Perché la musica fa bene
La musica è la prima connessione con il mondo: il suono, un feto sente la madre attraverso il battito del suo cuore, percussione ancestrale del tempo della vita.
Anni fa una controversa indagine proveniente da laboratori di fisica dell’Università californiana di Irvine spiegava che ascoltare musica ha effetti positivi sul funzionamento del nostro cervello tanto da migliorare ragionamento visuo-spaziale e capacità creativa. Correva l’anno 1993 quando i ricercatori Frances Rauscher, Gordon Shaw e Catherine Ky studiavano la Sonata per due pianoforti in re maggiore di Mozart su un campione di soggetti. È stato chiamato effetto Mozart. Dopo anni e ricerche ancora non sappiamo se l’effetto Mozart esista davvero. La musica ci rende più intelligenti? Forse. Non sappiamo ancora come, né esattamente il perché eppure il fatto che l’esperienza musicale influisca sulla nostra vita è qualcosa che sperimentiamo continuamente. E se è di pochi la sua scelta come vocazione, dalla danza a chi la musica la “fa”, producendola o cantandola, quello che possiamo dire è che, in fondo, nella sua essenza lei rimane protagonista indiscussa per ognuno di noi: ogni giorno siamo tutti ascoltatori.
Come la musica influisce sull’umore
Quel che non possiamo negare è che la musica ha il potere di cambiare l’umore della giornata, all’istante. Possiede effetti positivi sui bambini prematuri e i malati di disturbi neurodegenerativi quali il Parkinson, è in grado di influire sullo stress delle procedure mediche: è la musica, che forse non per caso è presente anche nelle sale operatorie. La musica riesce a cambiare l‘atmosfera del luogo in cui ci troviamo e riscrivere l’ambiente, anche quello spazio interno a noi stessi dove è racchiuso il nucleo più profondo della nostra identità.
Fra i primi a spiegarlo è stato il neurologo Oliver Sacks, che per anni ha lavorato con malati di Alzheimer. Dei suoi pazienti, durante un’intervista sul potere della musica, raccontava: ”Tutti loro, senza eccezioni, reagiscono alla musica. Specialmente quando si tratta di vecchie canzoni o canzoni che conoscevano: sembrano toccare certe corde della memoria ed emotività che altrimenti sarebbero inaccessibili per loro. In un certo senso riconquistano quel periodo delle loro vite e quella identità che avevano quando hanno ascoltato quelle canzoni per la prima volta. Quel tipo di lucidità e piacere può durare anche nelle ore successive”.
Proprio così, benefici della musicoterapia e non solo: a volte basta ascoltare una canzone che ci emoziona per sentirsi illuminare da dentro. È qualcosa che sperimenta ognuno di noi. Attraverso la musica veniamo, letteralmente, trasportati in un altro spazio e un altro tempo. La musica ci sfiora, toccando nel profondo la nostra coscienza. Quali sono le conseguenze? La nostra risposta emozionale non tarda ad arrivare. È tutto il corpo a essere travolto da questa ondata che è prima di tutto una tempesta di sensazioni fisiche che ci avvolgono e riportano a… un altro tempo, un altro luogo: spazi e anni che possono andare molto indietro, aprendo cassetti della mente a cui non si pensava più. Eccola qui la chiave. All’improvviso non ci troviamo più nella solita mattina di cinque minuti fa: il qui e ora sono stati spazzati via. La musica è una macchina del tempo che aiuta a ritrovare la connessione con le nostre emozioni profonde: gioia, ma anche tristezza, malinconia, rabbia. Una condizione totale e primitiva, originaria, non filtrata, autentica e intensa come un bacio o un pugno nello stomaco.
Che influenza ha la musica sul corpo e sulla mente?
La musica è all’origine del mondo. Dall’antica Grecia ai nativi americani e i popoli aborigeni, capaci di attraversare il bush australiano attraverso una rete fatta di canti, accompagna la storia dell’evoluzione umana. È strumento di comunicazione e dell’espressione di sé, arte, modalità di racconto della tradizione. Da alcuni anni grazie agli studi sempre più numerosi sul cervello, i ricercatori si chiedono quali siano i suoi legami con le emozioni e che cosa accade nel nostro corpo quando ascoltiamo musica. Non sappiamo, né probabilmente conosceremo mai esattamente la sua origine all’inizio, né e le funzioni, che possiamo immaginare molteplici, eppure l’esperienza della musica è connaturata alla nostra storia, presente in fin dal primo istante di esistenza. È il battito del cuore della madre, che il feto percepisce insieme al rombo del sangue che scorre e le onde del liquido amniotico in cui è cullato.
L’ascolto di musica produce piacere e a livello ormonale innesca un’esplosione di neurotrasmettitori come la dopamina, che proprio Oliver Sacks sperimenta nei suoi studi sul cervello alla fine degli anni Cinquanta: una storia diventata prima un libro, poi un film, “Awakenings“, “Risvegli, del 1973, con il noto volto di Robert De Niro. La dopamina, uno dei neurotrasmettitori fondamentali per il nostro equilibrio, appartenente alla famiglia delle catecolammine, è coinvolta nei processi di gratificazione, nell’allattamento e in una grande quantità di aspetti della vita umana, dal sonno alla memoria lavoro, lo studio, l’attenzione e l’umore. Il sistema della ricompensa a livello cerebrale ha a che fare con le azioni viste come vantaggiose da parte dell’organismo e struttura un gruppo di strutture neurali associate a emozioni positive, piacere e motivazione.
La musica è una droga naturale, sì. Capace di farci provare gioia, portarci vicini all’estasi, alleviare la fatica: non a caso è in grado di aumentare la produttività e alcuni anni fa è stata proibita per il suo effetto di doping naturale. In occasione di un evento cult, la celebre maratona di New York, nel 2007 la Usa Track and Field, federazione americana di atletica, ne ha vietato l’uso mettendo al bando gli auricolari.
Risposta emotiva, il segreto di una comunicazione differente
La risposta cerebrale ai suoni appare condizionata dalle esperienze precedenti: a spiegarlo è Robert Zatorre, che in Canada ha fondato il laboratorio di ricerca “Brain, Music and Sound”. Dall’Argentina giungono ulteriori dettagli attraverso l’Instituto de Neurociencias Cognitivas, INECO, con le ricerche di Agustín Ibáñez e Lucía Amoruso. Test effettuati tramite elettroencefalogramma hanno evidenziato che il cervello dei ballerini di tango più esperti è capace di anticipare gli errori, è stato dimostrato durante la visione di performance di danzatori che venivano mostrati in video. La capacità di anticipare l’azione è strettamente connessa con la nostra intelligenza emotiva, ma si tratta di un ambito su cui sono ancora molti i misteri. Oggi sappiamo che la musica attiva simultaneamente diversi circuiti cerebrali, fra cui le aree del linguaggio, e attuando un vero e proprio processo di cambiamento partecipa ai processi di neuroplasticità.
L’esperienza modella il nostro cervello e in questo il cambiamento è un fattore di evoluzione fondamentale, un flusso che si dà costantemente, su cui possiamo intervenire con consapevolezza, che sia l’apprendimento dei bambini o il nostro. Possiamo immaginare le connessioni neurali come un grande albero, vivo e antico, che ogni giorno continua a crescere con nuovi rami e foglie, risponde agli ostacoli, devia e crea strutture in direzioni differenti, muore e si rigenera. Se meditare o apprendere una nuova lingua attivano circuiti capaci di influenzare lo stato della nostra mente, lo stesso accade con i suoni. Quando la viviamo, nella danza, suonando uno strumento o attraverso l’ascolto, la musica ci attraversa. Ha l’impatto di un’onda che tocca il nostro corpo; rinnova la memoria, rigenera il cuore e la mente.
Al riguardo Yehudi Menuhin, violinista e direttore d’orchestra, ebbe a dire: “La musica è terapeutica. È una comunicazione molto più potente, immediata ed efficace delle parole”. È così, battito primitivo che segna il ritmo della nostra esistenza, arriva al di là dell’appartenenza linguistica e culturale. Riesce a deprimerci quando non amiamo un certo genere, o viceversa, sa esaltarci fino a toccare l’anima. Musica è orecchio, mente, cuore, stomaco. Ballare e cantare (anche da soli!) stimola la memoria, migliora la coordinazione e sa farci attraversare distanze incredibili sulle ali dell’immaginazione, a ogni età. Accade perché la musica ci emoziona e in questa misteriosa alchimia si nasconde lo stimolo per la scoperta, il senso del meraviglioso nel suo lato più pericoloso e bello: il viaggio dentro noi stessi.