Buongiorno, purtroppo sono un papà separato continuamente perseguitato dalla mia ex in merito alla permanenza con mio figlio. Pertanto, vorrei illustrarvi un episodio accaduto di recente. Premetto che la sentenza di separazione giudiziale, passata in giudicato, ha stabilito l’affidamento condiviso del nostro unico figlio che oggi ha 6 anni.
Inoltre, madre e figlio dal Gennaio 2012, vivono stabilmente in un luogo ben preciso, il bambino frequenta da due anni la scuola pubblica per l’infanzia e frequenta regolarmente cugini, zii e nonni che vivono tutti nel raggio di 10 km dalla sua residenza. Ella è un impiegato comunale a tempo indeterminato inquadrata nella categoria “c”.
SI PUO' PORTARE IL FIGLIO A VIVERE IN UN'ALTRA CITTA' SENZA IL CONSENSO DEL GENITORE?
Ebbene, nel 2010 ha presentato istanza di trasferimento presso un comune che dista circa 200 km dalla mia residenza per un lavoro identico a quello precedente ossia stesse mansioni e stessa categoria “c”. Tale istanza non è stata accolta. Come se non bastasse nel 2013 ha presentato nuova istanza sempre per lo stesso comune, che dista circa 200 km dalla mia residenza, e sempre per un lavoro identico sia nelle mansioni che della categoria.
Anche questa istanza è stata rigettata. In entrambe le circostanze la mia ex non mi ha informato delle sue intenzioni e sono venuto a conoscenza di quanto fatto solo a posteriori e sempre attraverso terze persone. E’ ovvio che se l’istanza di trasferimento avesse avuto successo si sarebbe trasferita insieme al bambino impedendomi di fatto di poter esercitare il diritto di permanenza con il minore. Poiché non escludo che la mia ex in futuro possa ripetere l’istanza di trasferimento, vorrei sapere come posso cautelarmi in merito, se posso impedire, non il suo trasferimento, ma quello del bambino e se vi sono sentenze di natura civile e/o penale in merito. Grazie per l’attenzione.
Marco (nome di fantasia scelto dalla redazione)
Gentile Signore,
mi preme, fin da subito, chiarire come il comportamento della sua ex moglie che, pur essendo il genitore collocatario di vostro figlio, ha più volte presentato istanza di trasferimento senza nemmeno avvisarla preventivamente, costituisca una grave inadempienza dei principi che regolano l’affido condiviso e, come tale, assolutamente censurabile.
La scelta della residenza del minore deve, infatti, essere assunta di comune accordo, e avvenire secondo modalità che consentano al bambino di conservare un equilibrato e continuativo rapporto affettivo anche con il genitore non stabilmente convivente. Ne consegue che la sua ex moglie, prima di interessarsi a un eventuale trasferimento, oltretutto a ben 200 km di distanza dalla sua città di residenza, avrebbe dovuto ottenere la sua preliminare approvazione ovvero, in alternativa, il benestare del Giudice.
Ciò, soprattutto, considerando che vostro figlio pare ormai stabilmente inserito nella città in cui risiede attualmente, ove, peraltro, frequenta, da due anni, la scuola pubblica per l’infanzia e intrattiene abituali rapporti con i parenti più prossimi (cugini, zii e nonni), vista la vicinanza delle rispettive abitazioni.
Pertanto, qualora lei dovesse venire nuovamente a conoscenza, a posteriori, di una richiesta di trasferimento avanzata dalla sua ex moglie, potrebbe considerare l’opportunità di rivolgersi al Giudice, ai sensi dell’art. 155 quater del Codice Civile. A seconda delle circostanze del caso, potrà, quindi, attivarsi per una modifica delle modalità di affidamento del bambino o comunque del luogo di collocamento dello stesso, oppure, ancora, dei tempi di frequentazione tra lei e il minore, valutando anche un eventuale addebito alla controparte delle ulteriori spese che dovessero rendersi necessarie per raggiungere la nuova residenza.
Inoltre, in presenza di determinati motivi d’urgenza, nell’attesa della decisione del Tribunale, sarà possibile chiedere che venga adottato un provvedimento temporaneo che inibisca alla sua ex moglie di trasferire altrove la residenza del figlio e che, in caso di cambiamento della propria, collochi il minore presso la casa paterna. In tale sede, infine, potrà domandare la condanna della stessa al risarcimento dei danni e/o al pagamento di una sanzione amministrativa, secondo quanto previsto dall’art. 709 ter comma 2 del Codice di Procedura Civile.
Venendo ora alla sua ultima richiesta, le segnalo alcune pronunce in materia, facilmente reperibili, e che ben potrebbero, per lei, rivelarsi utili, vale a dire, ordinanza del Tribunale di Locri, Sezione Civile, del 28 novembre 2011, sentenza della Corte di Appello di Firenze, Sezione Minorenni, del 10.06.09 e sentenza Tribunale di Bari, I Sezione Civile, depositata in data 10 marzo 2009.
A cura dell'Avvocato Francesca Oriali