Naturalmente siamo abituati ad associare alle speranze sentimenti positivi.
Sperare in qualcosa proietta la nostra mente in un futuro che crediamo sia migliore e questo ci immerge subito in uno stato di benessere.
Nonostante ciò, questo termine positivo nasconde anche il rovescio della medaglia, ossia l’ansia dell’attesa e la frustrazione in caso ciò che speriamo, alla fine, non si realizzi.
Proprio per questo, non è da sottovalutare un nuovo modo di vedere la questione: e se invece della speranza fosse la perdita di essa a regalarci la libertà, e di conseguenza la vera felicità?
Stephen Guise, autore inglese appassionato di meditazione e cambiamento del comportamento in funzione del miglioramento della vita, ha raccontato come la sua sia cambiata proprio dopo aver perso le speranze.
«Ho lottato con una grave forma d’ansia quattro anni fa, a seguito di un episodio improvviso e apparentemente banale: i morsi di due ragni a pochi giorni di distanza l’uno dell’altro che, a causa di un’allergia, mi hanno provocato uno shock tale da farmi finire al pronto soccorso. Da quel momento ho iniziato ad avere continui attacchi di panico e a preoccuparmi eccessivamente per il mio futuro e per il mio stato di salute. Ad aggravare la situazione, il fatto che vivessi nella speranza che tutto tornasse com’era prima. Non facevo altro che ossessionarmi con questo pensiero e la mia vita non era più quella di sempre».
Il lato oscuro della speranza
La speranza, infatti, oltre a spronarci a fare sempre meglio, ha un lato oscuro che influisce sulla mente.
È un intenso desiderio che accada qualcosa e quando diventa eccessivo assorbe ogni energia mentale e prende il dominio sui pensieri. Ci impedisce così di vedere ciò che arricchisce la nostra vita, come la brezza calda, la bellezza dell’amicizia o la semplicità di godersi un pasto con la persona amata. Perdiamo queste piccole gioie quotidiane quando focalizziamo troppo i nostri pensieri su qualcosa che ancora non è nel presente.
La speranza, quindi, è quasi sempre positiva, ma non quando costringe a combattere una battaglia che non può essere vinta.
In quel caso è meglio perderla. «Ho interrotto la mia spirale discendente quando l’ho fatto», continua Stephen Guise.
«Mentre vivevo il mio periodo di maggiore crisi speravo così tanto che le cose tornassero alla normalità che mi sentivo come in un incubo senza fine. Sognavo che il mio respiro successivo fosse prolungato, profondo e rilassato, e di tornare a prima del mio brutto episodio con i ragni, ma visto che nessuna delle due cose accadeva venivo sopraffatto dallo sconforto».
Quando perdere le speranze migliora la vita
Nella vita, come in guerra, si deve imparare a capire quando è il momento giusto per attaccare e quando, invece, ritirarsi. Non tutti i nemici possono essere sconfitti in modo semplice e convenzionale e riconoscere i propri limiti e cosa nel futuro potrà realizzarsi oppure no è fondamentale.
Se una speranza che nutri è supportata dalla possibilità concreta di riuscita, impegnare tutta te stessa affinché questo accada è doveroso. In caso contrario, meglio optare per un’altra strategia.
«Ricordo il giorno stesso in cui persi di proposito le speranze e mi arresi. Ero in cucina e mi sentivo ansioso senza motivo e stufo di questa lotta continua, quindi decisi di smettere. Da quel momento il nemico si è allontanato e la mia vita è cambiata in meglio. Ho smesso di chiedermi quando sarebbe arrivato il prossimo attacco di panico e di preoccuparmi della mia frequenza respiratoria e della profondità. Ho cominciato persino a scherzare sul mio problema e le giornate sono state finalmente e di nuovo serene».
Perdere le speranze significa, talvolta, smettere di provare a combattere le battaglie. Solo in questo modo, paradossalmente, si può vincere la guerra e riguadagnare la libertà mentale.
Questo modo di intendere la speranza è talmente stimolante da aver ispirato filosofi, pensatori e scrittori di ogni epoca, tutti giunti alla conclusione che quando le persone si proibiscono o tentano di liberare la propria mente da qualcosa quel pensiero torna loro indietro con allarmante persistenza.
Non sono pochi, infatti, gli studi che dimostrano che più si cerca di sopprimere i pensieri, soprattutto se negativi e fonte di disagio, e più è probabile diventarne schiavi.
Prova a lasciare andare la presa
Non sempre uno sforzo maggiore porta a risultati maggiori, sono piuttosto le strategie più intelligenti a favorire il raggiungimento degli obiettivi tanto sognati.
Prova a pensarci un attimo, esisterà sicuramente un qualcosa nella tua vita che speri accada, ma dal quale ti senti oppressa perché non vedi passi avanti. Invece di continuare ad accanirti, fatti una domanda: cosa accadrebbe se da questo momento perdessi le speranze e lasciassi andare la presa?
Una risposta certa e universale per tutti non esiste, ma le probabilità che il tuo umore migliori sono concrete.
Questo vale soprattutto per quanto riguarda stati d’animo negativi come ansia, preoccupazione, paura e depressione. Quando li accetti e smetti di sperare che se ne vadano perdono una parte considerevole della loro forza e del loro potere su di te.