Un’altalena vuota su una spiaggia deserta, il cielo grigio e il mare piatto sullo sfondo. È la fine dell’estate e lo struggimento si fa strazio.

Fine vacanze altalena vuota
Luigi Ghirri, Marina di Ravenna, 1972. Crediti fotografici: CSAC, Università di Parma.

Una coppia si tiene per mano e cammina verso le montagne. Che sia l’ultima passeggiata della stagione?

Luigi Ghirri, Alpe di Siusi, 1979. Courtesy Eredi di Luigi Ghirri.

Una donna sorride a occhi chiusi, abbronzata, i denti bianchissimi. La settimana prossima sarà in ufficio, subito pallida.

Luigi Ghirri, Modena, 1973. Crediti fotografici: Massimo Orsini, Private Collection.

Una cartolina e gli indirizzi degli amici nuovi nelle tasche di una camicia hawaiana che mai indosseremmo in città.

Luigi Ghirri, Arles, 1979. Crediti fotografici: Massimo Orsini, Private Collection.

Le vacanze negli scatti di Luigi Ghirri

Sono alcuni dei 140 scatti del fotografo Luigi Ghirri (Scandiano, 1943 – Reggio Emilia, 1992) esposti al MASI (Museo della Svizzera italiana) di Lugano, dall’8 settembre al 25 gennaio, intorno al tema dei viaggi. Sono immagini in grado di evocare magistralmente lo spaesamento malinconico della fine di agosto: la nostalgia per quello che è stato, il rimpianto per quello che avrebbe potuto essere, l’angoscia per il ritorno nei ranghi dopo avere sperimentato la vertigine di orizzonti sgombri.

Le vacanze dai suoceri

Sono al mare in Puglia, dai miei suoceri. È il solo momento dell’anno in cui mi sento figlia, accudita, leggera e irresponsabile. Sono scalza, allo stato brado, ubriaca di crema solare. Di questo villaggio vacanze amo tutto: i ritmi placidi, l’anguria a merenda, la parmigiana a pranzo, il frinire delle cicale all’alba e persino la baby dance puntuale alle 22.

A questo luogo i miei figli, mio marito e io pensiamo tutto l’anno. Perché qui siamo più liberi e felici e ci vogliamo più bene. Questi giorni ci insegnano che la vita può essere meravigliosa. «Tra due domeniche già ve ne andate!» protesta mia suocera, campionessa mondiale di countdown. «Ma siamo appena arrivati!», ribattiamo noi da sotto l’ombrellone. «I giorni passano velocissimi e già mi viene la nostalgia» dice ombrosa, con i piedi nell’acqua.

Il pensiero è già al dopo vacanze

Penso a settembre, al ritorno a casa, al lavoro, al colorito grigio-urbano, alla spesa all’ipermercato e la nostalgia, all’improvviso, coglie anche me.

Perché le vacanze ci mancano ancor prima che siano finite? Perché un’altalena vuota sulla spiaggia evoca la perdita del paradiso? «La nostalgia parte dall’assenza di qualcosa di bello. Si prova quando si è stati bene», spiega Laura Turuani, psicoterapeuta e autrice del saggio Le Schiacciate (Solferino editore). «Non è più il tempo in cui le mamme casalinghe passavano tre mesi in riviera: oggi le due-tre settimane di vacanza sono caricate di molte aspettative».

Perché le vacanze sono diventate così importanti

Mentre durante l’anno siamo intrappolati in un ingranaggio che non controlliamo, d’estate «abbiamo il potere di scegliere ciò che ci piace e di stare con chi amiamo», prosegue. In vacanza ci sentiamo liberi e padroni del nostro tempo. In ferie investiamo i nostri risparmi, concedendoci una qualità della vita superiore a quella ordinaria. «La forbice tra la routine e le vacanze si sta allargando: per questo la fine dell’estate diventa straziante» spiega ancora Turuani.

Se le aspettative superano la realtà

Già. E poiché a settembre si ripiomberà nella gabbia del criceto, tanto vale godersi questo scampolo di perfezione che tuttavia, talvolta, perfetta non è. C’è vento di tramontana e il mare è sempre mosso; ci sono le meduse e nuotare è un incubo; ho fatto indigestione di cozze e ho mal di pancia; i vicini di casa cantano fino alle tre di notte e non riesco a dormire. Le ho sognate, le ho aspettate, le ho pagate. E adesso queste due settimane di ferie non sono come le avevo immaginate. Tornerò a casa delusa, piena di rimpianti e livore. Turuani mi spiega che è tutta colpa dell’idealizzazione. «Si tratta di un meccanismo di difesa molto diffuso e che rientra nel funzionamento narcisistico dilagante nella società».

«Idealizzare significa avere aspettative eccessive. Succede pertanto che tutto avvenga più nella nostra mente che nelle nostre vite e restiamo attaccati più alle attese mancate che non a quello che succede intorno effettivamente». Così ci rimangono appiccicati addosso più i buchi (meduse, mal di pancia, chitarra dei vicini) che i pieni  (in effetti c’è il sole, faccio yoga in pineta e ho ritrovato la mia amica di Lecce).

Come vivere le vacanze con allegria?

Come fare pace con la nostalgia? Come placare l’inquietudine? Come vivere le vacanze con allegria? Come visitare una mostra a Lugano intitolata “Viaggi” senza affogare nello struggimento? «Si può prolungare la sensazione benefica delle vacanze esercitando la gratitudine; si possono rivivere guardando le fotografie, incontrando gli amici conosciuti d’estate, sperimentando ricette di piatti tipici assaggiati in loco, scegliendo libri e film ambientati in quei posti» suggerisce la psicanalista. Siamo tuttavia creature proiettate al futuro e bisognose di progetti.

Si può subito ricominciare a programmare il prossimo viaggio, la prossima fuga, la prossima gita fuori porta in modo da riprovare quel senso di leggerezza senza aspettare un anno intero

Oggi mi impegnerò: comprerò una camicia hawaiana, scriverò qualche cartolina, prenderò per mano mio marito e lo inviterò a occupare quell’altalena vuota. Forse riusciremo persino a ridere anche se domani le vacanze saranno finite.

I “Viaggi” di Ghirri

Il viaggio, reale o immaginario, attraverso 140 scatti che regalano una riflessione giocosa, poetica e profonda sul mezzo fotografico. Lo propone la mostra Luigi Ghirri. Viaggi Fotografie 1970-1991, che rende omaggio al celebre fotografo emiliano a poco più di 30 anni dalla sua prematura scomparsa ed è visitabile dall’8 settembre 2024 al 26 gennaio 2025 al MASI (Museo d’arte della Svizzera italiana) di Lugano. Nell’allestimento tematico fluido risuona l’approccio di Ghirri stesso verso l’opera fotografica, concepita come viaggio che continua oltre la singola fotografia e richiede il ruolo critico di chi la osserva. Un’occasione per (ri)scoprire un artista capace di precorrere i tempi tanto da scrivere già nel 1979 «la realtà in larga misura si va trasformando sempre più in una colossale fotografia e il fotomontaggio è già avvenuto: è nel mondo reale».