Perché si tradisce?
L’io, analogamente, è vulnerabilità. Dimensioni dell’essere quali la sincerità o la franchezza rimandano all’universo dello scoprirsi totalmente indifesi e dell’essere dati in balìa dell’altro. Levinas può quindi sostenere che la franchezza espone fino alla ferita. A. Carotenuto (Amare Tradire, 1994)
Salve, sono una ragazza di 17 anni e sto con il mio ragazzo da tre mesi, da poco ho scoperto che lui che mi ha mentito sul suo passato (perché se ne vergognava e non voleva pensassi male di lui). Si è sinceramente scusato e io ho deciso di perdonarlo. Adesso però vivo e sto con lui con la costante paura che le cose tra di noi non possano funzionare. Litighiamo spesso perché dice cose impulsive e io divento permalosa. Non so più cosa fare, io ci tengo e voglio provarci, ma ho paura che siamo incompatibili.
Un rapporto d’amore si basa sulla fiducia reciproca. Spesso, al perdono seguono le liti proprio perché si è tradito qualcosa di importante, si è ingannata la relazione. E quando l’altro mente…
Il tradimento, in definitiva, rappresenta un inganno e all’interno di un rapporto affettivo la paura che ciò possa riaccadere esprime proprio il legame profondo che si è strutturato tra due persone. Chi ama è sempre timoroso e lo è poiché accetta che il ‘fallimento possa accedere nella propria esistenza’. Ci si affida, ci si abbandona e le aspettative reciproche nel rapporto sono alte.
La prima esperienza di un legame basato sulla fiducia si realizza con la propria madre. La simbiosi vissuta col bambino nella fase della gravidanza e poi del parto, con l’accoglimento e la nutrizione, rappresentano il senso del condividere emotivamente sentimenti di reciproca lealtà. Se una madre tradisce, rifiuta il vincolo, allora il bambino crescerà diffidente e con gravi carenze sul piano relazionale. Si sentirà abbandonato, disatteso, non importante e, di conseguenza, avrà difficoltà a legarsi abbandonandosi totalmente all’amore e all’affetto nei confronti dell’altro.
Ma perché si mente?
Si mente perché si ha paura di non essere accettati per quello che si è, per come si è fatti e per gli errori commessi in un eventuale passato. Si illude l’altro/a di essere come lui/lei si aspetta senza considerare che l’unicità del proprio essere è l’elemento principale della scelta.
Il confessare a posteriori la propria ‘identità’ è un modo per ovviare al rifiuto iniziale con la conseguenza, poi, di ottenere l’effetto contrario poiché si mina il terreno della stima reciproca. Il giudizio è, inoltre, prevalentemente soggettivo. Il giudice più importante è dentro di noi e ciò che pensiamo non necessariamente corrisponde a quello che pensa l’altro di noi o della situazione in generale… Solo chi ha ferito, quindi, è in grado di guarire.
Il divenire capaci di costruire la propria vita sul presupposto di una sacra fedeltà alle proprie inclinazioni individuali è una possibilità fondata sulla “fiducia primaria” quale esperienza originaria di nutrimento, rispecchiamento ed empatia che una madre sana non riesce a dare al bambino (A. Carotenuto,1994).
È quindi fondamentale riuscire ad essere se stessi anche se questo comporta possibili rifiuti o abbandoni. Attraverso queste esperienze, seppur significative dal punto di vista emotivo, riusciamo a sviluppare il senso della relazione, del rispetto di noi stessi e dell’amore di sé.