Segui l’istinto. Vai dove ti porta il cuore. Fidati di te stessa. Piantala di pensare e buttati. Di fronte alla nostra indecisione, c’è sempre qualcuno che ce lo consiglia. In totale buona fede, con ferma convinzione. Oppure, a volte, per tagliare corto e cambiare discorso. Per poca empatia, fretta o addirittura per sciatteria. La questione sembra frivola, e invece no. Perché capire se conviene davvero seguire l’istinto – fino a che punto e a quali condizioni -, ci consentirebbe di trovare una bussola per navigare un po’ più serenamente in quel mare di decisioni (e di relative indecisioni) che è la vita di tutti i giorni.

La frustrazione davanti al bivio

“Should I stay or should I go?”: il manifesto dell’indecisione è firmato The Clash e datato 1982. Intere generazioni di amanti del punk rock hanno esorcizzato ballando la frustrazione che tutti avvertiamo davanti a un bivio (non solo geografico), quando aspettiamo con una sottile ansia che qualcuno – nel caso della canzone, una ragazza distratta o altrettanto titubante – ci suggerisca cosa ci convenga fare. Non esistono cartelli chiari a indicarci la direzione giusta e domina la sensazione che, comunque vada, sarà un insuccesso. Non a caso, Joe Strummer aggiungeva “If I go there will be trouble, and if I stay it will be double”. Se me ne vado ci sarà un problema, e se resto i problemi raddoppieranno.

Cosa vuol dire seguire l’istinto?

Tutte le scelte contengono una quota imponderabile di imprevisti e una percentuale di rischio, i “pro” che convivono con i “contro”. Succede con le decisioni quotidiane e innocue (immaginati davanti al menù di un ristorante), come con quelle più importanti. Lavorative, esistenziali, affettive. «In certi casi, dire “sì” o “no” può rivoluzionare la nostra vita e, a volte, lì per lì non ce ne rendiamo nemmeno conto», spiega Betty Sala, counselor sistemico relazionale. «È il momento “sliding doors”: nei film come nella realtà, quello snodo, spesso apparentemente insignificante, in grado di cambiare completamente il corso degli eventi». Seguire l’istinto, in quest’ottica, sembra un azzardo. O resta la soluzione?

Serve consapevolezza di sé

Una sensazione viscerale, che ci spinge all’istante e con forza verso qualcosa e ci allontana da qualcos’altro: l’istinto è la risposta che si avverte prima ancora che il cervello abbia finito di formulare la domanda. «Ovviamente capita che il suggerimento di seguire l’istinto venga dato in modo superficiale, perché è il più facile e gettonato», osserva la counselor. «Io sono convinta, però, che resti un ottimo consiglio. E se seguendolo si esce dalla propria comfort zone e ci si tuffa in una nuova esperienza, tanto meglio». Ma c’è un’avvertenza. «Per dare retta alla pancia – che non vuol dire essere sconsiderati né fregarsene delle conseguenze – bisogna avere una buona consapevolezza di sé, delle proprie risorse, dei propri desideri e dei propri limiti. E possibilmente anche un piano B».

Istintive sì, sconsiderate no

Seguire l’istinto, ma tenere a portata di mano il paracadute: ecco l’ideale. «Di fronte a una decisione da prendere, bisognerebbe registrare che cosa ci suggerisce l’istinto e poi fermarsi un attimo a riflettere», spiega Betty Sala. «Se questa decisione che “sento” essere la migliore per me dovesse rivelarsi sbagliata o ricca di insidie, sarei in grado di gestire le difficoltà e il fallimento? A chi si risponde “certo che no!”, conviene cambiare strategia e scegliere un’alternativa meno rischiosa». Un consiglio valido anche per chi sta attraversando un periodo di particolare stress o fragilità. «Tensioni e stanchezza possono offuscare la nostra lucidità, rendendoci spericolate e impulsive, più che istintive e coraggiose: in questi frangenti, prima di buttarci, confrontiamoci con qualcuno che ci conosce bene e di cui ci fidiamo».

Quando seguire l’istinto è impossibile

C’è chi di fronte ai crocevia della vita prova una confusione schiacciante e sente l’esigenza di valutare con precisione certosina la lunga lista di “pro” e di “contro”. «Non c’è nulla di male a essere tipi razionali, a fare scelte ben ponderate», chiarisce la counselor. «Il problema è quando si resta impantanati nel tentativo di prevedere ogni possibile sviluppo e scenario: paralizzati da infiniti “e se?”, si mette a tacere l’istinto. Il pericolo è autosabotarsi e precludersi esperienze positive per evitare quel margine di rischio che ogni novità porta con sé. Capita più spesso alle persone che non riescono a fidarsi di se stesse né del mondo che le circonda, magari perché sono cresciute in famiglie molto giudicanti o iperprotettive. Ed è un peccato, perché fuori dalla zona di comfort c’è sicuramente l’incertezza. Ma c’è anche la vita vera».