
Ne ha avute di gatte da pelare Gianni Morandi lungo la strada del secondo Sanremo da conduttore. Insieme al suo socio Gianmarco Mazzi, direttore artistico, ha collezionato un problema dietro l’altro: una valletta silurata prima ancora di mettere piede in scena (l’indisciplinata Tamara Ecclestone); due brani passibili di squalifica (quelli di Berté-D’Alessio e di Chiara Civello) perché a rigore non del tutto inediti; la rinuncia alla star straniera più attesa, Stevie Wonder, per il cachet eccessivo.

E per finire la grana Celentano. Morandi-Mazzi hanno scommesso moltissimo sulla partecipazione del Molleggiato, offrendogli in pratica carta bianca: tempi infiniti, nessun controllo sui testi, niente interruzioni pubblicitarie. Ma la Rai era di parere contrario e ne è scaturito un thriller che si è sciolto positivamente dopo un lungo braccio di ferro. I giochi, comunque, sono fatti: il 14 febbraio si alza il sipario della 62esima edizione. Cinque serate di adrenalina pura. Rispetto all’anno scorso il Festival si presenta con metà contorno (una sola valletta, l’incognita ceca Ivana Mrazova, e un’unica spalla maschile, Rocco Papaleo); ma Gianni non sembra preoccupato più di tanto. Chi l’ha visto in azione dietro le quinte confida che non è secondo a Pippo Baudo per stakanovismo e cura maniacale del dettaglio, eppure sorride sempre.

È più stressante organizzare il Festival oppure condurlo?
«Il pensiero di dovere andare in onda non mi farà dormire in quei giorni, ma quest’anno tutta la preparazione è stata impegnativa».
Per colpa del caso Celentano?
«La nostra costruzione era imperniata sulla sua presenza. Adriano voleva la massima libertà editoriale. Anche l’accordo economico è stato raggiunto. E quei soldi, ha detto, li darà tutti in beneficenza».
Nella prima serata il Molleggiato si esibirà per mezz’ora. Non rischia il suo intervento di oscurare il Festival?
«Secondo me sarà un punto di forza di questa edizione. Celentano ha fatto la storia della musica italiana, del cinema, dello spettacolo e della tv. È l’ospite che chiunque vorrebbe avere in qualunque manifestazione».

Se non funzionasse, potrebbe affossarvi.
«L’uomo di spettacolo ha una tale sensibilità che, qualora si accorgesse che qualcosa non gira per il verso giusto, sarebbe il primo a tagliare, a correggersi».
Le star straniere, da Patti Smith a Goran Bregovic, non sono un po’ datate per il pubblico dei giovani? Ai ragazzi non sarebbe piaciuto di più vedere Rihanna o Adele?
(Ride) «È chiaro che avrei invitato volentieri Justin Bieber, Rihanna o Lady Gaga, ma ci volevano varie centinaia di migliaia di euro. Con Adele ci abbiamo provato l’anno scorso, quando non era ancora esplosa. Quest’anno abbiamo scelto come ospiti quelli che hanno fatto la storia della musica».

Che spazio darà a Papaleo?
«Papaleo è bravissimo come padrone di casa. È un uomo di teatro e di cinema, un musicista e un compositore. Un compagno perfetto».
Non manca quest’anno una presenza femminile carismatica?
«Le due della passata edizione, Elisabetta Canalis e Belén Rodriguez, erano carismatiche, secondo lei? La 19enne Ivana Mrazova (modella, è stata scelta come valletta, ndr) ha tanta voglia di mettersi alla prova: sa ballare e un po’ recitare. Sarebbe bello se Sanremo riuscisse a lanciare una giovane figura femminile».
Quale voce nuova italiana l’ha più impressionata di recente?
«Tiziano Ferro, grande autore e cantante. Di levatura internazionale».

Cosa detesta nei meccanismi del Festival?
«Che molti artisti nati con Sanremo, da Vasco Rossi a Zucchero, alla Pausini, approfittino di questa ribalta per diventare famosi in Italia e nel mondo. Poi, quando viene l’ora di rendere qualcosa, si tirano indietro. Bisognerebbe far firmare a ogni giovane che debutta sul palco dell’Ariston un contratto che lo obbliga a tornare, qualora si affermi».
Ha sempre l’ansia dell’audience o stavolta la prende con filosofia?
«Quella c’è per forza. Puoi fare lo spettacolo per te più bello del mondo e il giorno dopo avere qualche punto in meno d’ascolto, e questo incide sul giudizio generale».
Come si prepara mentalmente e fisicamente?
«A Sanremo mi scarico correndo ogni tanto per sei-sette chilometri lungo la meravigliosa pista ciclabile. Dal punto di vista psicologico mi ripeto: “La scorsa edizione è andata liscia, ora sei più esperto e sarai più sereno”. Ma la tensione alla fine rimane la stessa».

È vero che nel 2011 ha devoluto i 700 mila euro del compenso alla sua squadra del cuore, il Bologna? Lo farà di nuovo?
(Ride) «Non proprio devoluto: il Bologna stava fallendo. Adesso ci vorrebbe la cifra dell’anno scorso più quella di quest’anno, ma mia moglie ha già posto il veto: “Dobbiamo guardare avanti” mi ha intimato. “Perché ancora non sappiamo quale futuro tu possa avere nel mondo dello spettacolo”».
Non teme che, con le proteste sociali in corso, l’Ariston possa diventare una passerella di manifestanti?
«È un’eventualità che prendo in considerazione e non mi spaventa. Con il consenso della Rai, sono disposto a dialogare».
Riproporrà il tormentone “Stiamo uniti” o ne lancerà un altro?
«No, abbiamo sempre bisogno di restare uniti. Ancora e ancora».