Il desiderio di figli, quando non arrivano, si trasforma quasi sempre in delusione. Ma altrettanto spesso si accompagna a un senso di vergogna, unito all’idea di angoscia, senso di colpa e fallimento, soprattutto nel caso delle donne. In Italia, secondo i dati dell’Istituto Superiore di Sanità, l’infertilità riguarda riguarda il 15% delle coppie, che provano questa condizione che può dipendere sia dalla donna che dall’uomo, in misura identica. Come superare questo disagio?
Infertilità femminile e vergogna
«Nonostante sia una situazione molto diffusa, si fa ancora molta difficoltà ad accettare una diagnosi di infertilità nella propria vita. La prima reazione è solitamente di shock e incredulità, ma poi possono subentrare anche angoscia, solitudine, vergogna, rabbia, tristezza», spiega Vincenza Zimbardi, Psicologa della Riproduzione presso il Centro PMA di IVI Roma.
Come si sente una donna che non riesce ad avere figli?
Uno dei sentimenti predominanti, però, è proprio la vergogna. «Nonostante i fattori che determinano l’infertilità possano riguardare entrambi i sessi, le donne più degli uomini possono vivere questa esperienza con una sensazione di rimpianto per scelte passate, magari per non aver iniziato prima la ricerca di una gravidanza. Oppure possono provare paura, inadeguatezza, vergogna, senso di mancanza personale, nonostante dal 2009 sia ufficialmente riconosciuta come patologia dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS).
Lo “sgambetto esistenziale” alle donne
«Capita che a volte per anni si sia allontanato il pensiero di una gravidanza perché non si era nella fase della vita adatta a questa esperienza e invece poi, quando si matura questa decisione, la vita faccia una specie di “sgambetto esistenziale” e si presentino impedimenti non previsti, spesso impensabili, spiega l’esperta, che aggiunge: «Le donne sono purtroppo meno fortunate degli uomini, hanno un’ età riproduttiva che finisce troppo presto rispetto alla costruzione della propria vita, sia di coppia sia di studio e lavorativa che spesso hanno bisogno di anni di dedizione e sacrificio».
Infertilità femminile: il senso di colpa e vergogna
Per questo, «il senso di colpa può far parte del vissuto, ma è dovuto ad un divario temporale fra fertilità e vita reale che molto spesso non dipende più dalle donne, ma dalla vita stessa di oggi», spiega l’esperta, che aggiunge «Se il rimpianto di scelte passate torna in modo insistente allora può essere una buona idea farsi accompagnare da un supporto psicologico che coinvolga entrambi i partner». Si tratta, comunque, di problematiche verso le quali oggi c’è maggiore sensibilizzazione, come dimostra la Giornata nazionale di informazione e formazione sulla fertilità (22 settembre), appena celebrata. L’obiettivo è proprio parlare di temi che ancora oggi sono spesso considerati tabù.
L’infertilità femminile come tabù
«Negli ultimi anni abbiamo assistito a una rivoluzione nel modo in cui si parla del corpo femminile, ma nonostante i progressi, c’è ancora moltissimo da fare. In Italia, circa 1 coppia su 6 ha problemi di fertilità, ma si fatica a parlarne, dimenticando a volte che la medicina e la scienza hanno fatto degli incredibili passi avanti. Bisognerebbe creare maggiore sensibilità sul fatto che l’infertilità è una patologia e come tale va considerata, alla pari di altre malattie che non subiscono lo stesso stigma – sottolinea Zimbardi – È ancora troppo radicato il retaggio culturale che vuole la donna nella funzione di madre e custode della cura della famiglia. In questa visione quindi l’infertilità viene vista come un fallimento del mandato naturale della donna».
Una genitorialità possibile
Eppure da questa condizione di sofferenza si può uscire, pur valutando quelle che possono essere decisioni delicate, come il ricordo alla Procreazione Medicalmente Assistita. «Essere sterili non è qualcosa per cui bisogna sentirsi in colpa o essere costretto a nascondere la necessità di aiuto medico per risolvere questo problema. Non bisogna vivere l’infertilità come una condizione innaturale, ma come una patologia per curare la quale chiediamo un aiuto alla scienza, così come facciamo per tante altre problematiche di salute», sottolinea la Dottoressa Daniela Galliano, medico chirurgo, specializzata in Ginecologia, Ostetricia e Medicina della Riproduzione, Responsabile del Centro PMA di IVI Roma.
Un supporto psicologico per lei e per lui
Per prendere decisioni complesse, occorre però un supporto psicologico, che può essere importante per entrambi i partner: «Non bisogna per questo sentirsi diversi o sbagliati. Le coppie che decidono di intraprendere un percorso di fecondazione assistita hanno dovuto già sostenere l’impatto drammatico di una diagnosi di infertilità, per questo è necessario che questo percorso sia sempre accompagnato da un supporto psicologico che coinvolga entrambi i partner. La decisione di fare affidamento alla medicina riproduttiva comporta un impatto psicologico sia sulla percezione del proprio corpo, sia sull’ambito relazionale della coppia», aggiunge Galliano.
Rinascere come coppia
«Anche la relazione di coppia può essere messa alla prova dalle tensioni inevitabili che possono crearsi», ammette Zimbardi. Ma proprio coppia se ne può uscire anche rafforzati: «Il primo passo da fare è lavorare su di sé e sulla coppia al fine di accettare consapevolmente la situazione ed essere ben informati sul percorso da affrontare, sulle scelte e la cura, confrontandosi il più possibile con fonti e figure mediche accreditate e superspecializzate nel settore. Può essere utile anche cercare un confronto con altre coppie con esperienze simili. Conoscere la storia di qualcuno che porta lo stesso vissuto aiuta sicuramente nella condivisione, normalizzazione ed accettazione, fondamentali in queste circostanze», conclude la psicologa.