È pomeriggio. Sono su un treno che mi porterà a Torino per lavoro. Amo Torino, amo questo treno, nonostante i suoi 40 minuti di ritardo. Mi fermerò a dormire in un albergo prenotato da altri, stanza doppia uso singola, come una regina. Forse domani la colazione sarà a buffet. Viaggio leggera ma con due paia di scarpe perché non si sa mai. Nella borsa ho un vestito bello, sulle labbra un rossetto rosso fiammante di cui vado molto fiera. Eccessivo forse? Non per me, non ora che sono nel punto più alto del mio giro sulle montagne russe che sono gli sbalzi d’umore in menopausa.

Un giro sulla montagna russa delle emozioni

Mi sento sfrenata e, modestamente, splendida. Ho l’impressione che neppure l’aitante giovanotto seduto qui, di fronte a me, sia immune al mio fascino. Mi sorride e attacca bottone in modo pretestuoso. Mi parla dei ritardi ferroviari, del tempo, della primavera, che meraviglia la primavera, no? Sono certa che continuerebbe se lo incoraggiassi. Perché adesso, in quest’ora dolce, sul sedile di questo Frecciarossa, io sono irresistibile. No, non ho alcun solido motivo, né tantomeno il conforto dell’evidenza empirica, a sostegno di questa esplosione di autostima. È arrivata così e, finché dura, me la tengo stretta. Purtroppo so che è effimera. Non più tardi di due ore fa ero a casa mia, scegliendo cosa mettere nel trolley, immersa nel pozzo nero della mia miseria esistenziale.

Allo specchio vedevo l’ombra derelitta di me stessa: incarnato spento, rughe, occhiaie, capelli indomabili e un’incipiente ricrescita a fare capolino. «Sei senza speranza, il pallido ricordo della gloria che fu, opaca, cadente e sgradevole» mi dicevo con la ferocia che scateno solo su me stessa. E non si tratta di un’altalena percettiva puramente estetica. Il mio ottovolante attraversa, gioioso e frenetico, territori emotivi persino più insidiosi.

Convivere con gli sbalzi d’umore della menopausa

Stamattina, appena sveglia, provavo l’ardimentosa euforia dei grandi conquistatori. Mi sentivo pronta per dirigere una multinazionale dell’acciaio, un’orchestra sinfonica, la Città del Vaticano, incluse le 135 guardie svizzere. Già intorno a metà giornata l’arroganza mi ha abbandonata. Un infelice scambio in chat con una collega trentenne ha spento ogni baldanza. In un battito di ciglia mi sono ritrovata a marciare sul viale del tramonto della mia vita professionale, destinata a un crepuscolo inglorioso e a una terza età senza pensione, arrancando ben sotto la soglia di povertà.

Del resto, il confronto con le giovani generazioni è spesso impietoso e ansiogeno. Adesso sono qui, su questo treno, uno strisciante delirio di onnipotenza, a flirtare con quel fusto seduto di fronte, padrona del mondo, in attesa del prossimo giro. Pare sia normale. Gli sbalzi di umore sono tra i tanti effetti della menopausa, con cui bisogna imparare a convivere. Arriviamo a Torino, abbaglio il dirimpettaio con il mio miglior sorriso e scendo dalla carrozza. Sono lieve. Troppo lieve: mi accorgo con orrore che ho dimenticato il trolley sul treno che si è già rimesso in moto. Pare sia normale anche questo. Per il resto tutto bene.