Cliniche meravigliose, affacciate su mari turchesi e spiagge bianche. Hotel a cinque stelle della sanità privata all’estero. Sono in Tunisia, India, Thailandia, Costa Rica, Singapore, Malaysia, Sudafrica… O più vicino, in Ungheria, Croazia, Romania. Vantano ottimi medici, spesso specializzati in America o in Europa, e tariffe dal 50 al 70 per cento inferiori a quelle praticate da noi. I pazienti arrivano da tutto il mondo: 500 mila, nel 2007, solo dagli Usa. Clienti ideali, gli americani: 130 milioni non hanno rimborsi per le spese odontoiatriche, 43 milioni sono privi di ogni forma di assicurazione medica. Ma anche gli italiani sono sempre più interessati.  C’è chi si spinge fino in India o in Cina per un trapianto di rene, fegato o cuore, aggirando le lunghe liste d’attesa in patria. «Non è un mistero» dice Alessandro Nanni Costa, direttore del Centro nazionale trapianti «che i cinesi abbiano larga disponibilità di organi anche perché usano quelli dei condannati a morte». All’ospedale internazionale Bumrungrad di Bangkok, dove ogni anno vengono curati circa 400 mila pazienti stranieri di 150 diverse nazionalità, si praticano bypass coronarici, sostituzioni di valvole cardiache, impianti di cellule staminali, isterectomie, ricostruzioni ossee, chirurgia dei tumori e radioterapia. Tutto low cost.

Ecco perché il turismo sanitario è in vorticosa crescita e sta contagiando gli italiani. Numeri sui connazionali che scelgono questo genere di cure ancora non ce ne sono. Ma la società di studi economici irlandese Research and Markets stima per il 2010 un giro d’affari internazionale che coinvolgerà 780 milioni di persone, disposte a spendere 40 miliardi di dollari.

Paolo Ghigliazza, farmacista di La Spezia, coltiva un progetto. «L’India offre cure poco costose ma eccellenti» dice. «Molti medici locali si sono laureati negli Usa. Le tariffe sono irrisorie: 10 euro per un ginecologo, 6 euro un dietologo, 90 per una tac che qui costa 300, 40 euro per un’analisi completa del sangue, 400 per la correzione della miopia che in Italia richiede come minimo 2.000 euro. Io penso a un’agenzia e a una compagnia di assicurazioni che organizzino viaggi per l’odontoiatria e gli interventi estetici».

C’è chi il passo l’ha già fatto: il tour operator “Chirurgia & Vacanze”, sede legale a Roma, accompagna turisti di mezza Europa a Tunisi per cure estetiche, oculistiche e ortopediche. Tra loro, ogni mese, una trentina d’italiani. La clinica ITC, a pochi chilometri dalla capitale, assomiglia a un hotel di lusso, con suites e tv satellitare. Un sogno per le commesse e le impiegate che partono alla ricerca di un nuovo look. «Sono loro il nostro target, perché non possono sostenere i vostri prezzi» spiega l’italo-francese Marc Casini, addetto al marketing. «Con la nostra agenzia, invece, acquistano pacchetti all-inclusive davvero economici: per esempio, aumento del seno, volo e soggiorno di sette giorni in albergo con piscina, talassoterapia, beauty farm e accesso al mare, a soli 2.700 euro. Una liposuzione completa costa 2.100 euro: si può anche sottoporsi all’intervento e poi ripartire. Noi però consigliamo di rimanere, per controllare la convalescenza, praticare eventuali ritocchi. Nel tempo libero si può vedere un pezzo di Sahara, andare per mercatini, visitare il museo del Jem». Chi non ama il deserto può scegliere i Paesi dell’Est. “Ve ne andrete con un sorriso!” promette il sito di Rosengarten Dental, il laboratorio a Sopron in Ungheria che garantisce otturazioni estetiche, implantologia, e quanto di più sofisticato esista in materia di odontoiatria. Anche qui, durante il soggiorno si possono visitare la città e godere dei bagni termali di Héviz. «Questo è il risultato dell’assistenza pubblica italiana» commenta Teresa Petrangolini, segretario di Cittadinanza attiva-Tribunale del malato. «Infatti il 47 per cento delle denunce dei pazienti degli odontoiatri riguardano i tempi d’attesa: nove mesi in media per la prima visita, un anno per un intervento chirurgico». I medici italiani osservano preoccupati il fenomeno. Ne hanno appena discusso a Milano nel convegno “Low cost in sanità: è un risparmio?”. «Serve molta prudenza» mette in guardia Pasquale Spinelli, consulente per l’Endoscopia dell’Istituto nazionale dei tumori e presidente della Fism, la Federazione delle società medico-scientifiche italiane. «Capisco che i pazienti siano invogliati a curare i denti e la sterilità di coppia all’estero. Da noi ci sono tempi d’attesa spesso assurdi, ostacoli legislativi, tariffe elevate. Ma quali sono le garanzie sulla qualità dell’assistenza in Paesi lontani? Nel 2002 un ospedale torinese ha acquistato valvole cardiache difettose dal Brasile. Costavano poco, è vero, ma ci sono state complicanze per i malati e contenziosi per medici e ospedali. Questo è il punto: siamo sicuri che la sanità a prezzi stracciati sia davvero conveniente?». «Ogni paziente deve valutare la serietà dell’ospedale, verificando se è accreditato da enti di controllo come la Joint commission international» spiega Renee-Marie Stephano, consigliere generale della Medical tourism association, il più grande gruppo no profit del mondo che riunisce assicurazioni, tour operator e cliniche private per promuovere la globalizzazione delle cure. E se il medico sbaglia, chi tutela il paziente all’estero? «I suoi avvocati» chiarisce Stephano. «La controparte è l’ospedale e la causa verrà discussa in base alle leggi in vigore in quel Paese». Ecco, forse, l’unica falla di un sistema quasi perfetto.