Prima del sedicesimo secolo, quasi tutte le scrittrici europee sono monache: raccontano il loro rapporto con Dio, le tappe o le scale o i piani successivi del Castello Interiore; il fuoco, l’acqua, l’identità folgorante, l’abbandono, la desolazione, l’abisso della loro ricerca.
(Pietro Citati, Ritratti di donne)
Oggi non sono più donne che dedicano i loro sospiri ad un’entità astratta. Da qualche tempo il canto amoroso ed erotico delle donne è tornato a farsi sentire. Ed ecco allora che si è scoperto che la lirica della passione, anche quella più audace, proibita e trasgressiva, arriva persino dall’antica Grecia. Saffo ne è testimone con le sue liriche indirizzate alle giovani fanciulle del suo tiaso. E Gertrude Stein , e Gaspara Stampa , e ancora Emily Dickinson che raccontò dell’amore per anni pur chiusa dentro la sua stanza. Sono definite le vestali dell’amore. I loro versi raccontano l’innamoramento, gli incantesimi verbali e le affabulazioni magiche, riti propizitori per amori perenni, sogni e ossessioni. Da Amelia Rosselli a Nina Berberova, da Alda Merini , fino alle contemporanee Biancamaria Frabotta e Patrizia Cavalli. Dopo secoli di buio molte sono oggi le donne.poeta che hanno abbattuto il muro dei tabù e delle false vergogne che, per secoli, hanno mortificato la loro vena creativa. E finalmente parlano di amore ed eros. Creano o ripropongono i versi di donne antiche che, tra clandestinità e pudore, celebravano l’amore che fa perdere la testa e travolge i sensi. Dietro le grandi poetesse apripista, appunto, oggi c’è un mondo femminile in ebollizione, che è diventato un simbolo del diritto alla libertà, un segno della conquista da parte delle donne ad una piena espressione del proprio desiderio. Ecco che quindi i versi d’amore, di passione e di sesso delle donne diventano tracce di matita e penna per disegnare di nuovo il proprio corpo con pulsioni e desideri così che l’eros descritto dalle donne ricade sulle donne stesse. La bellezze delle poesie erotiche e amorose delle donne è anche un’altra: il corpo dell’altro non è mai oggetto, ma sempre soggetto di amore immenso..
A volte mi fingo innamorata:
come si infiamma la vanità
delle mie vittime! Un rossore celato
il portamento nobile, tanti ringraziamenti
un’evasione onesta: “Ti sono grata
ma non posso e poi cosa ci trovi
in me?” Niente infatti
che non sia un collo un po’ sciupato,
una certa curva delle labbra o una saliva
per un attimo dimenticata agli angoli della bocca
e poi subito ritirata.
Patrizia Cavalli