A cura di Antonella Marchisella
Quando parliamo di disagi psicologici dei giovani che si traducono in disturbi fisici, il primo nostro pensiero è probabilmente rivolto all’interiorità di questi, spesso dimenticandoci dello stato d’animo dei genitori. Essere genitori è un compito bellissimo ma difficile, nella maggioranza dei casi i figli pretendono tutto dai genitori, di essere capiti, di essere aiutati, ingenerando non pochi conflitti.
Vediamo di capire in che modo un genitore può aiutare un figlio con disturbi alimentari; lo abbiamo chiesto al Dottor Alessio Testani:
Dottor Testani, in quale età insorgono generalmente i disturbi alimentari?
I disturbi alimentari,seguendo varie ricerche,hanno nell’adolescenza il loro inizio in molti casi, in quanto è una fase della vita in cui il corpo ha una estrema importanza. E’ nel corpo che l’adolescente trasferisce gran parte dei propri conflitti.
Se un genitore si accorge che il proprio figlio/figlia ha dei disturbi alimentari in una fase adolescenziale, in che modo può avvicinarsi a questo/a senza ingenerare comportamenti di rivalsa e venire rifiutato?
La famiglia in questo senso può svolgere un ruolo fondamentale. Superato lo shock iniziale, è importante cercare di non aggredire il proprio figlio e di non mettergli addosso più ansia di quanta già non ne abbia,dirottandolo subito da specialisti e medici vari. Io penso che questa sia una fase da condividere insieme e senza forzature, preceduta da un vero dialogo e comprensione. Inoltre sarebbe opportuno che anche i genitori intraprendessero quantomeno un percorso psicoterapeutico o che frequentassero gruppi di auto-aiuto, in modo da ricevere sostegno e direttive.
Una persona anoressica, secondo Lei, che cosa vuole trasmettere agli altri, al mondo esterno, tramite la sua magrezza estrema?
Una persona anoressica può trasmettere agli altri ed al mondo esterno alcuni messaggi e conflitti. Ad esempio la propria disperata ricerca di unicità, un attacco al falso senso di sè voluto dai genitori, un modo per richiamare le attenzioni e l’aiuto dei genitori che sono distratti e per renderli partecipi delle proprie sofferenze, una difesa dall’avidità e dal desiderio, oppure l’affermazione di un autentico Sè nascente. Ma tutto ciò è anche accompagnato da una erronea percezione del proprio corpo, da pensiero magico e rituali ossessivo-compulsivi.
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Si può affermare che l’ anoressia sia un gioco con la morte?
Beh, si può certamente affermare che l’anoressia sia un gioco con la morte,in quanto la persona anoressica pur riducendosi a non mangiare nulla e arrivando a pesare pochissimo, non si vede e si sente così in pericolo e sembra quasi negare il pensiero della morte. Ho visto persone che pesando appena 35kg dicevano di sentirsi bene e che essere belli significava essere cosi magri…
Quali sono le dinamiche psicologiche che entrano in gioco nell’anoressia e nella bulimia?
Le dinamiche psicologiche che entrano in gioco nell’anoressia e bulimia sono molteplici. Innanzitutto il corpo viene visto come un’entità separata dal Sè, e per esempio l’anoressia spesso sembra un tentativo di cura di sè, al fine di arrivare attraverso la disciplina ed il controllo del corpo, ad un senso di individualità e differenziazione. La Bruch ha rilevato che le origini evolutive dell’anoressia nervosa siano da rinvenire in una deficitaria relazione madre-bambino,in cui la madre sembra accudire il bambino più in funzione dei propri bisogni che di quelli del bambino. Quindi se i segnali del bambino non ricevono conferme e gratificazioni, esso non può sviluppare un sano senso di sè e si sente come un’estensione della madre invece che un essere autonomo. Anche la Selvini Palazzoli ha sostenuto che le anoressiche non sono state in grado di separarsi psicologicamente dalla madre, arrivando perciò ad avere un instabile e fallace senso del proprio corpo.
Quindi il corpo può essere visto come la dimora di questo introietto materno ed il digiuno può rappresentare un modo di fermare lo sviluppo di questo oggetto interno intrusivo e cattivo.Per quanto riguarda la bulimia, numerose ricerche hanno mostrato che nelle storie infantili di molte pazienti bulimiche, vi è la mancanza di un oggetto transizionale,come una copertina o un pelouche, che permetta alla bambina di separarsi psicologicamente dalla madre. Quindi questa lotta evolutiva per rendersi autonomi può realizzarsi utilizzando come oggetto transizionale il corpo. Ingerire cibo simboleggia il desiderio di fusione simbiotica con la madre,mentre l’espellerlo un tentativo di separarsi da lei. Anche le madri delle bulimiche come delle anoressiche, trattano le figlie come proprie estensioni. Quindi nella bulimia il meccanismo psicologico fondamentale relativamente all’ingestione ed all’espulsione di cibo, sta nell’introiezione e proiezione di oggetti interni aggressivi o cattivi.
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Parliamo di autolesionismo. Che relazione può esserci tra i disturbi alimentari e il Cutter?
Il cutter è in poche parole un atto di autolesionismo in cui una persona si inferte volontariamente dei tagli su alcune parti del corpo per comunicare qualcosa.Vi è una stretta connessione secondo me tra i disturbi alimentari ed il cutter, in quanto in entrambi i casi il corpo viene visto come un’entità estranea dal sè, e quindi da dominare e controllare. Il corpo viene percepito come un nemico ed un persecutore,ma anche come un veicolo ed un mezzo per comunicare qualcosa,un disagio o modo d’essere. Anche Lady Diana, mi pare nel ’95, dichiarò di soffrire di bulimia e di cutter.
Dott. Alessio Testani Psicologo
Via Della Lite 93 , 00132
Roma.
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