«Il perdono aiuta la vittima di un’ingiustizia a liberarsi dal senso di impotenza. Diventa un gesto attivo che non la fa più sentire in balia di quello che è stato» dice Maria Grazia Lopardi, avvocato. «Tutto questo è ancora più forte quando ci si trova di fronte a episodi gravi o tragedie collettive: il perdono permette di riconciliarsi con la società e di recuperare fiducia nelle istituzioni. Un passo fondamentale per continuare a vivere».

Dalla cronaca, una toccante storia di perdono

Perdonare stimola il cervello

«Esistono già da tempo studi che dimostrano che chi sa perdonare ha una pressione arteriosa in media più bassa, un sistema immunitario più robusto, una minor propensione a stanchezza, stress, depressione. Io e la mia équipe abbiamo voluto andare più a fondo per scoprire cosa avviene esattamente nel nostro cervello quando perdoniamo qualcuno. Con la risonanza magnetica funzionale abbiamo visto che si mette in moto un complesso network cerebrale, che coinvolge diverse aree. Fra queste c’ è la corteccia prefrontale dorso laterale, la zona che influenza il modo in cui percepiamo un evento e le conseguenze che questo avrà sulla nostra sfera emotiva. Con il perdono, la zona si attiva e il risultato è sorprendente: un evento negativo viene rivisto in termini positivi. Non solo. Si modifica anche la risposta biochimica, che regola meglio la gestione dell’ansia e della rabbia. Ma non è tutto. Il perdono sollecita anche la corteccia parietale inferiore, una regione associata all’empatia, e il precuneo, un’area che viene chiamata in causa per “mettersi nei panni dell’altro”: tutto questo suggerisce che, perdonando, stimoliamo la nostra sensibilità e capacità di comprensione degli altri».

PIETRO PIETRINI  professore di Biochimica clinica e biologia molecolare all’università di Pisa

Perdonare libera la creatività

«Più che affermare che perdonare fa bene, posso dire che non perdonare fa male. Quando accumuli non-perdoni a non-perdoni ti avveleni l’anima e questo veleno appesantisce la fantasia, la capacità di esprimersi, di conseguenza puoi produrre solo azioni e pensieri negativi. Capita a tutti di dire “non lo perdonerò mai”, ma poi, è fisiologico, il risentimento passa, come passa una malattia. A me almeno succede. Provo a guardare la situazione in modo distaccato, vedo la persona che mi ha offeso piccola, anch’io mi vedo da fuori, piccola… Da quella distanza tutte le questioni umane mi appaiono relative e cerco di giustificare le ragioni degli altri. Poi, mi dico, chi sono io per negare un perdono? Così ho perdonato chi, quando avevo nove mesi, mi ha data via. Anzi, preferisco dire “ho capito chi a nove mesi mi ha data via”».

VIVIAN LAMARQUE  poetessa e scrittrice per l’infanzia

Perdonare purifica l'animo

«Nella nostra società il perdono è sempre più raro. E per questo ancora più prezioso. Finché non perdona, lo spirito non è tranquillo né benevolo, ma troppo esposto a farsi guidare dall’ira. Con un atto di generosità è come se  purificassimo l’aria che respiriamo e questo porta benessere a noi e al mondo che ci circonda. È una di quelle energie che estirpano il conflitto alla radice, depurano la società dalle tensioni e dai semi della vendetta. Perdonare non vuol dire chiudere gli occhi e non vedere le colpe: vuol dire sostenere il cambiamento di sé e degli altri. Un esempio? Quando Gesù perdona l’adultera, nel Vangelo, non le dice: “Non hai fatto niente”. Le dice: “Non farlo più”. Donando il suo perdono, spinge gli accusatori intorno a farsi un esame di coscienza. Dunque, con un solo gesto fa un’azione sociale, salva una vita e trasforma un cuore!».

MONSIGNOR VINCENZO PAGLIA

Perdonare dà serenità alla mente

«Quando si subisce un’offesa grave si tende a reagire con l’odio e la vendetta, oppure con la rimozione e la fuga. È normale, ma così si rischia solo di esacerbare la sofferenza. In particolare, il rancore e la vendetta sono dannosi, perché si pensa e si ripensa a cosa è accaduto e a cosa si è provato. E si soffre. Il perdono, invece, offre una via d’uscita alla sofferenza, perché è una reazione risolutiva: si rinuncia all’odio, alla rabbia, al risentimento, che non aiutano a cambiare la situazione, anzi la peggiorano. Viene allora il momento di lasciarseli alle spalle, cioè di decidere di perdonare. Si tratta di una scelta razionale, perché si intravedono le potenzialità di un atto che può riportare la serenità.

BARBARA BARCACCIA  psicologa dell’università dell’Aquila, coautrice con Francesco Mancini a del libro Teoria e clinica del perdono (Cortina Editore)

Perdonare apre la via al bene

«Il perdono ci libera dal passato e ci dà la possibilità di guardare avanti. Questo è un grande dono cha facciamo a noi stessi, che alleggerisce il pensiero e apre la strada all’azione buona. Lo stesso vale per chi viene perdonato: il gesto scioglie il senso di colpa e consente di ripartire, aprendosi al bene. Penso a chi ha compiuto un atto irreparabile: è questa l’unica via d’uscita».

SALVATORE NATOLI  filosofo