Problem solving: come focalizzarsi sulla soluzione
Cosa è il problem solving? Non si tratta solo di saper “risolver problemi” (se vogliamo tradurre letteralmente), ma anche e soprattutto di adottare una serie di strategie per ribaltare il punto di vista della nostra vita.
«Ognuno di noi si crea una sua propria realtà e poi finisce per trascorrere il resto del tempo a lamentarsene. Avete mai notato che, quando la torta vi si brucia nel forno, la colpa è sempre… del forno? Chissà perché noi ci sentiamo sempre vittime innocenti»
Inizia così il libro di Virgile Stanislas Martin, insegnante certificato di PNL, coach e terapeuta, il cui titolo è già uno stimolo a cambiare direzione: Non ci sono problemi, solo soluzioni (Feltrinelli Urra).
«I nostri genitori ci hanno trasmesso questa visione del mondo nel corso della nostra infanzia e noi continuiamo a vivere in un mondo atroce, nel quale le torte bruciano sempre per colpa dei forni! Ma un altro mondo è possibile» avverte l’autore «L’unica soluzione consiste nel cambiare punto di vista sulla situazione e nel comportarsi in modo differente».
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Da una logica analitica ad una logica sistemica
Il primo errore? Cercare di comprendere il problema: questo genera una sorta di paralisi mentale. Quando le cose non vanno, siamo abituati a chiederci il perché, e spesso finiamo per dare la colpa a qualcuno. L’abbiamo imparato a scuola, dove ci hanno insegnato ad affrontare i problemi con una logica analitica.
Il fatto è che la realtà è ben più complessa di un quesito matematico: siamo interconnessi gli uni agli altri, per questo abbiamo bisogno di affrontare gli avvenimenti quotidiani con una logica sistemica, legata alle interazioni. Se vogliamo spegnere il fuoco di un caminetto non serve granché tornare a quando e come è stato acceso, più importante è capire che cosa lo alimenta e come possiamo interromperlo.
Andiamo sempre in cerca di un colpevole, perché tendiamo a rappresentarci come vittime anziché in qualità di responsabili di ciò che ci accade. La tendenza a dare la colpa, tuttavia, è esattamente ciò che ci impedisce di prendere le nostre responsabilità.
«Questo errore si basa sul presupposto che se riusciamo a individuare il colpevole, sarà lui a dover risolvere il problema al posto nostro. Ma, dal momento che non è l’altro a essere il vero responsabile dei nostri problemi, non potrà fare molto per noi».
Il cambiamento è una scelta per essere protagonisti della nostra vita
Quante volte da bambini abbiamo detto “non è colpa mia”? Involontariamente replichiamo questo meccanismo in moltissimi ambiti della nostra esistenza quotidiana e in realtà, giustificando noi stessi, ci allontaniamo dalla possibilità di diventare protagonisti della nostra vita. Più rimandiamo ad altri la soluzione o il problema stesso, meno ci assumiamo la responsabilità di cambiare come nostra scelta.
Per evitare i problemi utilizziamo il silenzio (ti proibisco di parlarne), oppure l’illusione, facendo finta, spesso anche con se stessi, che tutto vada bene. Anche la tendenza a rimuginare non funziona, perché amplifica l’overthinking senza, in realtà, andare verso la soluzione. «Sfortunatamente, la gravità del problema è legata anche alla nostra disponibilità a comprendere il problema stesso».
Ogni giorno utilizziamo mappe mentali, tuttavia «si finisce per confondere la propria mappa con la realtà; il che equivale un po’ a insistere nel voler mangiare il menu al posto del piatto».
«Spesso anche il significato che diamo agli eventi che ci accadono tende proprio a confermare il nostro schema» spiega l’autore e proprio a causa di questo rifiutiamo di dare affetto o lo diamo alle persone sbagliate, diventiamo vittime del senso di colpa, soffriamo di complessi di superiorità o inferiorità. Interpretiamo le azioni degli altri secondo il nostro schema.
Tu non vali niente: credenze limitanti come questa, ascoltate da bambini, entrano nel dna. Da adulti i nostri comportamenti e le nostre convinzioni rifletteranno questa visione limitata del mondo. I limiti delle nostre azioni e del nostro linguaggio, in fondo, rispecchiano i limiti delle nostre mappe mentali.
Smetti di alimentare il problema. «Avete notato che si finisce sempre per trovare ciò che si cerca? Quindi, se siete in cerca di problemi da risolvere, che cosa vi manderà la vita? Ma dei problemi, naturalmente!». Per ottenere un risultato diverso dobbiamo smettere di comportarci nello stesso modo, avere le stesse reazioni, dire cose che abbiamo già detto. Cambiare schema comportamentale non è facile, perché implica mettersi in gioco. Riprendere la responsabilità della propria vita e delle scelte di ogni giorno. A volte abbiamo bisogno di accrescere il problema prima di risolverlo, tocchiamo il fondo prima di risalire a galla.
Cambiare vuol dire accettarsi per come si è
«Esiste un curioso paradosso: solo quando mi accetto così come sono, posso cambiare» (Carl Rogers): rifiutare la situazione può diventare parte del problema, ecco perchè la sfida è allenarci a osservare noi stessi, mettere in discussione le nostre convinzioni, gli schemi mentali abituali, il modo in cui ci comportiamo con gli altri.
Spesso non vediamo che il cuore è pesante per le aspettative che in segreto nutriamo, le frustrazioni che fatichiamo ad ammettere. «Quando fatichiamo a tirare avanti, a volte è perché siamo bloccati in una transizione o non riusciamo a elaborare un lutto. È necessario imparare a voltare pagina, per scrivere un nuovo capitolo della nostra vita».