Affinché si possa parlare di disturbi dell’umore in una accezione medica è necessario che i sintomi abbiano una certa durata e arrivino ad interferire con il funzionamento sociale, lavorativo e familiare: non basta, cioè, sentirsi un po’ giù per poter parlare di depressione, chiarisce il dottor Massimiliano Dieci, Medico Chirurgo specialista in Psichiatria presso gli Istituti Clinici Zucchi di Monza.
Disturbo depressivo maggiore
I principali disturbi dell’umore sono la depressione e il disturbo bipolare, spiega il dottor Massimiliano Dieci: «La depressione nella sua forma tipica è una malattia episodica. Tristezza, poca voglia di fare, perdita degli interessi, mancanza di voglia nel relazionarsi agli altri possono essere sintomi importanti da osservare. Si ha poca energia, nulla sembra più interessante e tutto appare faticoso».
Il disturbo depressivo maggiore, major depressive disorder, noto anche in passato come depressione endogena, secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità è aumentato negli ultimi dieci anni e mostra di affliggere un numero sempre più alto di persone in tutto il mondo. La campagna Depression: Let’s talk del 2017 dell’OMS ha contribuito a mettere a fuoco una problematica spesso nascosta dietro la trama di un’apparente normalità, che nel futuro rischia di diventare un fenomeno preoccupante.
Quali sono i sintomi della depressione?
Il disturbo può manifestarsi ad ogni età, tuttavia in genere l’età più tipica di esordio è intorno ai 25 anni. Dalle indagini emerge che le donne vengono colpite con frequenza doppia rispetto al sesso maschile, tuttavia maggiore è la percentuale di suicidi compiuti dagli uomini.
Fra i sintomi più evidenti umore depresso per la maggior parte della giornata, quasi ogni giorno, insieme alla perdita di interesse o piacere verso le normali attività svolte. A questi possono aggiungersi sensazione di vuoto, tristezza, tendenza a lamentarsi, perdita significativa di peso, o, viceversa, rapido aumento di peso, insonnia.
A livello emozionale è possibile osservare sentimenti di autosvalutazione e sensi di colpa, mancanza di decisione, difficoltà a concentrarsi, pensieri ricorrenti di morte.
Le cause
Talvolta il disturbo depressivo può irrompere in conseguenza di un grave evento psicosociale stressante: life events come lutti, una malattia importante, o un divorzio, possono mettere a dura prova la nostra capacità di risollevarci, cioè la nostra resilienza.
Ad oggi la ricerca non ha ancora del tutto chiarito le cause di queste patologie. Si pensa ad una combinazione di fattori: aspetti genetici e ambientali potrebbero concorrere giocando ruoli differenti, a seconda della persona.
È da considerare, infatti, che la vulnerabilità rispetto ai life events costituisce una caratteristica estremamente variabile; non esiste una linearità causa-effetto, bensì una relazione circolare per cui ogni evento scatena una reazione, unica e personale, a seconda dell’individuo in un certo contesto psicologico, familiare e sociale.
Disturbi bipolari
Tra i disturbi dell’umore troviamo anche i disturbi bipolari, che a differenza dei precedenti, caratterizzati da una sola polarità, si manifestano in un’alternanza di episodi maniacali o ipomaniacali alternati da episodi depressivi.
Come spiega il dottor Massimiliano Dieci: «I disturbi bipolari fanno sempre parte dei disturbi dell’umore, ma sono un’alternanza di fasi depressive e di quello che è lo specchio, cioè l’opposto della depressione. Dunque, sono caratterizzati anche da fasi in cui ci si sente pieni di energia e tutto sembra particolarmente facile, bello, positivo. Di solito in questi momenti le persone risultano molto attive e si impegnano in nuove attività: fino a un certo punto queste fasi sono vissute positivamente, ma quando si raggiunge una fase di piena mania le conseguenze possono essere gravi. Ci si impegna in cose più grandi rispetto a ciò che si può portare realmente avanti, si fanno spese eccessive, rischiando in certi casi comportamenti pericolosi per sé e per gli altri».
Secondo lo studio ESEMeD, European Study of the Epidemiology of Mental Disorders, riportato dal sito del Ministero della Salute, in Italia la prevalenza della depressione maggiore e della distimia una forma di depressione meno grave ma più cronica, nell’arco della vita è dell’11,2% e riguarda il 14,9% donne, 7,2% uomini. Dalle indagini epidemiologiche risulta che il 2% dei bambini e il 4% degli adolescenti in un anno presenta un episodio di depressione.
Fondamentale la possibilità di parlare del proprio disturbo e rapportarsi a professionisti che sappiano accompagnare la persona in un percorso di guarigione, utilizzando tutti gli strumenti terapeutici, farmacologici e psicologici, necessari.
La persona al centro della cura
Attualmente alla quinta edizione, il celebre DSM, Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, fornisce le linee guida diagnostiche, insieme alle scale di valutazione, dei diversi disturbi mentali. Questi parametri vengono costantemente rivisti e aggiornati.
È importante ricordare che questa classificazione standard, oggi condivisa in tutti i Paesi occidentali, è basata sulla frequenza statistica delle caratteristiche dei fenomeni in essa riportati. Se l’essere umano è in costante evoluzione, lo sono anche le difficoltà, le malattie e la ricerca del benessere.
Proprio fra le pagine del DSM possiamo leggere: «La psichiatria moderna e altre discipline della salute mentale stanno abbandonando la propria riluttanza ad adottare un’ottica culturale nella valutazione complessiva del paziente. Oggi, l’intreccio delle condizioni biologiche e fisiologiche con i fenomeni sociali e culturali investe non solo la spiegazione e la descrizione dei sintomi ma anche la diagnosi, la patogenesi, il trattamento e l’organizzazione dei servizi di salute mentale […] La cultura permea tutti i fenomeni clinici, ogni intervento, il nucleo delle esperienze umane, e la risposta che il proprio comportamento suscita negli altri. La psichiatria moderna, al di là delle battaglie ideologiche e riportando il paziente al centro delle discipline cliniche, adotta le acquisizioni relative alla cultura come strumenti concreti per le sue molteplici attività».
Ogni essere umano nasce in un certo contesto e possiede una sua storia: ricordarlo e mettere la persona al centro fa la differenza in una cura che sia ascolto autentico, vicinanza e capacità di attraversare l’altro per giungere a una comunicazione condivisa. Non curiamo sintomi, ma persone, per dirla con le parole di Oliver Sacks.