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Quando compri una giacca, scegli una crema o entri in farmacia, usa questa guida. Sarà tutto più facile
di Giorgia Nardelli
17.06.2014
Hai sempre creduto che una giacca in ecopelle fosse un capo che rispetta in ogni caso gli animali. E che i rimedi omeopatici fossero fatti solo con sostanze vegetali.
Ebbene non è sempre così: sui prodotti “cruelty free” (cioè privi di crudeltà verso la natura) c’è ancora molta confusione. Con l’aiuto degli esperti abbiamo smascherato i falsi miti più diffusi e trovato le soluzioni più facili per fare acquisti tutelando veramente gli animali.
Piccoli grandi gesti eco friendly che fanno la differenza
Il simbolo a sinistra (in alto) indica che un cosmetico non è stato testato su animali, né preparato con ingredienti ottenuti dalla loro uccisione.
Secondo l’Eurispes, noi italiani siamo sempre più attenti al trattamento riservato agli animali. L’81,6% è contrario alla sperimentazione su di loro, il 74,3% dice no alla caccia e l’85,5% dichiara di non usare pellicce per motivi etici.
LE COSE STANNO COSÌ «A differenza dei farmaci convenzionali, questi non devono essere testati sugli animali per poter essere messi in commercio» spiega Michela Kuan, responsabile campagna vivisezione della Lav. «Ma non vuol dire che siano assolutamente cruelty free. Alcuni rimedi omeopatici contengono secrezioni di anfibi e rettili, parti di animali o di insetti. Per esempio il bufo rana, un farmaco che cura i disturbi dell’umore a base di veleno del rospo; o la cartilago suis, utile contro i reumatismi, che contiene la cartilagine di maiale».
LA SOLUZIONE Durante l’acquisto, ci si può orientare a partire dal nome stesso del prodotto che, in genere, riporta quello dell’animale con cui è stato fatto. In alternativa, visto che, per legge, in Italia questi medicinali non hanno il foglietto illustrativo, occorre chiedere al medico o al farmacista.
LE COSE STANNO COSÌ «La verità è che i capi in ecopelle o ecocuoio possono essere di due tipi. I più diffusi sono realizzati con autentica pelle di animale e l’aspetto eco sta solo nella concia, fatta con procedure e sostanze più rispettose dell’ambiente» spiega Simone Pavesi, responsabile della Campagna pellicce della Lav. «Ci sono poi i capi in ecopelle vegetale, questi sì cruelty free. Si riconoscono perché, in etichetta, vengono indicati con il suffisso Vegetan».
LA SOLUZIONE Guardare l’etichetta. Se c’è il marchio UNI 11427 ecopelle, è pelle di animale. Se, invece, non c’è questo logo, vuol dire che il capo è stato fatto con sostanze vegetali.
LE COSE STANNO COSÌ L’Unione Europea ha bandito fin dal 2004 questi test per i prodotti di bellezza. E, nel marzo 2013 si è aggiunto lo stesso divieto per i singoli ingredienti che li compongono. «Ma, come sempre, c’è chi fa il furbo» spiega Michela Kuan. «Sono le aziende che ottengono l’autorizzazione alla vendita prima di procedere con ulteriori test che, poi, svolgono fuori dall’Europa».
LA SOLUZIONE «Puoi puntare sulle aziende che hanno aderito al protocollo internazionale “Stop ai test su animali”: il simbolo è un coniglio e si trova sulla confezione» dice l’esperta.
LE COSE STANNO COSÌ «Non è vero. Non tutti i materiali “animal free” hanno lo stesso impatto sull’ambiente» dice Simone Pavesi, responsabile Campagna pellicce della Lega AntiVivisezione. «Dipende da come sono ottenuti: se, per esempio, nella coltivazione vengono usati pesticidi, se le acque reflue sono state bonificate e così via».
LA SOLUZIONE Cercare in etichetta una delle certificazioni “ecolabel”. Ce ne sono molte, come Oeko-Tex, Global Recycle e così via. L’elenco completo si trova su ww.isprambiente.gov.it/it/ certificazioni/ecolabel-ue: stampalo e portalo con te. Sarai sicura di scegliere un prodotto con un basso impatto ambientale.
LE COSE STANNO COSÌ Che i polli di batteria trascorrano la loro esistenza in gabbie minuscole, illuminate 24 ore su 24 e senza la possibilità di muoversi, è un fatto. Ma gli esemplari “allevati a terra” non stanno molto meglio, sempre chiusi in capannoni in 12 esemplari per metro quadro. Diverso, invece, il caso delle galline allevate all’aperto: almeno vedono la luce del sole e, durante il giorno, sono libere di razzolare.
LA SOLUZIONE Al momento dell’acquisto guarda il codice riportato sulla confezione. Se il primo numero è 0 vuol dire che le uova provengono da galline allevate in gabbia; se è 1 in capannoni, se è 2 vuol dire che i polli vivono all’aperto e, infine, se il primo numero è 3 si riferisce ai prodotti di un allevamento biologico (www.gallinelibere.lav.it).
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