Cosa è il pensiero divergente?
Sembra che Abraham Lincoln, avvocato e 16esimo presidente degli Stati Uniti, di fronte a un problema particolarmente impegnativo avesse l’abitudine di uscire a fare una passeggiata. Che cosa ha a che fare questo aneddoto con il pensiero divergente? La modalità laterale, o divergente, è connessa alla creatività e alla capacità di affrontare un problema contemplando soluzioni molteplici anziché una sola.
In questo sta il grande potere rigenerante delle pause: quando facciamo altro utilizziamo la mente in modo diverso. Pensiero divergente, laterale, istintivo, dinamico, fluido, inconscio: nomi diversi per indicare una rete di ricerche che soprattutto a partire dal primo ventennio del Novecento si sono interrogate sul potere della nostra mente incrociando psicologia e, in tempi più attuali, neuroscienze. Il modo in cui utilizziamo il cervello è un mistero su cui si continuano a fare ipotesi. Che cosa accade mentre facciamo altro? Ecco il punto. Quando siamo altrove con la mente, il nostro cervello disinnesca il pensiero che utilizziamo normalmente e subentra una modalità altra, nuova, differente. Qualcosa vive e risponde al di là del nostro controllo razionale ed è in questo territorio che prendono forma creatività, soluzioni nuove, risposte che non avremmo pensato di poter conoscere.
“La persona capace di produrre un vasto numero di idee per unità di tempo […] ha maggiori possibilità di avere idee significative”
Joy Paul Guilford
Quando nasce il pensiero divergente?
Il primo a elaborare la teoria del pensiero divergente è lo psicologo statunitense Joy Paul Guilford, nato nel Nebraska alla fine dell’Ottocento. Celebre per i suoi studi sull’intelligenza umana, sviluppa le ricerche iniziate da Louis Leon Thurstone nel campo della psicometria e della psicofisica. Guilford, che nel 1941 entra nella U.S. Army con il ruolo di Capo dell’Unità di Ricerca Psicologica, durante il conflitto sviluppa una serie di test che permetteranno un incremento del tasso di promozione per gli allievi piloti. Dopo la seconda guerra mondiale continua i suoi studi sui fattori di intelligenza lavorando nella Facoltà di Educazione della University of Southern California. Qui, nella California che sarà patria della controcoltura degli anni Sessanta, iniziano a circolare impulsi straordinari nel campo dell’arte e delle ricerche sulla mente. La psicologia scopre nuova linfa vitale: nascono studi come la teoria multidimensionale dell’intelligenza e la teoria delle intelligenze multiple. Ci si interroga su nuovi modi per pensare al cervello umano.
“Risolvere problemi significa trovare una strada per uscire da una difficoltà, una strada per aggirare un ostacolo, per raggiungere uno scopo che non sia immediatamente raggiungibile”
G. Polya
Che cos’è l’intelligenza?
Non esiste un’unica definizione di intelligenza, perché non esiste un unico modo in cui possiamo essere intelligenti. I test per la misurazione del Quoziente d’intelligenza, QI, elaborati dallo psicologo francese Alfred Binet per calcolare l’età mentale dei bambini e in seguito sviluppati negli Stati Uniti, in realtà prendono in considerazione soprattutto ragionamento aritmetico, logica e memoria, analizzando le capacità cerebrali attraverso l’aspetto quantitativo. Ma come direbbe Howard Gardner, docente di Cognitivismo e Pedagogia alla Facoltà di Scienze dell’Educazione all’Università di Harvard, noi siamo fatti di molto altro. Ed è molto altro ciò che sappiamo fare.
“Non soffocare la tua ispirazione e la tua immaginazione, non diventare lo schiavo del tuo modello”
Vincent van Gogh
Secondo Howard Gardner la nostra intelligenza può essere Logico-Matematica e Linguistica-Verbale, ma anche Spaziale, Corporeo-Cinestesica, Musicale, Naturalistica, Esistenziale, Interpersonale e Intrapersonale: sono tutte forme diverse di intelligenza. Probabilmente, per esempio, un danzatore o un atleta avranno un’intelligenza corporea particolarmente sviluppata. Ogni bambino e ognuno di noi ha tutto il diritto di veder riconosciuto e sostenuto il proprio modo, unico al mondo, di interpretare e vivere la vita. Non c’è un unico modo per farlo, ce ne sono tanti e finalmente ce ne stiamo rendendo conto.
La capacità di trovare soluzioni
Quando ci troviamo di fronte a un problema spesso pensiamo (o meglio, fin da piccoli la nostra mente è stata impostata a pensare) che ci sia una soluzione da scovare, individuare e trovare. Niente di più sbagliato! Focalizzarti sull’esasperata ricerca della risposta giusta non ti permette di vedere che… di soluzioni ce ne sono tante, molte di più di quelle che pensi. Si tratta di ampliare il nostro sguardo e abbracciare un orizzonte più vasto, ecco il segreto.
“La creatività non è altro che un’intelligenza che si diverte”
Albert Einstein
Fluidità, flessibilità, originalità e capacità di elaborazione, ovvero saper calare un’idea in un contesto concreto trasformandola in progetto: quattro indici che J.P. Guilford utilizzava per misurare il pensiero divergente e che in effetti possono aiutarci a svilupparlo. Quando utilizziamo queste abilità ci avviciniamo a una modalità differente, diventiamo più creativi perché ci allontaniamo dall’abitudine e scopriamo soluzioni nuove. In fondo, questo è il cuore del pensiero laterale, elaborato da Edward De Bono, psicologo maltese: non c’è un unico percorso possibile. Se ci liberiamo dalla rigidità della catena logica e dagli schemi ricorrenti di pensiero scopriamo che possiamo affrontare ogni questione della nostra vita secondo prospettive differenti, ognuna suggerirà un messaggio differente. Alcune grandi scoperte scientifiche hanno visto la luce così, nate grazie all’intuizione di un’idea deragliata fuori dai binari della consuetudine.
“La capacità di provare ancora stupore è essenziale nel processo della creatività”
Donald Woods Winnicott
Lo psicologo Rex Jung, che nelle sue ricerche le basi neuronali dell’intelligenza e della creatività, spiega che a una diminuzione nell’Executive Attention Network corrisponde un potenziamento nell’Imagination Network, connesso a intuizione e immaginazione. L’Executive Attention Network è la rete neurale dell’attenzione e si attiva di fronte a compiti in cui è richiesta un’attenzione focalizzata e volontaria. Viceversa, quando sogniamo a occhi aperti, il cosiddetto mind wandering, immaginiamo il futuro o ricordiamo il passato la nostra mente… vaga. Si tratta di un’attenzione non focalizzata.
Ma il cervello anche in uno stato di riposo rimane attivo: questa condizione nel 2001 è stata definita “default mode” dal neurologo Marcus E. Raichle. Inizialmente si pensava che il DMN fosse attivo solo in situazione passive, per esempio durante il sonno, in realtà il default mode network appare connesso a moltissime funzioni della nostra mente e mostra di attivarsi in numerose occasioni, per esempio quando guardiamo un film, leggiamo un libro o ascoltiamo una storia, mentre viaggiamo con l’immaginazione, ricordiamo momenti del nostro passato o fantastichiamo sul futuro, durante la meditazione. In tutti questi momenti la nostra attenzione in un certo senso devia dai percorsi abituali: non è focalizzata, sfugge e si perde. È in questo territorio, ancora per molti versi ignoto, che affiorano come ombre nella nebbia costrutti dalla sagoma sconosciuta, idee nuove. Ispirazioni da cogliere al volo.
“Non si pensi che si farà meno lavoro, se si dorme durante il giorno. Questo è ciò che pensano coloro che sono privi di immaginazione. Si riuscirà anzi a concludere di più”
Winston Churchill
Come sviluppare il pensiero divergente
La risoluzione di un problema, in inglese problem solving, aumenta quando siamo capaci di individuare e definire i contorni della situazione problematica. Ma non pensare che sia solo una questione mentale. In gioco entra tutto il tuo vissuto: la persona che sei, le tue emozioni, l’ambiente in cui ti trovi, gli stimoli e le persone che ti trovi ad incontrare. Persino uno stop o una difficoltà possono aiutarti a elaborare risposte originali, perché dietro a un ostacolo può nascondersi il bivio che ti porterà a intraprendere un nuovo viaggio. A fare la differenza non è cosa vivi, ma come lo vivi.
“Creatività è unire elementi esistenti con connessioni nuove, che siano utili”
Henri Poincaré
- Più menti invece di una sola – Brainstorming, “tempesta di cervelli”: il metodo è antichissimo perché veniva già utilizzato nelle Università medievali. È una tecnica di gruppo e il senso è… unire menti diverse per ampliare le nostre idee.
- Usa le mappe creative – Usa un foglio e… tanti colori! L’obiettivo è scrivere e disegnare tutte le connessioni possibili che ti vengono in mente su una certa questione. Scoprirai percorsi che non avevi considerato.
- Che cosa ti dice l’istinto? – Il cervello destro è connesso all’interpretazione emotiva. In caso di deficit all’emisfero destro è stato evidenziato che può accadere di saper descrivere un viso ma non essere in grado di riconoscerlo. Lasciati andare. Recupera le sensazioni profonde delle tue connessioni emotive e segui l’impulso, anche quando non sai spiegarti il perché. Il senso apparirà.
- Prova a fare altro – Ci sono persone che trovano l’ispirazione creativa… scarabocchiando mentre sono al telefono. A volte la soluzione creativa arriva quando meno te l’aspetti, nelle situazioni impreviste. Tieni sempre a portata di mano un blocco per gli appunti e ferma l’idea appena si affaccia alla mente.
- Esci a passeggiare – Prendi esempio dal presidente Lincoln. Cambiare spazio darà alla tua mente un nuovo scenario, a livello visivo e mentale. Tanto più se ti muovi. Come spiega il neuroscienziato Norman Doidge, autore del libro “Il cervello infinito” (Ponte alle Grazie), con movimento e sport le connessioni neuronali aumentano.
- I benefici della siesta – Quando ci rilassiamo disinneschiamo la miccia del controllo (spesso ossessivo!) con cui siamo soliti agire. Questo è uno dei motivi per cui il riposo ha effetto sulla creatività. Consapevolmente distogli l’attenzione per rivolgerla ad altro e il cervello prenderà in considerazione dettagli differenti, proprio come durante una passeggiata ti lasci coinvolgere dall’ambiente.
- Nutriti di nuovi stimoli – Accendi la musica, fai una telefonata, alzati in piedi e guarda dalla finestra, vai a bere un bicchiere d’acqua: sono solo modi per fare altro e dare una pausa alla mente. In questo modo interrompi il ritmo e proprio come in una partitura le pause daranno alla musica un andamento imprevisto.