Re Carlo torna a far parlare di sé. Questa volta il clima o gli scandali di corte non c’entrano. A far discutere è la scelta di nominare il dottor Michael Dixon, medico omeopata, capo ufficiale dello staff medico della Casa Reale. Dixon, 71 anni, è noto per la sua amicizia con il Sovrano inglese (il mese scorso lo ha accompagnato in un viaggio in Kenya), ma anche per il suo ricorso all’omeopatia, ritenuta una “medicina di serie B” da molti. Il dibattito tra favorevoli e contrari è aperto anche in Italia, come puoi leggere qui.
Dixon, il medico omeopata amico di Re Carlo a Corte
«Chiunque promuova l’omeopatia sta mettendo in pericolo le basi della medicina. Indebolisce il servizio sanitario nazionale e causa danni e alla società. L’omeopatia non è una terapia efficace. Il re può nominare chi vuole, ma è indubbio che nel campo dell’assistenza sanitaria spesso ha favorito terapie dubbie». È molto dura la posizione di Edzard Ernst, professore emerito dell’Università di Exeter, intervistato dal Guardian e tra i maggiori critici della scelta di re Carlo III. Come sottolinea il giornale inglese, infatti, Dixon in passato ha sostenuto la possibilità di guarire attraverso l’erboristeria e la fede. A preoccupare è il fatto che ora è chiamato a occuparsi della squadra di medici a Buckingham Palace, con la possibilità di confrontarsi direttamente con il Governo a norme della Corona.
Quanto è diffusa l’omeopatia
La scelta di Carlo III ha alimentato il dibattito anche in Italia. «Si stima che il 10% della popolazione ricorra all’omeopatia, ma è difficile avere dati certi, perché ci sono persone che ne fanno un uso saltuario e altre che invece la seguono in modo abituale», spiega Ciro D’Arpa, vicepresidente della Società italiana di Medicina Omeopatica (SIMO). «La diffusione non è omogenea: per esempio, in Veneto, Lombardia e in alcune zone del centro Italia, come Firenze e Roma, è più frequente che una mamma scelga un omeopata per seguire il figlio, mentre in altre – specie al Sud – è più difficile. Qualcuno poi definisce omeopatia anche ciò che non lo è», aggiunge D’Arpa.
Perché Re Carlo è stato criticato
«Da quando è nata, a metà ‘800, l’omeopatia è stata utilizzata nella maggior parte delle corti europee quindi non stupisce che anche re Carlo III la usi e che abbia un medico personale omeopata. Oggi sono comunque 700 mila le persone nel mondo che si curano con l’omeopatia, in 90 Paesi che l’hanno ufficialmente riconosciuta», spiega ancora il vicepresidente della SIMO. «Il problema è che Re Carlo non è cittadino comune: è il Sovrano del Regno Unito, dove ha sede la maggior parte delle società scientifiche più prestigiose al mondo (che si chiamano Royal Society) e dove sono pubblicate riviste come The Lancet. È la culla della medicina moderna. Stride, quindi, avere un Re che sceglie l’omeopatia, la cui efficacia è stata smontata proprio dalla medicina dell’evidenza», spiega Matteo Bassetti, infettivologo dell’Ospedale San Martino di Genova, che sui social ha preso posizione sul tema.
Omeopatia: effetto placebo o medicina vera e propria?
«In Italia sulla scia delle norme europee, sono stati istituiti elenchi di omeopati all’interno degli ordini dei medici, perché prima di tutto gli omeopati sono medici, con una identica laurea, ma che poi hanno seguito un corso di formazione specifica. I medicinali omeopatici, inoltre, sono stati uniformati a quelli tradizionali, quindi la loro autorizzazione deve sottostare al via libera da parte dell’Agenzia italiana del farmaco. Ma questo in parte li ha penalizzati: dal momento che se ne vendono meno, il dover sottostare alle stesse norme di fatto ha scoraggiato le aziende produttrici, perché diventa antieconomico» sottolinea D’Arpa. Negli Stati Uniti, invece, non esistono prodotti omeopatici autorizzati dall’equivalente dell’Aifa, ossia la Food and Drug Administration: nessun prodotto o pratica omeopatica è certificato da FDA per il trattamento, la cura e la diagnosi di malattie, nemmeno come coadiuvante, in quanto ritiene non esista alcuna prova della loro efficacia.
L’omeopatia è una medicina complementare?
Sull’efficacia dell’omeopatia anche come terapia complementare non c’è ancora unanimità. «Io non credo nell’utilità dell’omeopatia per diversi motivi: mancano prove scientifiche sull’efficacia, che quindi si limita a quella di un placebo. Uno dei principi di base, ossia la diluizione del principio attivo naturale di 100 o 1000 volte, ne è la dimostrazione. Inoltre ritengo più sicuri i farmaci di sintesi, che sono testati anche negli eventuali effetti collaterali», spiega Bassetti. Eppure alcuni Sistemi sanitari regionali, come quello della Toscana, hanno inserito l’omeopatia all’interno di percorsi terapeutici anche per i pazienti oncologici come medicina complementare. Ma allora a cosa serve l’omeopatia?
A cosa serve l’omeopatia
«Quella dell’effetto placebo è una falsa convinzione», ribatte D’Arpa, che ha è anche autore del libro Omeofobia. «L’omeopatia è una scienza diversa, che osserva la malattia nel suo complesso tenendo conto dell’aspetto relazionale. Il medico omeopata, quindi, prende in considerazione il vissuto del singolo paziente: se ha donna ha bruciore di stomaco, il medico convenzionale le somministra una terapia senza tenere conto, ad esempio, se è una manager in carriera o se il marito è violento con lei. L’osteopata, invece, considera anche l’aspetto soggettivo. Non c’è terapia univoca – spiega ancora D’Arpa – Inoltre usiamo prodotti non tossici che servono a riequilibrare l’organismo».
Quali sono le medicine omeopatiche
«Le terapie si fondano su principi attivi di origine naturale, in particolare minerale, vegetale e animale, che rappresentano il 99% dei trattamenti. La nostra farmacopea si basa soprattutto su calcio, arsenico, zolfo e metalli in genere, oppure piante e funghi per la parte vegetale, o veleno d’ape o nero di seppia per quelli di provenienza animale – spiega l’omeopata della SIMO. I detrattori, invece, non le definiscono medicine, ma semplici “prodotti” e spiegano che possono servire solo in casi limitati di “medicina blanda”. Quali sono, quindi, le principali indicazioni?
Quando può servire l’omeopatia
«L’errore è voler limitare l’omeopatia a una “medicina dolce”, ideale per piccoli fastidi. Se fosse così in India ci sarebbero milioni di morti, dal momento che larga parte della popolazione non ha neppure i soldi per il biglietto dell’autobus per arrivare in ospedale, mentre si cura con l’omeopatia. Possiamo applicarla a tutte le malattie, anche se i maggiori benefici si registrano agli esordi delle patologie croniche. Può funzionare anche con malattie più gravi, spesso in concomitanza a terapie standard – motiva D’Arpa. In casi oncologici, quando si parla di medicina integrata, può aiutare nella prognosi rispetto ai trattamenti convenzionali, affiancandoli».
Omeopatia, erboristeria e medicine alternative: le differenze
Di sicuro sul tema regna confusione, tanto che spesso omeopatia viene confuso con un sinonimo di medicina naturale: «Non sono la stessa cosa. Dell’omeopatia manca un’evidenza scientifica sull’efficacia, mentre la medicina naturale – come l’erboristeria – si fonda sui benefici indiscussi di sostanze naturali. La stessa penicillina, alla base dei moderni antibiotici, è derivata da un fungo con proprietà antibatteriche. Non va confusa neppure con la medicina olistica, che utilizza le pietre e le onde elettromagnetiche che esse sprigionerebbero, né con medicine alternative come l’agopuntura, sulla quale siamo ancora lontani dall’avere evidenze scientifiche che ne dimostrino l’efficacia», dice Bassetti. «Come detto, la farmacologia omeopatica si fonda su principi naturali e non si limita a questi, ma prevede una visione più completa della patologia e non esclude anche la somministrazione di farmaci convenzionali», aggiunge D’Arpa.