Se mentre leggi queste parole senti gli occhi che si chiudono e i pensieri che si ingarbugliano, potresti avere anche tu un problema di Revenge Bedtime Procrastination. La tipica serata di chi è vittima di questa tendenza, in genere, comincia con una solenne promessa. Le parole cambiano, il succo è questo: “Oggi non ci casco, andrò a letto prestissimo“. Ma, ovviamente, solo dopo aver guardato una puntata della serie di cui tutti parlano. Anzi, due. Poi una breve telefonata all’amica in crisi, un paio di messaggini, un giretto su Vinted. E come evitare di dare l’acqua ai fiori, fare una maschera di bellezza, riordinare il cassetto della biancheria intima? Un po’ di scrolling su Instagram, e il danno è compiuto: si è fatto tardi, domattina la sveglia suonerà alla solita ora e saranno dolori.
Cos’è la Revenge Bedtime Procrastination?
La Revenge Bedtime Procrastination è un fenomeno di cui si è cominciato a parlare durante il periodo del Covid, quando l’aumento dello stress e l’alterazione dei ritmi quotidiani hanno causato un boom dei disturbi legati al sonno. «La Revenge Bedtime Procrastination è la tendenza a rimandare, in modo più che altro volontario, il momento in cui si va a dormire. L’obiettivo è sfruttare le ore serali per occuparci di attività e passioni a cui, durante il giorno, per colpa della mancanza di tempo libero, non siamo riusciti a dedicarci come avremmo desiderato», spiega il dottor Andrea Galbiati, psiconeurologo e psicoterapeuta, ricercatore dell’Università Vita-Salute San Raffaele e dell’IRCCS dell’Ospedale San Raffaele.
Le conseguenze della Revenge Bedtime Procrastination
L’Organizzazione Mondiale della Sanità, in accordo con la statunitense National Sleep Foundation, consiglia per gli adulti una media di otto ore di sonno notturno. Una quota che chi tende alla Revenge Bedtime Procrastination difficilmente riesce a raggiungere. «Nessun problema se fosse sempre domenica e si potessero recuperare di mattina la ore di riposo perse nella prima parte della notte», osserva il dottor Galbiati. «La sveglia che suona, però, interrompe anzitempo il sonno e questo ha un impatto negativo sulle nostre giornate. Le performance intellettuali e lavorative peggiorano, la memoria vacilla e mantenere la concentrazione è un’impresa. Possiamo risentirne anche a livello emotivo e relazionale: diventiamo più irritabili e negativi, e facciamo fatica a reagire prontamente di fronte a difficoltà e imprevisti».
Attenzione al recupero nei weekend
Da tendenza sbagliata ma intenzionale, a disturbo subìto: specie per alcune persone già predisposte a soffrire di insonnia, la Revenge Bedtime Procrastination potrebbe trasformarsi in un lasciapassare per un problema più importante. «Capita soprattutto ai “gufi”, come vengono chiamati gli individui che, per predisposizione genetica – o meglio, per cronotipo biologico -, starebbero alzati fino a notte fonda, mentre faticano a essere lucidi e dinamici nella prima parte della giornata», dice il dottor Galbiati. «Se dopo una settimana passata a tirare tardi, nel weekend recuperano dormendo fino a mezzogiorno, i giorni successivi faranno ancora più fatica ad andare a dormire, accentuando la “procrastinazione” a livelli di guardia».
Così guarisci dalla Revenge Bedtime Procrastination
Il circolo vizioso della Revenge Bedtime Procrastination può essere interrotto attraverso un’adeguata igiene del sonno. «Le tre parole magiche sono “keep it regular”, mantenere la regolarità», suggerisce il neuropsicologo. «Sforzatevi di andare a letto tutte le sere alla stessa ora, in modo da garantirvi una giusta dose di riposo. Cercate di mettere a punto una routine pre-sonno rilassante. Evitate gli alcolici e, ovviamente, le bevande a base di caffeina e teina, state il più possibile alla larga da device e smartphone. Abbassate le luci, leggete un libro, fate un esercizio di respirazione o un po’ di stretching dolce. Mandate al vostro cervello il messaggio: “Adesso si dorme”». E poi, non aspettate il tramonto per ritagliarvi dei momenti da dedicare a voi stessi: programmateli durante il giorno, segnandoli in agenda come fossero impegni di lavoro da rispettare per forza. A sorpresa, anche quindici minuti di break potrebbero rivelarsi utili.
Quando occorre l’intervento dello specialista
E se il problema dovesse persistere e cronicizzarsi? «Allora conviene rivolgersi a uno specialista esperto in medicina del sonno», consiglia il dottor Andrea Galbiati. «Ogni caso rappresenta una storia a sé, ma non è detto che sia necessario ricorrere ai farmaci: per imparare a essere di nuovo buoni dormitori potrebbe bastarvi una terapia cognitivo-comportamentale, in grado di sfruttare la naturale predisposizione al sonno che è insita in ogni essere umano».