Il racconto di Paolo Cognetti è toccante e va dritto al punto: «Le malattie nervose non devono più essere una vergogna da nascondere e la risalita comincia accettando chi realmente si è». Lo ha detto in una intervista, nella quale ha raccontato di aver subito un TSO, un Trattamento Sanitario Obbligatorio, per una «grave depressione sfociata in una sindrome bipolare con fasi maniacali». L’autore de Le otto montagne, vincitore del premio Strega, è stato ricoverato nel reparto di psichiatria dell’ospedale Fatebenefratelli di Milano. Oggi che sta bene, ha voluto lanciare un messaggio chiaro a chi soffre come è capitato a lui.

Cosa è successo a Paolo Cognetti

«In primavera e d’estate, senza un apparente perché, sono stato morso dalla depressione. Nelle scorse settimane invece, sceso dal mio rifugio sul Monte Rosa, ero in una fase bella e creativa. Un giorno mi sono accorto che il mio pensiero e il mio linguaggio acceleravano. Gli amici mi hanno fatto notare che facevo cose strane». Racconta così Cognetti, le fasi del disturbo che lo hanno colpito, fino al TSO del 4 dicembre, resosi necessario dopo la diagnosi di disturbo bipolare con crisi maniacali.

Il bipolarismo e le crisi maniacali

«Nelle fasi maniacali si può perdere il senso del pudore o quello del denaro. Io ho inviato ad amici immagini di me nudo e ho regalato in giro un sacco di soldi. Si sono allarmati tutti: c’era il timore, per me infondato, che potessi compiere gesti estremi, o che diventassi pericoloso per gli altri», ha spiegato lo scrittore. «Si è soliti credere che il TSO sia conseguenza di atti violenti o urla, in realtà è legato a un disturbo del pensiero che porta a scollegarsi dalla realtà: il paziente compie azioni o reati, come denudarsi o svuotare il conto in banca, che danneggiano se stessi o gli altri, come anche scrivere lettere minatorie ai vicini o alle autorità, senza escludere atteggiamenti aggressivi», spiega la psichiatra Adelia Lucattini, Psicoanalista della Società Psicoanalitica Italiana e dell’International Psychoanalytical Association.

Cos’è il TSO

«Mi sono ritrovato sotto casa un’auto della polizia e un’ambulanza. Sono stato sedato: da inizio dicembre, causa farmaci, non ho fatto che dormire», ha poi spiegato l’autore 46enne. «Il TSO è un intervento che, va specificato, è previsto solo per i disturbi psichiatrici, in particolare per le malattie psichiatriche maggiori, come la depressione o le crisi maniacali, in fase acuta. Una delle condizioni per richiederlo è l’assenza di coscienza della malattia da parte del paziente: significa che non si rende conto di ciò che accade nella realtà esterna né ha consapevolezza di stare male – spiega Lucattini – Serve a proteggerlo da se stesso e da situazioni esterne che potrebbero danneggiarlo, in quanto particolarmente vulnerabile».

Chi può richiedere un TSO per una persona?

«È un intervento molto raro, perché prima si tenta il ricovero volontario e arriva dopo lunga contrattazione col paziente perché si tratta pur sempre di un evento traumatico – sottolinea la psichiatra – Ci sono circostanze, però, nelle quali il disturbo si protrae per lungo tempo e quindi non basta un colloquio a convincere della necessità di cure, che diventano inevitabili per la salvezza e salute della persona. Può accadere, infatti, che questa sia in pericolo di vita». Anche la procedura è complessa: «Lo psichiatra propone il TSO, un secondo medico lo convalida e infine la massima autorità sanitaria, cioè il Sindaco, lo ratifica. È sempre revocabile, comunque, da un magistrato, dal Sindaco stesso o dai medici, e può avere una lunghezza massima di 7 giorni».

Cosa ti fanno in un TSO

Il trattamento sanitario obbligatorio prevede cure mediche a prescindere dalla volontà del paziente, in base alla legge (articolo 33 legge n. 833 del ’78). «Permette un ricovero presso un reparto psichiatrico e questo in qualche modo è un diritto del paziente, che altrimenti difficilmente potrebbe essere curato dal momento che sono previsti solo 15 posti letto per ciascuna struttura. Non è detto che il trattamento farmacologico sia immediato e la durata del TSO può essere anche solo di 2 o 3 giorni, dipende da quanto dura la fase acuta», spiega ancora l’esperta.

Per quali disturbi psichiatrici

Come spiegato da Paolo Cognetti, nel suo caso si è trattato della conseguenza di un disturbo bipolare. «Si chiamano sindromi affettive di umore e sono comunemente note come crisi bipolari, che vedono alternarsi due situazioni estreme: una depressione maggiore con sintomi psicotici, in cui si ha un delirio e spesso il paziente teme la fine del mondo o una catastrofe nucleare e può avere in animo di uccidere se stesso o i familiari; e una di eccitamento maniacale, in cui si ha confusione mentale. In questo caso le manifestazioni insorgono più rapidamente e solitamente consistono nell’avere molta energia fisica, che però può essere pericolosa: per esempio porta a correre in modo irrefrenabile, a rischio di essere investiti», spiega Lucattini.

I sintomi dei disturbi bipolari

«In alcuni casi questi disturbi possono portare a crisi cosiddette “pantoplastiche”, cioè per esempio a distruggere il proprio appartamento. I pazienti si sentono molto agitati, possono avere anche allucinazioni uditive o sentirsi disperati. O possono volersi denudare», spiega ancora la psichiatra. Lo stesso Cognetti ha raccontato di essersi spogliato: «Non si tratta di esibizionismo, ma di una necessità fisica: spesso i pazienti soffrono di allodinia o ipersensibilità cutanea, per cui se indossano gli abiti provano sensazioni analoghe a quelle di una ustione. Anche in caso di ricovero spesso si ricorre a vestiti di un cotone particolare per alleviare questa sensazione, oppure occorre una sedazione per favorire il sonno in modo da far regredire il disturbo», chiarisce la psichiatra.

Può capitare a chiunque?

Le cause dei disturbi bipolari che possono portare a TSO sono «di tre tipi: nel primo c’è una forte componente genetica che è comunque rara e difficilmente porta a richiedere un TSO. In genere i primi sintomi insorgono molto presto, anche a 3, 5 o 8 anni, quindi in età da poter essere curati in tempo. Nel secondo tipo ci può essere una familiarità, ma i fattori scatenanti sono esterni, come per esempio traumi importanti, separazioni e fallimenti. Esordisce in adolescenza, tipicamente tra 18 e 20 anni, oppure intorno ai 27 (la tipica “maledizione dei 27”). A incidere sono solitamente fattori fisici o chimici, come le droghe, in particolare cocaina e cannabis. Nella terza casistica rientrano i turnisti di lungo corso, che magari hanno un doppio lavoro e dunque non dormono a sufficienza. Ma anche in questo caso il TSO è rarissimo».

Quanto dura un TSO?

«Nella sindrome del turnista è spesso sufficiente lasciare il secondo impiego e seguire una terapia, psicologica o farmacologica. Se, invece, si tratta di un bipolarismo legato al consumo di sostanze stupefacenti, può servire un TSO. Ma in genere le crisi passano in 48 ore, quando avviene il cosiddetto cut off, cioè la fine dell’effetto delle droghe stesse, che può variare (per la cannabis può arrivare anche a 10/15 giorni) – spiega Lucattini. – Nel primo tipo, occorre un monitoraggio costante, perché il paziente può non avere (o non avere più) crisi acute né maniacali né depressive per lunghi periodi. Una terapia farmacologica di base, però, può aiutare alla “protezione e prevenzione”: come per diabete o altre malattie, in caso di riacutizzazione è sufficiente modulare la cura».

Lo stigma e il ritorno alla normalità

Tornare alla normalità è possibile, ma spesso non facile: «Quando si riprendono, spesso i pazienti sono imbarazzati, mortificati o hanno bisogno di supporto, anche se lo chiedono in modo volontario». Cognetti ha spiegato che non bisogna vergognarsi di parlare di disagi di questo genere: «Sul TSO e i disturbi che lo rendono necessario c’è molto stigma. Per il paziente sicuramente è un trauma perché si rende conto di aver perso il controllo su di sé. Si cerca di evitarlo, la finalità è proteggerlo, non certo obbligarlo per esempio ad assumere farmaci. È insomma una estrema ratio», conclude la psichiatra.