Siamo abituati a pensare al concetto di manipolazione psicologica come un’idea oscura e subdola, tesa a influenzare gli altri in modo opposti rispetto alla limpida chiarezza e onestà che vogliamo immaginare in una comunicazione autentica. Tutt’altro, manipolare gli altri e persino noi stessi accade di frequente. Non sempre la situazione è così seria da generare un abuso, tuttavia manovrare, persuadere e controllare è un gioco di potere che avviene quotidianamente e prima di tutto a spese di noi stessi. Perché vittima e carnefice sono due ruoli dentro di noi.
Che cos’è la manipolazione?
Negli anni Trenta, Konrad Lorenz studia il comportamento animale e attua uno studio delle gerarchie. La classificazione alfa individua i dominanti, beta il soggetto subordinato. Tuttavia, la sigla non fissa una condizione statica. I rapporti, infatti, variano e con essi le gerarchie, qualcosa di cui in fondo possiamo fare esperienza anche nella comunicazione quotidiana.
Noi modifichiamo il nostro comportamento e la maniera di relazionarci in base a chi ci troviamo di fronte, l’altro può fare una grande differenza. Di fronte a un uomo o una donna da cui ci sentiamo attratti, il professore di scuola che temiamo di più, il capo o gli amici fidati è facile capire quanto possano essere differenti le maschere che indossiamo nel rapportarci agli altri e con esse i ruoli, i quali si basano su schemi comportamentali di interazione reciproca.
Rapporti di potere
Malvagio manipolatore o preda indifesa: a quale schiera senti di appartenere? La verità è che… apparteniamo a entrambe! «Sfortunatamente questa visione duale e semplicistica delle relazioni umane è in auge ancora oggi. E continua a produrre eserciti di vittime, più o meno innocenti, che a loro volta spesso sono altrettanto esperte nella pratica della manipolazione quanto i lupi che esse fustigano» avverte Christophe Carré, specialista nella soluzione dei conflitti e autore del saggio Le armi nascoste della manipolazione. Come smascherarle, disinnescarle e farne buon uso (Feltrinelli Editore).
Come riconoscere le manipolazione? Innanzitutto riconoscendo il manipolatore che è in noi. Sì, perché di solito siamo abituati a puntare il dito contro l’altro: la colpa non è mai nostra, vero? Ecco perché iniziare a smascherare le strategie che usiamo senza saperlo permette di disinnescare i giochi di potere che continuamente mettiamo in azione nei confronti di noi stessi e ci aiuta a liberare il pensiero anche dai giochi altrui.
Scopri il manipolatore che è in te
Un figlio che, di sua spontanea iniziativa, si mette a fare le pulizie di casa… e poi la richiesta per andare a un concerto insieme agli amici; qualcuno che ci chiama con un nomignolo ironico, che noi però non sopportiamo, e quando lo facciamo notare ci viene detto che manchiamo di senso dell’umorismo; qualcuno che, magari in ufficio, o in fila dal medico, esclama: “Non vi dispiace, vero, se faccio prima io? Ho una fretta terribile!”. Quanti piccoli esempi potremmo trovare nella vita quotidiana di situazioni che, a un’occhiata più profonda, rivelano una natura manipolatoria?
Dal punto di vista etimologico il termine latino manipulus indica il manico, l’impugnatura. In effetti, questo dettaglio ritorna in un’immagine che utilizziamo di frequente per descrivere un certo comportamento, molto simile a quello descritto: manipolare significa tenere il coltello “dalla parte del manico”.
Tu che strategia usi?
Ogni bambino vive una condizione di totale vulnerabilità. Crescere significa conquistare una progressiva autonomia, ma all’inizio della vita ciascun neonato è costretto ad affidarsi alle cure di uno o più adulti. Questa condizione naturale fa sì che ognuno di noi si trovi immerso in una storia e a contatto con individui che a loro volta sono contraddistinti da una loro storia così come da certi schemi di pensiero e comportamento.
Questo genera conseguenze notevolmente diverse a seconda del contesto in cui si capita. Di frequente accade di manipolare senza saperlo, seguendo un meccanismo imparato come schema di comportamento o ragionamento. Pensa a quando dici: “Mi fai preoccupare” oppure frasi dette a un figlio come “Continua così e l’anno prossimo invece che a scuola ti mando a lavorare”. Ma attenzione, è una manipolazione anche il fatto di dire: “Quanto sei intelligente, di sicuro farai l’università”.
Dentro queste parole c’è un giudizio nei confronti dell’altro (e non è meno influente solo perché positivo): facciamo un confronto e quando succede il rischio è che nell’altro si possa generare un profondo senso di colpa nel caso in cui si disattendano le aspettative.
Manipolazione: in famiglia e sul lavoro
Sottrarsi alle aspettative degli altri è assolutamente comune, anzi è ciò che ci permette di crescere, in famiglia, sul lavoro e nella coppia. Se in alcuni rapporti con una carica distruttiva, la manipolazione nasce da un atteggiamento di grave svalutazione nei confronti della persona o problemi di dipendenza affettiva, è altrettanto vero che può accadere di manipolare anche quando l’intenzione è benevola. Succede tutte le volte in cui qualcuno desidera consigliare, educare o aiutare qualcun altro.
Osserva la tua vita e pensa a quante volte ti è successo, sia nel ruolo di figlio, sia in quello di genitore, se hai figli. Più cresciamo e accumuliamo esperienza, più è facile che i pensieri e le considerazioni nate dal nostro sperimentare si trasformino in pensieri statici, ovvero convinzioni. Da genitori (ma può accadere anche a una moglie o a un fidanzato!) si tende a credere di sapere ciò che va bene ed è più opportuno per l’altro, invece la verità è un’altra.
Ciò che ha funzionato per noi potrebbe non funzionare altrettanto bene per un figlio o il fidanzato e questo perché siamo persone uniche, con una storia che per ognuno è differente. Accettare di uscire dai nostri ruoli è difficile, eppure questo sforzo ci insegna a osservare il mondo e noi stessi adottando punti di vista diversi. Perché tutto è in cambiamento: continuare a farsi domande e accettare di non sapere è una lezione antica, su cui non finiremo mai di allenarci. Con umiltà, pronti a far crollare le nostre convinzioni e cambiare idea.