Si scrive likeing, si traduce “spiare chi mette like ai post Facebook e Instagram dell’ex”. È l’ultimo neologismo coniato a proposito dei comportamenti relazionali nati nell’era dei social. Quando finisce una storia, tutti ci chiediamo che cosa stia facendo il nostro ex (o chi stia frequentando): è un fatto umano, ma i social ne hanno amplificato la tendenza, rendendola quasi ossessiva. Così spesso si finisce per far dipendere il proprio umore dal numero di “mi piace” che lui o lei hanno ricevuto da utenti sconosciuti o, peggio, persino troppo conosciuti. Finché ci si ammala di ossessioni.
Verrebbe da dire che essere stati lasciati in epoca pre-social era in fondo una fortuna nella sfortuna. Almeno non si aveva la possibilità di tormentarsi stuzzicandosi la ferita attraverso il controllo di post e stories IG.
Likeing, controllare i like degli ex
La mania di controllare i profili social degli ex è talmente radicata, soprattutto se si è freschi di abbandono o separazione, che lo scrittore motivazionale Igor Nogarotto l’ha “sistematizzata” nel suo Manuale per cuori spezzati (Aliberti edizioni). E ha dato un nome al fenomeno: likeing, appunto. «L’idea mi è venuta durante la mia pratica di coaching: ascoltando tante persone dal cuore infranto, mi accorgevo che quasi tutti controllavano il profilo Facebook o Instagram dell’ex per conteggiare il numero di like. E poi molti si spingevano a studiare le pagine social degli estimatori dei loro ex. Per poi fare i controlli incrociati e arrivare a conclusioni affrettate pregne di un sillogismo aristotelico, del tipo “se X ha messo like a Y, e Y ha risposto, vuol dire che X e Y stanno insieme”. Ecco la base del likeing» racconta Nogarotto.
Ma le deduzioni logiche, si sa, non governano le relazioni tra le persone, specie se queste ultime sono immaginarie. Nella maggior parte dei casi, i ragionamenti fatti sulla base del numero di like, commenti e altre interazioni social, sono frutto di invenzione arbitraria. Un like è solo un like. È una tautologia che conosciamo benissimo dal punto di vista cognitivo, ma che non basta a calmarci quando siamo preda della sofferenza a causa dell’abbandono da parte del nostro amato.
Perché si fa likeing
All’origine del likeing c’è proprio il dolore di essere stati lasciati. «Tale comportamento diventa più ossessivo in chi nel partner vedeva un “riempimento” della propria vita. Tutti soffriamo quando una storia finisce, ma alcune persone possono sentire un vuoto indicibile che cercano di colmare spiando ossessivamente i profili collegati all’ex. E poi si martoriano “inutilmente”, non solo fantasticando, ma anche andando a caccia di conferme di una verità presunta.
Alcune persone riferiscono di perdere 8-9 ore della propria giornata, compromettendo persino l’alimentazione e il sonno. Nei casi più gravi, il fenomeno del likeing può scatenare disturbi dell’umore latenti, come ad esempio ansia, depressioni, patologie ossessive. Ma in questi casi dovrebbe subentrare la valutazione da parte di una figura diversa dal coach, cioè lo psicologo clinico o lo psicoterapeuta» spiega Nogarotto.
Il suggerimento generale è sempre valido: se non ce la si fa a superare la fine di una storia, e dopo un anno e mezzo circa si soffre come i primi tempi, è bene chiedere aiuto a un professionista che cura la salute mentale (senza vergognarsi di pensare a una figura medica, qualora se ne sentisse la necessità).
Come superare il likeing
C’è un modo per smettere di praticare il likeing? «Non è facile, ma è certamente possibile superare la tentazione di spiare i profili di ex e persone collegate. Il rimedio più efficace è il no-contact, cioè l’assenza di ogni forma di contatto con il proprio ex, un metodo che nel caso del likeing diventa più strutturata. Per stare meglio, è bene evitare non solo messaggi whatsapp o su altre piattaforme social, ma anche disconnettere i propri account per almeno 15 giorni, o togliere le app, Se si rimane connessi a Facebook o Instagram, si rischia la tentazione di controllare. Ecco perché suggerisco di staccarsi totalmente, tanto poi le app permettono un ritorno senza danni».
Non si riesce a stare lontani dai social, e dopo qualche giorno ci si ricade? Il suggerimento è di ripartire dal giorno da zero e osservare altri 15 gg di astinenza. E se la tentazione di scrivere all’ex è forte, un’idea è quella di creare un indirizzo mail “immaginario” al quale confidare i propri pensieri.
«Il metodo di disconnessione dai social funziona nel 70-75% dei casi, perché agisce da detox di un comportamento malsano che può generare ossessioni. Ma ci vuole molta autodisciplina. Durante la pausa dal mondo digital si consiglia di dedicarsi alla propria vita, dedicandosi alla ricostruzione di sé, eventualmente con l’aiuto di un coach. Una volta prese le distanze dal dolore acuto, si potrà rientrerà nelle piattaforme social. E magari postare una bella foto che dimostri di aver ripreso a vivere. Anche senza partner. E poi chissà…» conclude Nogarotto.