Chi non sa più stupirsi ha perso un tesoro fondamentale che ci viene affidato in dotazione dalla natura nel momento stesso in cui nasciamo: è lo sguardo di incanto sul mondo, lo stesso potere di meraviglia che ci permette di rialzarci quando cadiamo e anche nella peggiore delle situazioni trovare un modo per rialzare la testa. In fondo, forse è proprio questo il segreto dietro una parola di cui abbiamo sempre più abusato negli ultimi anni. Dentro il senso profondo della resilienza c’è il sano stupore che ci fa spalancare le finestre sogni mattina e guardare al mondo come viaggiatori intergalattici immersi in una esistenza di cui continuiamo a sapere ben poco, a qualsiasi età, e in cui non abbiamo nessuna vera certezza.
Ogni giorno è un viaggio, noi scriviamo una mappa che si disegna nel tempo. Immagina di arrivare su un pianeta di cui non conosci la lingua né le regole necessarie per sopravvivere: è andata proprio così, all’inizio della tua esistenza. Non solo a te, è accaduto lo stesso a ognuno di noi. Arriviamo inermi, fra le braccia della vita, e ci dobbiamo affidare. Nell’infanzia ti svegliavi con una curiosità insaziabile verso il mondo e le cose dell’esistenza; ti attiravano la natura, le abilità di quelli più grandi, i colori, gli oggetti, imparare cose nuove e ciò che ancora non sapevi, praticamente tutto ciò che ti circondava. Tutto era fonte di stupore, voglia di esplorare e sperimentare. Quanto tu l’abbia effettivamente fatto è dipeso dagli adulti intorno e dal tipo di sistema, familiare e sociale, in cui ognuno di noi capita. Ecco perché siamo viaggiatori del tempo: il mondo è differente non solo per la geografia, bensì per la storia che ciascuno si trova ad affrontare.
Imparare a immaginare significa imparare a dare spazio allo stupore e meravigliarci, di nuovo, come facevamo da bambini: una strategia di sopravvivenza per trovare la bellezza nelle cose di tutti i giorni
Che cos’è la meraviglia? In lingua italiana la parola viene dal verbo latino “mirari”, ovvero “meravigliarsi, stupirsi” e quindi “ammirare, guardare con ammirazione”, ma anche “chiedersi con meraviglia, essere curioso di sapere“. Esiste anche un altro verbo capace di farci riflettere su un significato simile del termine “meraviglia”: si tratta dell’inglese “wonder”. La parola “wonder” indica sorpresa e ammirazione, ma viene utilizzata anche per esprimere un interrogativo.
Insomma, dietro alla meraviglia c’è una domanda. O meglio, nel processo stesso che ci porta a un atto di stupore si nasconde una rivoluzione, a livello cognitivo ed emozionale. Attonito, resto senza parole: mi meraviglio, e questa parola antica, attonitus, che l’etimologia ci racconta derivare dallo stordimento provocato dal fragore del tuono, ci ricorda che lo stupore genera silenzio. L’immaginazione appoggia sul potere del silenzio mentale. Abbiamo bisogno di fermarci per poter vedere di nuovo ciò che ci sfugge; abbiamo bisogno di fermare il mormorio incessante che lavora nella nostra testa, il pregiudizio e ogni considerazione, per riappropriarci della bellezza.
Un movimento che viene da dentro e incontra il fuori, come un’onda. Mondo interno ed esterno allora si fondono. Possiamo prendere per mano i nostri sogni e iniziare una danza: guardare il mondo e noi stessi attraverso il potere della bellezza genera una rivoluzione
Quand’è l’ultima volta che ti sei lasciata sorprendere da una magia? Sì, proprio così: una magia. Ha a che fare con tutti gli accadimenti della vita capaci di lasciare un segno. Non solo dentro i grandi eventi dell’esistenza: è dentro le piccole cose che troviamo la magia capace di accendere l’umore di una giornata. Il segreto non è là fuori, se non soprattutto qui dentro: la chiave è diventare esploratori, mescolare l’istintiva curiosità che abbiamo da bambini e le risorse dell’immaginazione per imparare (di nuovo) a guardare. Allora, improvvisamente, può accadere di riuscire a vedere. Forse sta già accadendo, se solo ci diamo tempo per accorgerci di tutto ciò che intesse di meraviglia quanto ci circonda.
“L’ora di immaginazione”: ritagliarsi tempo per… immaginare
Quando una donna avrà soldi e una stanza tutta per sè dove poter scrivere allora il mondo vedrà una rivoluzione, scriveva Virginia Woolf. Era il 1929. Ancora c’è molto da fare, sia per quanto riguarda l’indipendenza economica delle donne, sia il potersi e sapersi pensare libere, creatrici del proprio progetto. Eppure, dietro ai sognatori e alle sognatrici che hanno cambiato il mondo con i piccoli e i grandi gesti, c’è il potere dell’immaginazione: la capacità di immaginare una prospettiva di vita differente. La prima volta è successo quando qualcuno ti ha detto “no, non si può” e tu hai pensato: “perché no?”. Continua ad accadere: ogni volta che non ti arrendi, ogni volta in cui cerchi una risposta migliore e più soddisfacente, ogni volta in cui hai il coraggio di scavare a fondo e non accontentarti, trovare il modo per chiederti i tuoi sogni, migliorare il presente anche se di un solo passo, guardare dritto negli occhi la vita, chiederti che cosa ti dice il cuore… allora accade una magia.
Grazie all’immaginazione diamo forma alle nostre visioni. Anche di questo è fatta la storia dell’evoluzione: qualcuno ha teso la mano davanti ai propri occhi e ha immaginato al di là dell’orizzonte. Se così non fosse stato, saremmo rimasti ognuno nel proprio domicilio, mentale e fisico. Invece no, siamo andati alla scoperta: ci siamo mossi. Curiosità, bisogno: la fame, fisica e dell’anima, insieme all’immaginazione, il pensare di poter-fare, sono stati il motore propulsore del nostro movimento, interiore e geografico. A chiamarci sono i desideri dell’essere, le sirene che ci ispirano a esplorare l’ignoto: l’al-di-là, di cui conosciamo nulla e che, pure, ci sembra di conoscere perché popola l’immaginario delle nostre notti. All’alba di ogni nuovo giorno sogniamo di arrivare, finalmente, in quella nuova vita che da sempre scalda la passione del cuore. Prima, è necessario un atto fondamentale di immaginazione.
Se la stanza di cui si scriveva l’autrice britannica diventasse un territorio da immaginare? Non una stanza tutta per sé, ma un tempo tutto per sé: potremmo tradurla così questa ispirazione, di cui abbiamo ancora così bisogno. Perchè riguarda il tempo, quello di cui c’è bisogno per respirare, creare, concentrarsi su ciò che interessa. Dentro un momento ritagliato dalla routine quotidiana scopriamo lo spazio per la trasformazione, che in fondo, forse, non chiede altro che un istante in cui fermarsi e tornare a guardarsi dentro. Questo è uno dei motivi per cui vale la pena: (ri)trovare uno sguardo di meraviglia.
Cosa accade quando immaginiamo?
Immaginare a livello neurocellulare immaginare scatena una serie di conseguenze (ancora in gran parte sconosciute!) con un grande potere di cambiamento, anche a livello fisico. Stephen M.Kosslyn, neuroscienziato esperto di apprendimento e fondatore dell’Active Learning Sciences, da anni si occupa di questo. In che modo la mente, e il cervello, creano e utilizzano immagini mentali? Il nostro immaginario si costruisce come un ponte che va dalla percezione, a cui arriviamo attraverso i sensi, alla memoria, grazie alla quale archiviamo questi contenuti, che successivamente verranno ricombinati e riassemblati. Quando immagino qualcosa, questo crea una reazione su tutti i livelli: muscolare, nervoso, emozionale, cerebrale. Le neuroscienze, osservando il cervello attraverso le tecniche di neuroimaging, dagli anni Novanta hanno iniziato a mappare il cervello studiando le aree di attivazione quando, per esempio, facciamo o diciamo qualcosa. O anche solo, per l’appunto, quando pensiamo di fare o dire qualcosa.
L’immaginazione motoria, dall’inglese Motor Imagery, prevede la simulazione mentale di un atto motorio: si tratta della rappresentazione di una certa azione, senza alcun movimento nello spazio. L’immaginazione motoria viene sfruttata dalla terapia riabilitativa, per esempio nei pazienti di sclerosi multipla perché sono stati osservati effetti positivi sulla riduzione della fatica sia a livello cognitivo, sia fisico. Astenia e un permante senso di fatica costituiscono uno dei sintomi principali descritti da chi soffre di SM. Gli esperti hanno osservato che il movimento, anche senza la sua esecuzione, coinvolge processi spaziali e temporali simili alle azioni eseguite. Non è incredibile?
Tutto accade dentro, nella meravigliosa scatola nera del nostro cervello, il cilindro magico di un mago dove ogni cosa è possibile. Le conseguenze sono doppie: dentro e fuori di noi.
I bambini lo sanno: si può bere caffè invisibile, parlare con amici immaginari, trovare mostri sotto al letto. Il potere del gioco è dentro l’immaginazione: la capacità di sperimentare oggetti, situazioni e spazi “in assenza” ci consente di tornare al passato e pensare il futuro e così facendo, persino, trasformare il presente. L’immaginazione è una macchina del tempo, uno spazio dove dare vita al nostro Tempo. Saper immaginare ci apre a nuove possibilità, è una finestra sull’ignoto.
La filosofia del “come se”
Una celebre intuizione di Bruno Munari ci ricorda che “il pensiero pensa e l’immaginazione vede”. Chiamiamo “sogno” il posto dove la nostra mente va mentre dormiamo, ma… anche il luogo che vogliono raggiungere i nostri desideri. La parola “desiderio” viene dal latino, de-sidus: sidus significa “stella”, mentre la preposizione de indica un allontamento, una distanza. Desideriamo ciò che ancora non esiste? O meglio ciò che esiste ancora (solo) nella nostra testa e nel nostro cuore. In fondo, i desideri sono alimentati dalla mancanza, ma questo è anche ciò che rende l’irrequietezza terribile da sopportare. La mancanza ispira movimento, ricerca, passione: dentro tutto questo c’è anche l’immaginazione.
La “default mode network”, (DMN), detto anche “default network” o “default state network”, è la rete neuronale di default individuata negli ultimi anni dai neuroscienziati: si tratta di una vera e propria rete di strade e collegamenti presenti dentro di noi, nella nostra mappa cerebrale. La rete di default mostra di attivarsi durante lo stato di riposo, ma anche in altre condizioni della mente, per esempio quando sogniamo a occhi aperti. Si attiva sia quando pensiamo al futuro, sia quando ricordiamo il passato e gli studi mostrano che è alterata quando si soffre di Alzheimer o disturbi dello spettro autistico.
Immaginare un certo evento, o desiderio, ci aiuta nel momento in cui il “come se” aggiunge dettagli, intensità, emozione: queste tre variabili possono fare la differenza
Tu come usi la tua irrequietudine? Aspiriamo ad andare verso… ma “verso” cosa? La meta che aspiriamo raggiungere si trova nel territorio, attraente quanto pericolosamente scivoloso, della nostra mente inconscia: siamo vittime nelle nostre convinzioni e dei nostri pensieri, senza saperlo. Ecco un ottimo motivo per dedicare più spazio e attenzione ai nostri sogni a occhi aperti: ciò che occupa la nostra testa e il nostro cuore guida la giornata, anche quando non ne siamo consapevoli.
Il tempo ipotetico cambia il nostro presente: l’immaginazione potrebbe salvarci, o almeno darci una mano. Può accadere grazie al potere della meraviglia e della bellezza, perchè quando prestiamo attenzione alle cose che ci accadono e ritroviamo lo stupore che è puro entusiasmo, torniamo a essere bambini all’inizio dell’esistenza con la voglia di imparare; cessano i giudizi e usciamo dai ruoli. Torniamo dentro il flusso dell’esistenza in cui le magie accadono, se solo… osiamo pensarlo. Non sempre va come avremmo voluto, ma sempre c’è una possibilità per imparare dalla vita e… continuare a chiedere al cuore che cosa immaginare per coltivare la nostra felicità, giorno dopo giorno.