Insediatasi il 16 novembre 2011 come ministro del Lavoro e delle Politiche sociali – seconda donna con tale carica – Elsa Fornero è stata rapida andando subito al sodo, come le donne spesso sanno fare. La sua riforma delle pensioni è già legge. Ecco i principali cambiamenti in materia pensionistica interventuti dal 1° gennaio 2012, con un occhio speciale al femminile.
Contributivo. Dal 2012 il calcolo delle pensioni con il metodo contributivo sarà esteso a tutti, quindi anche a coloro che avendo cominciato a versare contributi prima del 1978 avevano mantenuto il più generoso metodo retributivo.
L’entrata in vigore del contributivo per tutti sarà però graduale e riguarderà soltanto la parte di pensione maturata dal 2012 in poi. I diritti già acquisiti, dunque, non verranno toccati.
Pensione di vecchiaia. Dal 1° gennaio del 2012 per le donne l’età minima è di 62 anni (l’anno scorso era 60 per le dipendenti private e 61 per quelle pubbliche) fino a un massimo di 70.
Lavoratrici autonome e non. Le lavoratrici autonome andranno in pensione di vecchiaia a 63 anni e sei mesi a partire dal 2012, quindi un anno e mezzo più tardi delle dipendenti che andranno a 62 anni dal 2012.
Penalizzazioni per chi esce prima. Per disincentivare i lavoratori ad andare in pensione in anticipo rispetto all’età di vecchiaia, a partire dal 2012 è prevista una penalizzazione del 2% sulla quota retributiva per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni. Possono andare in pensione anticipata rispetto all’età di vecchiaia le donne che hanno accumulato sempre a partire dal 2012 almeno 41 anni e un mese di contributi.
66 anni entro il 2018. L’età necessaria ad andare in pensione di vecchiaia per le donne dipendenti del settore privato è di 62 anni nel 2012 per poi passare a 63 anni e mezzo dal primo gennaio 2014 e a 65 anni il primo gennaio 2016.
Il requisito di età per la pensione di vecchiaia delle donne dipendenti passa a 66 anni nel 2018, lo stesso requisito delle donne dipendenti pubbliche. Per le lavoratrici autonome la pensione di vecchiaia si ottiene a 63 anni e mezzo nel 2012, a 64 anni e mezzo a partire dal 2014, a 65 anni e mezzo nel 2016 e a 66 anni nel 2018.
Abolita la finestra mobile. Scompare il meccanismo della “decorrenza” di 12 mesi per i dipendenti e 18 per gli autonomi previsto dalla manovra 2010 a partire dal 2011 che allungava di fatto i tempi per l’accesso al pensionamento. Il periodo sarà però assorbito nei requisiti per la pensione di vecchiaia.
Addio pensioni di anzianità. Sono abolite le cosiddette quote (la combinazione di età anagrafica e anzianità contributiva). Fino al 2011 alla pensione di vecchiaia c’era un’alternativa, la “pensione di anzianità”, che ora sparisce e si chiama “pensione anticipata”. L’accesso “anticipato” alla pensione è comunque consentito con un’anzianità di 41 anni e un mese per le donne, ma dietro penalizzazioni percentuali.
Aumento aliquote autonomi. È previsto un aumento delle aliquote contributive delle lavoratrici autonome di 0,3 punti ogni anno per arrivare a due punti in più nel 2018 (nel 2011 erano al 20-21% per commercianti e artigiani a fronte del 33% dei dipendenti).
Fascia flessibile per il pensionamento. Per le donne è prevista una fascia flessibile per il pensionamento tra i 63 e i 70 anni. Sono previsti vantaggi per chi esce più tardi e penalizzazioni per chi esce dal lavoro prima.
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