Il ritardo cronico: la spiegazione psicologica
Lo avrai notato: alcune persone hanno la cattiva abitudine di essere cronicamente in ritardo. C’è una spiegazione psicologica? Lo abbiamo chiesto al Prof. Roberto Pani, psicoanalista a Bologna.
«In linea generale, il ritardo potrebbe dipendere da un bisogno di mettere da parte un senso di soffocamento che deriva da un difficile rapporto con l’autorità.
Si tratta ovviamente di un pensiero non cosciente, ma che potrebbe riguardare un bisogno di esprimere disobbedienza, rivolto in modo specifico a qualcuno del passato – per esempio a un genitore – che rappresenta la “figura autoritaria”. Per il ritardatario cronico, la persona con cui ha appuntamento evoca quel genitore autoritario a cui si doveva obbedire. E così, arrivando tardi all’appuntamento, tenta di ribellarsi. Naturalmente senza realmente volerlo (o saperlo).
Dietro il ritardo cronico però non sempre ci sono motivi evidenti: i genitori appaiano come autoritari o sono percepiti come tali, pur non essendolo. Questa percezione “falsata” accade per esempio alle persone che hanno avuto delle madri non necessariamente severe, ma che sono state vissute come troppo richiedenti (di attenzioni, di doveri, di controllo ecc.), al punto da essere percepite come iperprotettive.
Chi è il ritardatario cronico
Dal punto di vista psicologico, la persona ritardataria potrebbe aver percepito come costante la richiesta di non deludere le attese dell’altro. Così dalle figure familiari più arcaiche, il ritardatario cronico “trasferisce” inconsciamente il suo senso di oppressione su altre persone con cui ha appuntamento. Persone che a lui appaiono “richiedenti”, sia nei rapporti professionali che privati.
In altre parole, il soggetto a un certo punto dell’infanzia sviluppa interiormente un tipo di carattere che, per evitare la costrizione a obbedire, (che gli ricorderebbe la vecchia oppressione), lo porta a contestare la puntualità, perché questa suonerebbe come sottomissione.
La sottomissione va a braccetto con la dipendenza, a cui si risponde con una inconscia protesta che diventa un tutt’uno con la disobbedienza automatica: questa sfocia quindi nel puntuale ritardo. Ecco la spiegazione psicologica del ritardo cronico. Alcuni arrivano a perdere treni o aerei!
Il bisogno di sfida e il ritardo cronico
Un altro motivo che spiega il costante ritardo – non trascurabile, dato che può invalidare importanti appuntamenti – riguarda il bisogno di sfida del ritardatario. Che può mettere inconsciamente alla prova l’affetto della persona con cui ha appuntamento.
Sempre secondo un’ottica psicoanalitica, immaginiamo il ritardatario cronico come un bimbo che teme l’abbandono, il che viene percepito come una terribile minaccia. Il pensiero inconscio è il seguente: arrivando puntuale (o in anticipo), teme di rimanere solo perché l’altro potrebbe non presentarsi all’appuntamento. È come se il ritardatario volesse sempre farsi attendere in modo egocentrico: se tu mi aspetti, vuol dire che mi vuoi bene! Se vengo puntuale vuol dire che sono sottomesso e dipendente da te. Non saprò mai quanto valgo per te.
Il ritardatario cronico può “guarire”?
Se questa abitudine compromette la normale vita di relazione c’è una soluzione? Si può correggere?
Il problema è che il ritardo cronico è un comportamento inconscio: anche se le intenzioni sono di arrivare puntuali, automaticamente vengono disattese. Parliamo di chi è sempre in ritardo di oltre i 30 minuti!
Si tratta, infatti, di un aspetto del carattere che si assume precocemente – negli anni dell’infanzia, preadolescenza o adolescenza – e che offre una sorta di sicurezza. Del resto, il ritardatario si sente rassicurato dal fatto che prima dell’appuntamento ha potuto portare a termine molte faccende personali.
Come comportarsi con un ritardatario cronico
Come possiamo ottenere maggiore rispetto dal ritardatario cronico?
Evitare di fare un braccio di ferro con lui, come ad esempio far finta di niente, scherzarci su e perdonarlo che sono tutte reazioni che danno soddisfazione al suo egocentrismo. Meglio, invece, richiamarlo alla necessità di essere puntuale, pena la realistica perdita di un programma (che riguarda anche il ritardatario). Evitare di sfogare la nostra rabbia a causa della mancanza di rispetto nei nostri confronti, ma meglio parlarne in modo sereno ma assertivo, per quanto possibile.
Alcuni pazienti arrivano in seduta molto in ritardo per i motivi più disparati, ma – come ho accennato – il bisogno di protagonismo, di egocentrismo, di sfida e di competizione, non si può “battere” con commenti minacciosi.
Personalmente mi limito a segnalare al paziente i minuti del suo ritardo. Quando dal punto di vista psicologico, il paziente è in grado di comprendere il senso del suo ritardo, affronto l’argomento. Solo allora il paziente può comprendere che il suo ritardo in seduta è stato trasferito sulla mia persona, come se fosse una sfida rivolta a qualcun altro del suo passato.
Si ringrazia il Prof. Roberto Pani, psicoanalista e psicodrammatista a Bologna