Viaggiare con l’immaginazione
Come si fa a viaggiare con l’immaginazione? Come si fa a viaggiare quando non si può partire?
Nel 2020 abbiamo vissuto una pandemia attraverso cui imparare una lezione fondamentale. All’improvviso le distanze sono tornate ad essere tali; per un attimo, un lungo attimo, l’incantesimo dell’alta velocità si è rotto e siamo tornati a fare i conti con il tempo. Durante mesi di forzato stop siamo stati costretti a fermarci e riconsiderare lo spazio: abbiamo scoperto di vivere molto “fuori” e poco, pochissimo “dentro”. Che cosa resta una volta eliminata la possibilità di organizzare o anche solo pensare a cene e appuntamenti, dal lavoro agli amici? A volte a emergere era un vago senso di disagio, costrizione, noia. Molti hanno scoperto di avere poco spazio, in casa e dentro di sé, dove coltivare le passioni che hanno a che fare con se stessi.
Sì, la pandemia ci ha fatto reso conto che nella ricorsa al successo, al mutuo e alla sopravvivenza abbiamo tralasciato tanto, per tanti e ovvi motivi, di ciò che in Giappone si direbbe ikigai, ciò che ci mantiene vivi e vitali. Ci eravamo dimenticati delle passioni che ci fanno sentire vivi. Al di là del contesto, dalla lettura ai puzzle o il ricamo (o la pasta fatta in casa!) abbiamo dovuto riscoprire la capacità di fermarci e insieme a questa la riscoperta (forzosa!) degli spazi domestici, il piacere di saper stare da soli, le ispirazioni in grado di aggiungere felicità alle giornate e il saper fare, il senso voluttuoso e curioso dell’essere anziché dell’andare. O almeno, ci stiamo (ancora) provando.
Eppure, mai come durante la pandemia abbiamo viaggiato: chiusi fra le pareti di casa, ci siamo spostati con la forza dell’immaginazione usando la fantasia come grimaldello con cui evadere dalla realtà
Ci siamo spesso resi conto di quanto lo spazio di casa fosse esiguo e contenesse così poco di noi, in fondo. Eppure, proprio quando le mura costringono e i limiti ci soffocano, scopriamo che la nostra immaginazione è in grado di sfiorare orizzonti che mai avremmo creduto possibile raggiungere. Abbiamo sognato, tantissimo. Abbiamo promesso a noi stessi un cambiamento e in tanti casi abbiamo tenuto fede a questo impegno. Fra smart working e nuove necessità economiche stiamo iniziando a realizzare la trasformazione, ci stiamo provando. Durante la pandemia abbiamo dovuto cominciato a modificare il nostro modo di vedere l’esistenza e la quotidianità, anche per forza di cose: l’auspicio per il futuro è che tutto questo non venga dimenticato.
Come inizia un viaggio?
“La logica vi porterà da A a B. L’immaginazione vi porterà dappertutto” Albert Einstein
La parola “fantasia” viene dal greco, phanòs, luce. Ciò che si rende visibile appare in lontananza: è la potenza immaginativa dentro di noi che sgorga come una sorgente, nel profondo, e si riversa fuori inondando ogni cellula di ciò che siamo. Dentro c’è istinto, potere, invenzione, magia; una combinazione di entusiasmo e curiosità che all’inizio della tua esistenza conoscevi molto bene tu che sei stato esploratore, esploratrice. Nel viaggio della vita il dove era un quando: lo spazio era quello della giornata, da sperimentare passo dopo passo.
La nostra fantasia è lo splendore di un’alba primigenia che inizia di nuovo e illumina l’orizzonte dopo la notte
Ancora oggi è così: i nostri sensi ogni mattina sono all’erta e quando ci svegliamo ci ricordano che siamo fatti per esplorare, inventarci attimo dopo attimo, muoverci e camminare verso gli orizzonti dove ci spinge la curiosità. Ma nella vita quotidiana c’è anche il peso della gravità che ci riporta a terra: le bollette e l’affitto da pagare, il mutuo, gli orari del lavoro. Una famosa citazione dello scrittore polacco Joseph Conrad recita: “Come faccio a spiegare a mia moglie che quando guardo fuori dalla finestra sto lavorando?”. L’autore del romanzo “Cuore di tenebra”, che sarà d’ispirazione per il film “Apocalypse Now” di Francis Ford Coppola, ebbe una vita avventurosa: scrittore e navigatore, a diciassette anni si imbarcò su un brigantino in partenza da Marsiglia verso la Martinica e in seguito raggiunse il Venezuela, Costantinopoli, il Congo e Sumatra come capitano su una nave mercantile. Sopravvisse a un naufragio e realizzò il suo sogno di bambino di visitare l’Africa prima di stabilirsi nell’Essex con la moglie, Jessie Emmeline George, a Stanford-le-Hope, sulla foce del Tamigi. A 36 anni lasciò la vita di mare per i verdi paesaggi inglesi, vivendo del suo mestiere di scrittore e continuando a sondare le profondità della sua anima per tutto il resto dei suoi anni.
Quanto tempo resta alla nostra fantasia? Ogni attimo rubato
Nel 1862 nasceva, in Italia, Emilio: il padre aveva una bottega di tessuti. Sembra che non andasse granché bene a scuola, tuttavia alcune materie riuscivano a scuotere il suo entusiasmo: geografia, italiano e storia, le materie che fanno la mente del viaggiatore. Da ragazzo alle cugine raccontava intense avventure per mare, eppure Emilio Salgari, che abitava le biblioteche, collezionava schede naturalistiche e amava disegnare velieri persino sui polsini della camicia, abitò prima a Verona poi a Torino, insieme alla sua famiglia. Davanti al mare ligure dove visse per mesi si confondono le onde di oceani in tempesta e di un altrove capace di ispirare generazioni di ragazzi.
Fernando Pessoa, invece, nacque in Largo de São Carlos davanti all’Opera di Lisbona. La madre, Maria Magdalena Pinheiro Nogueira, era originaria delle Azzorre. Il poeta di Lisbona dopo la morte del padre e il secondo matrimonio della madre, che si risposerà con il console del Portogallo a Durban, raggiunse Capo di Buona Speranza insieme alla famiglia: inizierà a scrivere in Africa. “I know not what tomorrow will bring“, “Non so cosa porterà il domani” è l’ultima frase scritta prima della morte, che ci lascia come eredità su cui meditare.
Il potere dell’immaginazione
“Non tutte le prigioni hanno le sbarre: ve ne sono molte altre meno evidenti da cui è difficile evadere, perché non sappiamo di esserne prigionieri. Sono le prigioni dei nostri automatismi culturali che castrano l’immaginazione, fonte di creatività”
Henri Laborit
Nell’antica Grecia Phanes era un dio primigenio: colui che appare, luce. Era il potere cosmico, la potenza creatrice e siccome non voleva possedere nulla perché in sé era già tutto cedette lo scettro da re del mondo alla figlia Notte. Aveva ali d’oro e quattro occhi. Ecco, fa venire in mente che anche noi abbiamo un paio di occhi in più, invisibili: sono gli occhi della nostra immaginazione, è lo sguardo del tempo. Perché la fantasia sa volare verso il passato e il futuro, territori proibiti al razionale e misteriosi. Quando immaginiamo andiamo verso territori inesplorati varcando limiti: oltre i confini delle nostre stesse convinzioni, andiamo all’avventura nel senso più vero del termine. Questo è ciò che configura un viaggio di scoperta.
“Sono molto meravigliato di sapere che c’è gente che non ha mai visto uno gnomo, non posso fare a meno di provare compassione per costoro. Qualcosa non va. La loro vista non funziona bene”
Axel Munthe
Punta il dito sulla mappa, immagina, sogna, disegna. Fai ricerche. Aggiungi dettagli. Libera il cuore
Quando ci immaginiamo di essere altrove facciamo un salto spaziotemporale e questo accade anche nella nostra mente, come emerge fra chi studia neuroimaging. L’immaginazione trasforma il presente, ma sono anche le scelte che facciamo momento per momento a cambiare il tempo e il nostro modo di viverlo. Quando sogni occhi aperti apri la porta all’ignoto. La fantasia offre la miccia da accendere: aggiungi i libri, la fotografia e tutto ciò che può dare sostanza all’immaginario sepolto in te, dall’arte alla rete internet. Buon viaggio…