Quando si parla di morbo di Parkinson si pensa subito a persone di una certa età. Ma non è sempre così. C’è una forma che colpisce anche i giovani. Lo confermano i dati presentati a un recente convegno internazionale: il 5 per cento di chi ha questa malattia, ha iniziato a soffrirne attorno ai 40 anni e in alcuni casi addirittura prima dei 30. «Ma potrebbero essere molti di più, perché il Parkinson giovanile non dà sintomi così riconoscibili come la forma che arriva dopo i 50 anni» avverte il professor Gianni Pezzoli, presidente dell’Associazione italiana parkinsoniani. «Non si manifesta, per esempio, con il classico tremore alle mani». Come si riconosce allora? Vediamolo insieme all’esperto.
I campanelli d’allarme
I segnali tipici del Parkinson giovanile sono un senso generale di stanchezza, anemia o depressione. La spossatezza, poi, è particolare: comincia un paio d’ore dopo il risveglio, dura fino a sera e spesso migliora con un pisolino pomeridiano. L’altro disturbo caratteristico è l’impaccio nei movimenti, ma solo da un lato del corpo. Sembra di avere il braccio e la gamba trattenuti da “qualcosa”, per cui i riflessi della parte colpita sembrano rallentati.
«Questi sintomi devono mettere in guardia specialmente se in famiglia ci sono già dei precedenti» dice il professor Pezzoli. «Si è visto che in circa la metà dei casi un parente stretto ha sofferto della stessa malattia». Chi ha questi disturbi per almeno due mesi di seguito deve parlarne con il medico oppure rivolgersi a un centro specializzato (per informazioni si può chiamare l’Associazione parkinsoniani allo 0266713111).
Le cure per stare bene
Se gli esami confermano la diagnosi, in genere, ci si spaventa. «È normale» dice il professor Pezzoli. «È bene però sapere che il Parkinson giovanile ha un’evoluzione più lenta. E con le cure giuste si può condurre una vita pressoché normale». Anche la terapia è differente. Ai giovani si prescrivono i farmaci dopaminoagonisti. «Sostanze cioè in grado di mimare l’effetto della dopamina, un neurotrasmettitore che invia gli impulsi nervosi nel cervello» spiega l’esperto. «Ed è proprio la carenza di dopamina a causare la malattia». Con la terapia i sintomi si attenuano e, in certi casi, spariscono. Il farmaco dà pochi effetti collaterali, che si risolvono modificando la dose giornaliera. La cura farmacologica da sola però non basta: bisogna abbinare la fisioterapia, che aiuta a mantenere l’agilità dei movimenti.