Miti 2.0 di Societing
Quando fu pubblicato, più di mezzo secolo fa, I miti d’oggi aprì la strada all’analisi critica della cultura popolare. Roland Barthes mostrò come i luoghi comuni fossero anche strumenti di potere. Nel 1957 i miti erano il volto della Garbo, bistecca e patatine, il cervello di Einstein e la plastica. Non ammettevano critica o discussione, erano figure di pensiero percepite come fatti naturali.
Pensiamo che sia il momento di rispolverare il progetto di Barthes, andando a vedere cosa si nasconde dietro i luoghi comuni di oggi: i Giovani, lo Spread, la Creatività e il Web 2.0. Da settembre 2013 Societing pubblicherà una serie di dodici articoli su questi temi, con la collaborazione di donnamoderna.com, media partner del progetto.
Il mito dei giovani di Adam Arvidsson
Il mito dei giovani non nasce oggi. Il fascismo loda la gioventù ardita e violenta, negli anni Sessanta i ragazzi si definiscono “sognatori e ribelli”. Oggi, scrive Adam Arviddson, «tutti concordano sul fatto che i giovani siano la potenza alla quale affidare la speranza di un cambiamento. E pare difficile contraddirli: ovviamente è così. E però, ci si chiede, regge veramente questo mito? E cosa nasconde?».
I giovani vogliono e possono realizzare i propri sogni. Desideri unici ed individuali. Fin da piccoli viene insegnato loro che devono essere imprenditori di se stessi e devono sviluppare creatività e talento. In questo senso, sottolinea Arvidsson, «il mito dei giovani sognatori diventa uno strumento di potere: forma delle persone educate a pensare che sia normale, buono e giusto coltivare dei sogni – anche irreali – e orientare la propria vita verso la loro realizzazione». Poco importa se la disoccupazione è uno status tristemente condiviso dal 38,4% dei giovani.
Dove porta questa esasperata tensione all’autorealizzazione? «Ad uno stato di individualismo masochista – continua Arvidsson – la colpa del fallimento si rovescia su di te. Sei stato tu a fare la scelta sbagliata all’università, a non coltivare il tuo capitale umano o sociale, a non curare la tua employability. L’unica soluzione psicologica a questa situazione è l’autopunizione. In Italia si chiama: fare la gavetta».
L’articolo completo si potrà scaricare gratuitamente sul sito di Societing.
L’autore
Adam Arvidsson è professore Associato di Sociologia all’Università Statale di Milano, dove insegna Sociologia della Globalizzazione e dei Nuovi Media.
Dopo aver conseguito il Ph.d. all’Istituto Universitario Europeo di Fiesole nel 2000, Adam Arvidsson ha insegnato in Inghilterra e in Danimarca, dove è stato per sei anni all’Università di Copenaghen. Dopo aver pubblicato Brands. Meaning and Value in Media Culture, libro sulla funzione del brand nell’economia dell’informazione (Routledge, tr. Franco Angeli), Arvidsson si è interessato alle nuove forme di produzione e organizzazione economica che si sono evoluti intorno ai nuovi media. Attualmente si occupa di industrie creative, innovazione sociale ed economie digitali. Il suo prossimo libro The Ethical Economy. Rebuilding Value after the Crisis è in corso di pubblicazione con la Columbia UniversityPress.
Nel 2013 sono usciti: Societing reloaded, scritto con Alex Giordano (Egea) e Introduzione ai media digitali scritto con Alessandro Delfanti (Il Mulino).
Societing
Societing è una realtà culturale che raccoglie un gruppo di ricercatori, attivisti, manager e studiosi che si dedicano alla ricerca di nuovi paradigmi economici e sociali per trovare delle soluzioni, basate sulla sostenibilità e sulle possibilità che offrono le nuove tecnologie, alla crisi attuale.
Per fare tutto ciò il gruppo di Societing cerca forme interdisciplinari di pratica e di ricerca che comprendano la social enterprise, l’innovazione sociale, l’economia peer-to-peer, la sostenibilità, i social media e la finanza innovativa.