Madre e figlia: quando il rapporto è conflittuale
Nonostante nelle famiglie di oggi ci sia maggiore attenzione ai figli da parte dei genitori, un certo conflitto generazionale permane, anche se in misura minore che in passato.
«Un moderato livello di contrapposizione che caratterizza le relazioni tra genitori e figli adolescenti può essere considerato come un semplice fenomeno adattivo, che segnala la necessità di un cambiamento della relazione, più che una sua rottura» – spiega lo psicologo Roberto Pani, docente di psicologia clinica all’Università di Bologna.
Ma come mai il conflitto tra madre e figlia può assumere connotati molto intensi se non dolorosi?
«La spiegazione consiste nel fatto che è la madre che a livello profondo e inconsapevole rappresenta quella sorta di calamita che attrae le figlie verso un passato di cui avvertono in parte il richiamo».
Cambiamento del rapporto durante l’adolescenza
All’inizio, soprattutto nel primo anno di vita, per la mente del bambino c’è solo la “mamma tutto”, in un rapporto all’insegna della totale dipendenza.
Nel passaggio dall’infanzia all’adolescenza è proprio quella figura “arcaica”, antica, di madre onnipotente che si ripresenta nell’inconscio dei figli. Questa madre, in cui il preadolescente è tentato a volte di rifugiarsi prima di riprendere l’itinerario dell’autonomia, ha un aspetto fortemente ambivalente: da un lato con la sua presenza lo rassicura, dall’altro lo angoscia facendolo sentire totalmente dipendente. «È questa “madre interna”, questa figura dell’immaginario che spesso ha poco a che fare con la madre reale, che pone i figli di fronte alla necessità di svincolarsi, di spezzare l’originaria simbiosi per affermare la propria identità. Quanto detto fin qui è vero sia per i maschi che per le femmine. La ragazzina, tuttavia, incontra una difficoltà maggiore a separarsi dalla madre, perché l’identità di genere rende più speculare il rapporto madre-figlia.» – spiega lo psicologo Roberto Pani.
Svalutazione della figura materna
Accade così che avvicinandosi alla pubertà la figlia preadolescente comincia ad avvertire che l’attaccamento alla madre rappresenta un pericolo per la conquista della propria femminilità: questo legame così intenso, anche nella sua ambivalenza, la riporta infatti a quelle forme di dipendenza infantile che cerca in ogni modo di contrastare.
«Per queste ragioni accade che la ragazzina passi dalla sopravvalutazione di una figura materna onnipotente, sia nei suoi aspetti positivi che negativi, a forme di svalutazione che non hanno più l’ingenuità delle critiche infantili. I suoi attacchi assumono ora il tono di un confronto tra donne, in cui a volte si insinua l’invidia: un sentimento non consapevole, che può esprimersi attraverso manifestazioni di disprezzo del tutto immotivate, che sembrano avere come unico scopo la volontà di ferire la madre. Come ogni meccanismo di difesa, anche la svalutazione della figura materna ha i suoi effetti protettivi: serve a ridimensionare la forte idealizzazione che fa apparire la madre come un modello irraggiungibile. Si inaugura cioè, nella relazione dell’adolescente con la madre, un meccanismo presente anche nelle relazioni fra adulti: ad una idealizzazione eccessiva e acritica segue quasi inevitabilmente una fase di svalutazione, spesso altrettanto acritica ed eccessiva» – continua lo psicologo Roberto Pani.
Ricerca della propria identità
Per quanto irritanti e spesso dolorosi possano essere per una madre gli atteggiamenti svalutativi della figlia, non va dimenticato che in realtà essi rappresentano il segnale di una svolta che non solo è inevitabile, ma anche positiva. È, infatti, proprio attraverso questo nuovo sguardo critico che la ragazzina comincia ad allentare il legame affettivo dell’infanzia in cui si sente ancora rinchiusa.«È un legame da cui deve liberarsi per avvicinarsi ad altre relazioni femminili che le consentiranno di arricchire l’identificazione originaria con la madre affiancandole una serie di altri modelli, utili per completare il mosaico della sua femminilità in modo più libero e autonomo» – spiega lo psicologo Roberto Pani.
Desiderio di crescita
Se in questa fase il padre rimane di solito indenne dagli attacchi più o meno espliciti della figlia è perché per le preadolescenti l’attaccamento alla madre rappresenta un pericolo maggiore che non l’attaccamento al padre: il legame con la madre costituisce infatti un ostacolo più grave al desiderio della preadolescente di diventare grande.
«Da questo punto di vista, allora, meritano in fondo maggiore attenzione le situazioni in cui la ragazzina continua a vivere all’ombra della madre, mantenendo nei suoi confronti un’ammirazione che la spinge ad imitarla, a essere come lei, e nello stesso tempo a ritirarsi in un mondo infantile. Certo, con una figlia che non contesta mai la madre tutto fila più liscio, senza contrasti e senza conflitti. Ma in questa calma in cui sembra non avvenire nulla potrebbero addensarsi le ombre di un difficile distacco dalla figura materna e di una maggiore fatica di crescere. C’è un ulteriore elemento, meno “universale” e più legato ai tempi, che può complicare, a un livello meno visibile, il rapporto tra madre e figlia adolescente». – conclude lo psicologo Roberto Pani.