dell’altro. «Di fronte al partner che entra in casa e saluta a stento possiamo dire qualcosa come “Non saluti mai, ecco sei sempre il solito” oppure impostare un modo diverso di comunicare, per esempio dicendo: “Quando tu fai questo… io mi sento…”. In un secondo momento è importante esprimere il nostro bisogno in modo chiaro e concreto, senza accusare l’altro: “Avrei bisogno che mi abbracciassi”.
4. Prenditi tempo
«Take your time» suggerisce dall’ultimo meeting in California Elaine Aron, psicologa psicoterapeuta e autrice del best-seller The Highly Sensitive Person. Ciò che desideriamo nel conflitto è riuscire a dare una risposta, eppure spesso risulta difficile farlo nello stesso timing degli altri. «Impariamo a distaccarci, è un nostro diritto. Possiamo prendere tempo dicendo: “Adesso non riesco a parlartene: ci tengo a chiarire, ma ne riparleremo in un secondo momento” oppure “Ho bisogno di tempo per capire cosa risponderti”.
La sfida è tornare davvero sull’argomento, senza farci andare bene situazioni che stanno strette». Resisti alla tentazione di fuggire evitando il conflitto!
5. Scrivi una lettera
“Caro papà, cara mamma, cara sorella, non mi sento in pace perché…”. Se hai un conflitto di lunga data con una persona cara puoi pensare di scrivere ciò che senti in forma di lettera, invita l’esperta. «Quando sono nel mio studio con un paziente propongo di scriverla e poi presto la mia voce per leggerla a voce alta: l’effetto di empatia verso se stessi è così amplificato e molto importante». Puoi scrivere la lettera senza pensare di consegnarla effettivamente, ma solo per chiarire ciò che provi rispetto a questa situazione. È efficace anche se siamo da soli? «Ovviamente risulta molto diverso fuori da una relazione di tipo terapeutico, tuttavia leggere a voce alta e sentire la mia voce che dice i bisogni che sento può avere comunque un forte impatto emotivo, una forma di intimo riconoscimento». È possibile coinvolgere una persona di fiducia a cui chiedere di leggere la lettera, ma attenzione: vietato commentare, interferire o dare consigli.
6. Concretizza
Accusare in modo generico non migliora le cose e, anzi, peggiora i termini del conflitto. «Dire “Mi tratti male” oppure “Non fai quello che dovresti” non serve: è necessario chiarire dentro di sé quali comportamenti dell’altro creano malessere in noi. Le convinzioni sono sempre autolimitanti: quando una persona pensa “Non mi ami” non c’è nulla che possa convincerla del contrario. Quello che possiamo iniziare a trovare è un punto di vista differente. Ovvero, “Che cosa significa per me… (amore)?” Precisiamo quello che ci fa sentire male, è il primo passo per imparare a esprimere ciò che sentiamo e gestire i conflitti senza perdere di vista quello che desideriamo».
Riuscire a fermarsi prima di dire una parola di troppo… dipende dall’ascolto di noi stessi. A essere importante non è quello che rispondi, ma come ti senti dentro.
E a proposito di conflitti: