Che cosa sono gli stili di attaccamento
In psicologia, per stili di attaccamento si intende il complesso di fattori che indica il modo in cui viviamo le relazioni con gli altri. La nostra capacità di stabilire un legame è determinata dal nostro passato, in particolare dal modo in cui siamo stati accuditi dalle primissime figure di riferimento, in primis la madre. Secondo gli studi sull’attaccamento, è nei primi anni della nostra vita che si gettano le basi di come ci relazioneremo da adulti.
La teoria dell’attaccamento: cenni storici
A teorizzare per primo gli stili di attaccamento è stato Edward John Mostyn Bowlby, psicologo e medico inglese, che a partire dal 1940 studiò il legame madre-figlio per inquadrarlo come paradigma delle relazioni future. In altri termini, il modo in cui ci approcciamo agli altri ricalcherebbe le orme del rapporto che abbiamo avuto con nostra madre e, in genere, con le figure del nostro nucleo familiare.
La teoria dell’attaccamento di Bowlby partiva dalla separazione tra madre e bambino, prendendo spunto dagli studi di Lorenz sull’imprinting (1966) e di Harlow sulle scimmie (1958). Furono proprio le scimmie a dare allo psicologo inglese alcune conferme: i cuccioli di scimmia risultano più propensi a cercare un surrogato della madre tramite il contatto e il calore anziché tramite l’offerta di cibo. L’attaccamento del piccolo alla madre non dipende, quindi, dalla necessità di essere sfamato, ma dalla ricerca di protezione, serenità, calore e accoglimento da parte della madre.
Successivamente Bowlby conduce molti studi in collaborazione con la psicologa canadese Mary Ainsworth, introducendo i concetti di attaccamento e caregiver (colui/colei chi si prende cura del bambino) come base sicura. I genitori devono rappresentare per i figli una base sicura da cui i figli possano partire per esplorare il mondo, sapendo di poter contare sempre su di essa e farci ritorno. La base sicura può essere spiegata con la metafora del “porto sicuro” che permette al piccolo di avere quella tranquillità di fondo con cui “andare e tornare” lungo la conoscenza dell’ambiente esterno. Quando sente di non avere una base sicura, l’individuo ricorre a una serie di comportamenti difensivi (spesso disfunzionali) volti a ridurre la sofferenza che deriva da tale assenza.
Il modello operativo interno come base delle nostre relazioni future
Nel 1982 Bowlby introduce il concetto di modello operativo interno (MOI), cioè la rappresentazione interna di noi stessi, di ciascuna figura di attaccamento e del modo in cui interagiamo. Questi modelli aiutano a dare significato alle prime esperienze interpersonali e funzionano come base per elaborare le esperienze che ogni essere umano farà in futuro con gli altri.
Si tratta di un’ulteriore formalizzazione della teoria dell’attaccamento che ci aiuta a capire il modo in cui ci comportiamo da adulti. Le nostre relazioni si fonderanno sul modello di quelle createsi da piccoli chi si prendeva cura di noi. Interiorizziamo, quindi, una serie di meccanismi di comportamento che diventano per noi come un pilota automatico. Naturalmente ciò non significa che questi modelli siano scolpiti nella pietra e insostituibili nel corso della nostra vita. Al contrario, possiamo affiancarne diversi, e il nostro compito evolutivo è proprio quello di essere capaci di metterne in atto dei nuovi, utili per noi.
Gli stili di attaccamento
Mary Ainsworth, la collaboratrice di Bowlby, sviluppa una situazione sperimentale basata sulle teorie elaborate. L’esperimento viene chiamato “strange situation”, letteralmente “situazione insolita”. Sottoponendo dei bambini a dei test in 8 episodi, l’esperimento ha consentito agli studiosi di stilare una lista dei 4 principali stili di attaccamento.
L’importanza di riconoscerli risiede nel poter capire quale tipo di comportamento metteranno in atto questi bambini nella costruzione delle relazioni future. Vediamo quindi quali sono:
1. Stile sicuro
Lo stile di attaccamento sicuro è quello che sviluppa un bambino che ha una madre, o una figura di riferimento (caregiver), che si dimostra presente, accudente ma disposta a fargli sperimentare se stesso nel mondo. Il bambino si dimostra in grado di utilizzare il genitore come base sicura da cui partire all’esplorazione dell’ambiente. Protesta quando si separano, ma quando si rincontrano il bambino è felice di vedere il genitore e nel mentre non ha avuto difficoltà a mettersi in relazione con estranei. Si sente degno dell’amore del genitore, sa che può esprimere anche il suo disagio ed essere confortato, perché l’altro è affidabile e accogliente.
Relazioni da adulto – stile di attaccamento sicuro
Avendo sperimentato fiducia e presenza, sarà sicurò di sé, pronto a sperimentarsi ed esplorare il mondo e riconoscere i propri bisogni. Il modello che avrà di sé sarà positivo e così anche dell’altro, per questo si sentirà libero di mostrare le proprie emozioni e gestirà le relazioni con gli altri in base a questi modelli di comportamento.
2. Stile insicuro-evitante
Lo stile di attaccamento insicuro-evitante è tipico del bambino con una madre (o un caregiver) evitante e poco accogliente nei confronti delle sue richieste. Ha quindi sperimentato poca presenza o addirittura irritazione o rabbia quando si avvicina al genitore, perché questo non ha intenzione di occuparsi di lui ogni qual volta ne ha necessità. Per questo non manifesta turbamento al distacco dal genitore, anzi quasi indifferenza e allo stesso modo si comporta quando il genitore ritorna. Rimane concentrato sui suoi giochi o comunque su ciò che sta facendo, sperimentando una sorta di autonomia forzata. Il bambino così impara a non esprimere le proprie emozioni perché sa che non sono accolte dal genitore, rinuncia alla figura di riferimento. Si rende autonomo in maniera troppo precoce rispetto al suo processo evolutivo.
Relazioni da adulto – stile di attaccamento evitante
Sarà un adulto distante sia sul piano fisico che emozionale. Avrà un modello di se stesso positivo, perché ha fatto esperienza di contare fin da subito su se stesso, ma un modello dell’altro negativo. Sarà una persona che non cercherà il conflitto, perché tenderà a evitare un coinvolgimento su ogni piano. Non sarà in grado di esprimere correttamente le proprie emozioni e riconoscere i propri bisogni.
3. Stile insicuro-ambivalente
Lo stile di attaccamento insicuro-ambivalente è proprio del bambino che ha sperimentato l’ambivalenza dal genitore. Una madre (o caregiver) che risponde alle sue richieste talvolta soddisfacendole, altre volte non risponde rendendosi indisponibile. Il senso di disorientamento generato nel bambino deriva dal fatto che non sa se e quando potrà utilizzare il genitore come base sicura. Al distacco col genitore è inconsolabile ma al contempo è resistente nei suoi confronti quando questo, per esempio, lo abbraccia o cerca di prenderlo in braccio. L’equilibrio tra attaccamento ed esplorazione è molto confuso in questo bambino, che mette in atto meccanismi di resistenza anche quando il genitore si dimostra disponibile. Il fatto che il genitore si dimostri poco chiaro e univoco nei suoi atteggiamenti, naturalmente gli rende molto difficile comprendere quando possa sentirsi accolto e quando rifiutato.
Relazioni da adulto stile di attaccamento ambivalente
Insicuro, incostante, non avrà fiducia nell’altro. Avrà una visione di sé negativa e anche dell’altro. Sarà caratterizzato da grande possessività, dipendenza e alta conflittualità. Sarà ansioso e con autostima bassa e si sentirà spesso giudicato dagli altri; per questo cercherà in loro approvazione e attenzioni.
4. Stile disorganizzato
Lo stile di attaccamento insicuro-disorganizzato è proprio del bambino che fa esperienza di un caregiver che non abbia risolto alcuni problemi. In particolare traumi o lutti, che ancora causano forte turbamento nel genitore che è estraniato, manifesta sempre paura, dolore, collera improvvisa. La mente umana ha scarse capacità di dare significato ai segnali che scaturiscono dal dolore di un lutto o di un trauma. Il bambino quindi non riesce a decifrare i comportamenti del genitore, in base alle sue reazioni imprevedibili si sente in modi diversi: una vittima impotente, o addirittura un salvatore del genitore debole e vulnerabile. Questo stile di attaccamento è molto complesso, proprio per la complessità del comportamento del genitore che genera una grande confusione nel bambino.
Relazioni da adulto – stile di attaccamento disorganizzato
Sarà probabilmente incline a sviluppare relazioni amorose patologiche. Sarà in parte vittima e in parte carnefice, confuso, incontrollabile e negativo. Avrà spesso sbalzi di umore e perfino episodi di autolesionismo.