Asolescenti e aborto

Quando capita di restare incinta, soprattutto in adolescenza, le decisioni da prendere sono tante, ma ci sono anche tanti pericoli. Da un lato l’impossibilità di portare a termine la gestazione, dall’altro la necessità di interromperla. Portare avanti una gravidanza in tale periodo in cui non si è ancora formati fisicamente comporta una serie di rischi non solo per la ragazza ma anche per il piccolo. Secondo alcuni studi, la donna potrebbe diventare madre soltanto 5 anni dopo la comparsa del ciclo mestruale (Schwarzemberg, 1998) , infatti in tale lasso di tempo tendono a formarsi ancora il cranio, il torace e il bacino oltre agli organi già costituiti (Ameruoso, 2000).

La gravidanza prima dei 17 anni può avere delle complicanze ostetriche di notevole importanza: un’alta percentuale di prematurità, un basso peso alla nascita, dei difetti congeniti. Oltre questi c’è la possibilità che la ragazza sviluppi disordini e irregolarità alimentari, supportate da motivazioni psicologiche come la non accettazione della propria condizione e delle modifiche corporee. In molti casi, comunicare ai genitori il proprio stato è davvero difficile e la paura della loro reazione blocca qualsiasi tipo di decisione.

In ogni caso c’è un tempo massimo nel quale bisogna scegliere se interrompere o meno la gravidanza e come farlo. Una minorenne, generalmente dovrebbe avere l’assenso dei genitori (o dell’unico genitore esercente la podestà o del tutore) per interrompere la gravidanza. In casi di dissenso, di parere contrario o quando sussistano dei seri motivi che impediscano o sconsiglino la consultazione degli stessi, la minore può rivolgersi ad un giudice tutelare e chiedere di essere autorizzata a farlo.

Sia un medico di base che una struttura pubblica (consultorio o asl) abilitata dalla regione, compiuti gli accertamenti di legge, stilano una relazione entro sette giorni dalla richiesta della minore che, assieme a quella stesa dal giudice tutelare entro cinque giorni dall’averla ascoltata, la autorizzano alla IVG. Il giudice tutelare competente è sempre quello in cui opera il consultorio o la struttura alla quale la minore si è rivolta e può intervenire non solo nei casi di interdizione o infermità mentale ma anche nei casi in cui la gravidanza pone la giovane in pericolo di vita e sono passati i 90 giorni.

Quali sono i casi particolari o i seri motivi? Sono situazioni nelle quali il minore vive situazioni di disagio o di grave conflittualità in ambito familiare. Per evitare possibili conseguenze che possano influire negativamente sulla formazione della personalità ancora in via di formazione è possibile ricorre ad un Giudice Tutelare. In ogni caso presso i consultori o le strutture pubbliche i colloqui vengono fatti con professionisti preparati tra cui psicologi e assistenti sociali. Qualora dovessero esserci, quindi, delle difficoltà in famiglia è bene rivolgersi alle strutture segnalate.

Ancor prima di imbattersi in situazioni di questo genere però è opportuno informarsi sull’uso di anticoncezionali o preservativi onde evitare di incorrere in gravidanze indesiderate.