La cultura del bere miscelato, come succede da qualche anno a quella del cibo, sta diventando un vero e proprio atteggiamento del gusto globale. A partire dall’estero – paesi anglosassoni in primis – e a pioggia
anche in Italia, l’approccio al bartending sta profondamente cambiando spostandosi nella direzione di una sempre maggiore attenzione alla ricerca, alla qualità – sia degli spiriti che della preparazione – e alla riscoperta delle tradizioni.
Nascono un po’ ovunque nel mondo, micro-distillerie che recuperano antico saper fare e specificità locali per creare boutique spirits sempre più legati alle materie prime del territorio d’origine e al contempo assistiamo
all’ascesa nell’empireo delle star di una nuova generazione di barman e bartender che rischia di offuscare l’ormai consolidata figura dello chef nell’immaginario contemporaneo.
Figure mitologiche, metà uomini e metà bancone, sono moderni alchimisti che rendono omaggio all’arte della miscelazione o mixology. Perché, va detto, questa specialità parla la lingua di Sua Maestà la Regina.
Professionisti del bicchiere che, da qualche mese a questa parte, possono vantare anche la nascita di un social network a loro interamente dedicato: Wispr, The Wine & Spirit Society. Una sorta di Linkedin per addetti ai lavori – ma aperto a tutti gli appassionati – che possono, in questo modo, scambiarsi idee, suggerimenti, indirizzi, ricette e opinioni.
Insomma, un universo tutto da scoprire che proviamo a indagare attraverso alcuni di questi veri e propri “templi” del drink, sia italiani che internazionali.
Artesian Bar, Londra
Il nostro giro non può che cominciare da quello che viene, ad oggi, considerato il miglior cocktail bar al mondo. Dall’Artesian Bar, all’interno del Langham Hotel di Marylebone, Alex Kratena, origini cecoslovacche, detta legge sulle tendenze del beverage internazionale. I suoi cocktail, suddivisi in Unfolding e Exploring, cambiano ogni anno e nessuno è uguale all’altro. A partire dalla forma del ghiaccio utilizzato: secco, pestato o sotto forma di cubi, sfere, diamanti, rocks, rende omaggio (insieme al nome del locale) all’antica, e ormai scomparsa, fonte artesiana a cui nel lontano 1865 si abbeveravano i clienti dello storico hotel. Fino ai bicchieri, appositamente creati per mantenere il drink alla giusta temperatura e esaltarne la consumazione. Le creazioni di Alex sono emozioni in forma liquida e nascono da una profonda conoscenza unita al costante lavoro di ricerca svolto insieme ai maggiori esperti di botanica al mondo. Radici, funghi, miele, spezie vengono arditamente combinati agli alcolici per creare la miscela perfetta, capace di coinvolgere all’unisono tutti i sensi.
B.Y.O.C., Londra
Rimaniamo nella capitale inglese (per mappare il suo affollato panorama di cocktail bar di qualità non basterebbe lo spazio di un intero post) questa volta per provare un’esperienza alquanto inedita. B.Y.O.C.: non saràquesto il nome che vedrete sull’insegna ma un ben più anonimo Bedfordbury Street Juice Club. Dovrete addentrarvi alla fine di una scala sul retro di questo store-front per ritrovarvi improvvisamente catapultati nell’atmosfera degli anni del proibizionismo. Ma c’è di più, questo non è semplicemente uno speakeasy, ossia un bar “clandestino”. B.Y.O.C sta per: Bring Your Own Cocktail. In questo atipico bar, infatti, non si vendono alcolici, non c’è una lista dei cocktail e la materia prima dovete portarla voi. Ci penserà il team di provetti bartender, ma sarebbe meglio definirli chimici, a miscelarla per voi con succhi di frutta e verdura, sciroppi e bitter tutti rigorosamente fatti in casa, in base al vostro gusto e al vostro mood.
Gin012 The Gin Experience, Milano
Il nome parla chiaro, Gin012 si prefigge di essere l’ultimate experience in tema di gin nel vero senso della parola. Il bar, infatti, è un omaggio all’indiscusso protagonista del bere contemporaneo e propone 40 etichette, da quelle più diffuse a quelle a bassa tiratura ottenute con botanici locali (come VOR, il solo gin islandese o il Brecon Gin, l’unico prodotto in Galles) e comunque tutte selezionate in base all’autenticità dei metodi di distillazione. Dal grande banco vengono servite combinazioni pressoché infinite di Gin Tonic e il vero must del locale: i Martini cocktail. Un luogo pensato non solo per bere il gin ma anche per imparare a farlo nel modo
giusto e a riconoscerne la qualità.
BackDoor43, Milano
La città meneghina non è da meno in quanto a creatività. Il BackDoor43 ha solo pochi mesi e nasce come un concept fortemente innovativo. Per due motivi. Il primo è che, attraverso una finestrella aperta al civico 43 di
Ripa di Porta Ticinese – proprio di fianco allo “storico” e consolidato cocktail bar Mag Cafè, di cui è una filiazione – vende cocktail “da asporto” in appositi bicchieri di carta. I drink tra cui scegliere e incamminarsi lungo il Naviglio sono cinque e non scelti casualmente, ma in rappresentanza della storia degli spirit: a tal fine ogni bicchiere “svela” la vera storia della bevanda in questione. Il secondo motivo è che all’interno si cela il bar più esclusivo del mondo e mai questo aggettivo fu più vero. Su prenotazione, infatti, il locale ospita solo due persone alla volta che potranno beneficiare di un mixologist (con tanto di maschera alla V for Vendetta) completamente dedicato.
Lidkoeb, Copenhagen
Non potevamo non ripassare da qui (link al post su copenhagen) per aggiungere un ulteriore tassello al mosaico dei cocktail bar più in voga del momento. E nello specifico ritorniamo in Vesterbrogade dove, in un
cortile, dietro un portone rosso si cela Lidkoeb. Il locale, frutto dell’iniziativa di Adeline e Rasmus Shepherd-Lomborg – la coppia dietro il famoso bar Ruby – ha sede in un palazzo in mattoni che era un antico laboratorio farmaceutico e si sviluppa su tre livelli. Al piano terra il vero e proprio cocktail bar vi accoglierà con la sua atmosfera calda e confortevole sottolineata da panche il legno ricoperte da morbide pelli di pecora, un caminetto – acceso nei freddi mesi invernali – circondato da comode sedute in pelle e bartender tanto talentuosi quanto amichevoli. Ai piani superiori trovano spazio un bar più intimo con un’area fumatori e una sorta di “whiskey club” interamente dedicato agli appassionati del genere. Su richiesta lo staff organizza seminari e workshop per esplorare il fantastico mondo delle bevande alcoliche.
Apotheke, New York
Il connubio alcol-rimedio farmaceutico ritorna nella Grande Mela. Qui, tra i vicoli di Chinatown, l’indirizzo da non perdere, segreto quanto basta, è l’Apotheke. Una volta oltrepassata la tenda di velluto rosso si dischiude un mondo di divani arabescati e soffitti intarsiati, ripiani in marmo di Carrara e teche in legno che rimandano ai bistrot francesi della Belle Epoque e alle drogherie di un tempo. Vanto del locale è, non a caso, l’”assenzio della casa” fatto a partire da una ricetta vecchia di 200 anni. I barman-farmacisti in camice bianco si esibiscono dietro il bancone in un infinito numero di cocktail pensati come ricette terapeutiche: Pain Killers, Stimulants, Stress Relievers, Euphoric Enhancers sono solo alcune delle categorie del menu-prescription list. E non trattasi di semplice boutade. Il locale aderisce, infatti, alla filosofia Farm to Bar e utilizza solo ingredienti
biologici – tra cui erbe, radici e bacche – provenienti da mercatini locali o dall’herb garden coltivato sul loro rooftop.
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