La mia vita è lastricata di sì. Perché da piccole ci hanno insegnato che, se volevamo essere ragazze per bene e stare al mondo con grazia, dovevamo essere gentili, docili e affabili. Ci hanno fatto credere che, per essere accettate e amate, dovevamo sorridere e non dare problemi. Al massimo, se proprio volevamo renderci utili, i problemi dovevamo risolverli. Così ci sono stati momenti, nel mio passato prossimo e remoto, in cui mi sono ritrovata schiacciata da tutti quei sì e da tutto quello spazio che dovevo fare dentro di me per accogliere le istanze altrui.
Perché non sapevo dire di no
Credevo di non avere scelta. «Sì, tesoro mio» rispondevo alle richieste dei miei figli perché sono le mie persone preferite, perché li ho desiderati moltissimo, perché avere un bambino è un privilegio, perché è così che fa una buona madre. «Sì, certo» rispondevo ai miei datori di lavoro che per nessun motivo dovevano accorgersi che, con la maternità, il mio baricentro si era allontanato dall’ufficio e dalle loro necessità. «Sì, amore mio» rispondevo a mio marito perché è quello che dice una brava moglie anche quando la sera arriva stravolta, perché poi, se ci si nega, lui si stufa e si fidanza con una venticinquenne statuaria e leggera, impermeabile alla forza di gravità.
Dire di no alle amiche e ai figli
E se chiamavano le amiche? «Che fai esci?» «Non so, sono esausta…» «Sei diventata pigra! Allora? Vieni?» E alla fine era un altro sì perché «distrarti un po’ ti fa bene» e perché, alla lunga, il marchio infamante di pantofolaia condanna alla solitudine. C’erano la mamma amorevole, l’irresistibile compagna di vita e di giochi, la professionista dedita e disponibile, l’amica su cui contare per bagordi e bisbocce e infine c’ero io, l’ombra esausta del dover essere.
Perché è importante saper dire di no
Poi, un giorno, ho aperto gli occhi. E ho deciso che, a cinquant’anni, non mi interessava più essere una ragazza per bene. Ho capito che non c’era alcun bisogno di compiacere il mondo per abitarlo con grazia. L’affetto dei figli, l’amore di un partner, il rispetto dei colleghi, la presenza degli amici non si nutrono dei miei sì ma di una sostanza ben più densa e preziosa, frutto di relazioni costruite con cura, mattone dopo mattone. Ho preso coraggio, sono scesa in cantina e ho recuperato tutti quei no che non avevo mai osato pronunciare per paura di deludere chi contava su di me. «Mi vieni a prendere all’una di notte al concerto?» «Puoi fermarti a lavorare tre ore in più?» «Vieni alla festa sul lago?» «Vai tu dal meccanico?» «Non ti metti i tacchi per uscire?».
Quel no che ti rende finalmente libera
No, no, no, no e no. Perché oggi non mi va, forse domani sarete più fortunati. No, perché non ne ho voglia, perché sono stanca, perché l’ho già fatto troppe volte. No, perché i no aiutano a crescere, come diceva un classico per l’educazione dei figli ma forse anche delle madri. No, perché mi ci è voluto un po’ di tempo ma oggi, finalmente, sono libera.