Un disturbo che parla di emozioni nascoste e colpisce l’immagine di sé: parliamo della tricotillomania
Un impulso a cui non si riesce a dire no, capace di raccontare un disagio profondo: è la tricotillomania. Come suggerisce l’etimologia questo disturbo ossessivo compulsivo è correlato ai capelli. Chi ne soffre, infatti, sviluppa l’abitudine a tirare e strapparsi i capelli, un rituale fastidioso e autolesionista che può portare con sé pesanti ricadute a livello psicologico.
Tricotillomania, che cos’è?
In greco antico, “thrìx” capello, “tìllō” strappare e “manìa” ossessione: il termine trichotillomania è stato adottato per la prima volta nel 1889 dal dott. François Henri Hallopeau, dermatologo francese, di fronte al caso di un giovane paziente con l’abitudine di strapparsi i capelli. Manifestazione della tricotillomania, nota anche come TTM, è l’impulso irrefrenabile di strapparsi capelli e peli. Nella maggior parte dei casi ci si strappa i capelli, tuttavia possono essere presi di mira anche barba, sopracciglia o peli del pube, ascelle e gambe.
La tricotillomania sembra interessare una media fra il 3 e 4% della popolazione; è più comune fra i bambini da 2 a 6 anni e durante la preadolescenza, fra 9 e 13 anni, quando questa manifestazione di disagio appare salvo poi scomparire in un arco di tempo generalmente breve. Invece, da adulti sembra colpire in percentuale maggiore le donne e può richiedere tempistiche più lunghe per la cura.
Nel 1987 la tricotillomania è stata catalogata nel DSM-5 dall’American Psychiatric Association come disturbo mentale e comportamentale, variante specifica del Disturbo Ossessivo-Compulsivo. Sono state riconosciute caratteristiche del disturbo la presenza di un gesto basato sulla ripetitività insieme alla natura compulsiva dello strapparsi i capelli, che di solito avviene in momenti e contesti specifici, differenti a seconda della storia personale del soggetto.
Cause e cura della tricotillomania
Gli esperti hanno identificato due differenti aspetti nel gesto di strapparsi i capelli. Uno è il “focused hair pulling”, quando l’azione di strappo avviene in contesti carichi di stress ad alto impatto emotivo. Un altro il cosiddetto “automatic hair pulling”, ovvero una sorta di gesto automatico che tende ad apparire nei momenti di noia, per esempio durate lo studio o di fronte alla tv. Soprattutto nel primo caso l’azione di strapparsi i capelli rappresenta il culmine di una tensione emotiva. Il gesto diventa la risposta a un‘emozione difficile da contenere e gestire: ansia, frustrazione e stanchezza debordano, non riescono a trovare un contenimento. Spesso ciò che risulta inefficace è il tentativo di controllo. Infatti le persone raccontano di non riuscire a smettere, pur cercando di evitare o diminuire gli episodi e pur essendo consapevoli di quando l’ennesimo evento si sta ripetendo. Un po’ come per il caso del grattare l’epidermide, tirare e strappare costituiscono un momentaneo sollievo: nell’immediato la sensazione positiva, che si associa a soddisfazione e piacere, diventa un ostacolo all’impulso di fermarsi.
Quali sono le cause? Al momento non sono del tutto accertate. Al centro degli studi le mutazioni del gene SLITKR1, associato al controllo degli impulsi e riscontrato anche nella sindrome di Tourette. Sembra che il disturbo si ripresenti con più facilità laddove già presente nel contesto familiare, tuttavia questo non è sufficiente per spiegare la sua manifestazione. Le cause ad oggi rimangono ignote; annoverano l’ipotesi di fattori genetici e ormonali, ma non solo. A giocare un ruolo fondamentale sono l’ambiente e lo stato emotivo, su cui la patologia va a incidere con un effetto boomerang perché al disagio si aggiungono l’imbarazzo e la vergogna per la perdita dei capelli, che possono portare verso l’isolamento e l’acuirsi di stati depressivi.
Una delle proposte per la presa in carico della patologia è la psicoterapia di tipo cognitivo-comportamentale, che aiuta il soggetto a lavorare su emozioni e pensieri disfunzionali attraverso una serie di obiettivi. Un ulteriore approccio alla cura è l’allenamento dell’abitudine inversa o HRT, Habit reversal training: dopo una prima fase dedicata al riconoscimento dei contesti in cui si prova il bisogno di strappare, il soggetto imparerà ad attivare una risposta comportale differente, per esempio scegliendo un gesto antistress di altra natura.
Tricotillomania, il primo passo per risolvere il problema
È importante riflettere sul fatto che l’accettazione e prima ancora l’osservazione delle proprie dinamiche interne è il primo passo per affrontare il disturbo, il cui gesto rituale è manifestazione di un disagio più profondo. Portare a galla le emozioni negate può avere l’effetto di un cambiamento profondo. Quali sono le sensazioni del momento che stiamo provando? Che cosa ci stiamo impedendo di confessare a noi stessi? In questo senso le tecniche meditative o esercizi nell’ambito della bioenergetica, che intendano ristabilire una connessione con il corpo, possono essere di aiuto per quanto riguarda lo sviluppo dell’auto-osservazione e della consapevolezza dei propri processi.