In uno studio pubblicato sulla rivista internazionale Computers in human behavior, le ricercatrici Ruoyun Lin e Sonja Utz affermano che quando i nostri contatti più stretti condividono notizie positive proviamo un’invidia “benevola” , che ci stimola a migliorarci.
Paola, 38 anni, Roma
«Sofia aveva lasciato un lavoro precario per inseguire il suo sogno : scrivere. La mia reazione? Critiche a non finire: è una presuntuosa, non sa usare la punteggiatura, non sfonderà mai. E stavo malissimo, perché anch’io coltivavo quel sogno. Un giorno mi sono detta: se penso di essere più brava di lei, perché non provo a fare lo stesso? Così ho scritto alla redazione di un piccolo giornale e ho proposto un articolo: l’hanno accettato e pubblicato. Ero sbalordita: anch’io potevo riuscirci , solo che avevo sempre impiegato le mie energie per demolire i successi degli altri. Con il tempo il giornalismo è diventato la mia professione ed è tutto merito dell’invidia».
COSA DICE L’ESPERTA . «Paola ha ascoltato fino in fondo le reazioni provocate in lei da questo sentimento» spiega Rosa Clemente. «Solo così ha potuto cogliere il potenziale positivo dell’invidia, quello che io chiamo fuoco creativo. E che l’ha spinta a reagire in modo costruttivo , dopo essersi riflessa nel coraggio dell’amica, disposta a lasciare un lavoro per inseguire il suo sogno».
Alessandra, 45 anni, Padova
«Quante volte ho detto a mio figlio: «Invidio le mie amiche, perché i loro figli studiano tutti i pomeriggi! E con buoni risultati». Per lui, invece, aprire i libri è sempre stato l’ultimo dei pensieri. Sentivo i genitori elencare i risultati scolastici degli altri ragazzi e avrei voluto anche io un po’ della loro serenità , perché a casa nostra, all’ora dei compiti, scoppiavano i litigi. Finché un’insegnante, dopo aver ascoltato il mio ennesimo sfogo, mi ha fatto notare che questi paragoni potevano mortificare mio figlio. Ho fatto uno sforzo e messo da parte l’argomento. A lungo andare mi sono sentita meglio . E anche il rapporto con il ragazzo è migliorato».
COSA DICE L’ESPERTA «Alessandra, confrontandosi con le altre mamme, provava la frustrazione e la rabbia di chi si sente gravata di un peso, e di un problema, che non ci sarebbe stato se il figlio avesse affrontato lo studio in modo diverso» spiega Rosa Clemente. «L’intervento dell’insegnante le ha fatto accettare i limiti del ragazzo: era inutile scagliarsi contro lui, anzi. E prenderne atto ha messo un freno all’invidia di Alessandra, che ora ha con il figlio, non più schiacciato dal giudizio materno, un rapporto più sereno ».
Anna Maria, 41 anni, Ascoli Piceno
«Quando una ragazza meno esperta è stata promossa sono rimasta molto turbata . Non sono riuscita a nasconderlo del tutto e ho lanciato qualche battuta che ha fatto calare il gelo in ufficio. Ho covato dentro di me l’invidia per settimane e a casa parlavo in continuazione di quello che era successo in ufficio. In realtà, a un certo punto ho dovuto ammettere con me stessa che quello che mi aveva ferito non era tanto la promozione della collega, quanto la sua giovinezza: è una ragazza energica, appassionata, che ama le sfide . Proprio com’ero io alla sua età, mentre devo riconoscere che il mio entusiasmo sul lavoro si è decisamente appannato. Per ritrovarlo, mi sono iscritta a un master: chissà che non mi apra nuove prospettive . E per far dimenticare la reazione che ho avuto quando la collega è stata promossa, ora riconosco pubblicamente la sua bravura e le do consigli quando me li chiede. Del resto ho l’esperienza dalla mia parte!».
COSA DICE L’ESPERTA «L’invidia è un “mostro” che acceca» sottolinea Rosa Clemente. «Maria si è sentita messa in discussione pur essendo una veterana del mestiere e, dopo un po’ di tempo, ha recuperato una visione più obiettiva sul lavoro. L’invidia, se ben canalizzata , può essere uno stimolo per cambiare, per dare una nuova prospettiva alla nostra vita. Se invece la coviamo dentro, rischiamo di inquinare di pensieri tossici le nostre giornate e quelle di chi sta vicino a noi».