Sabrina sfoggiava un rigoroso carré nero e un’indole indomita, Jill aveva morbide onde dorate e verve da vendere, Kelly si distingueva per la lunga chioma color cioccolato e la dolcezza disarmante. Nel mondo delle Charlie’s Angels (nella versione originale, del telefilm anni Settanta), alle diversità tricologiche tra le protagoniste investigatrici corrispondevano evidenti differenze caratteriali. Con l’obiettivo di creare un gruppetto coeso e funzionale, il grande boss Charlie le aveva scelte con astuzia. Forse pure lui sapeva che, quando si tratta di rapporti d’amicizia e colleganza, il tre rischia di essere un numero tutt’altro che perfetto.
Amicizia a tre: la lezione di The White Lotus
A suggerire una volta ancora quest’ipotesi, le tre amiche in vacanza nell’ultima stagione della pluripremiata serie The White Lotus (su Sky e in streaming su Now). Laurie (interpretata da Carrie Coon) fa l’avvocato a New York, Jaclyn (Michelle Monaghan) è una star della tv di Los Angeles, Kate (Leslie Bibb) una ricca casalinga che abita in Texas. Si conoscono fin da bambine e sono cresciute insieme. Ora che hanno superato i 40 anni e vivono lontane, si sono un po’ perse di vista, ma l’affetto tra loro resta immutato… O forse no?

Parlare alle spalle: che brutto spettacolo!
Alle tre amiche della serie targata HBO, l’idea di trascorrere qualche giorno gomito a gomito, nel lussuoso resort sull’isola thailandese di Ko Samui, pare ottima, utile anche per dare una spolverata alla loro intesa. Gli scambi tra Laurie, Jaclyn e Kate, però, risultano da subito un po’ forzati, di maniera: fin troppi complimenti e poca sostanza. E infatti, non appena una delle tre si allontana, le altre due sono pronte a sparlarle dietro. Alcolista, rifatta, piena di sé, bugiarda, bigotta: tra invidie, gelosie e giudizi tagliati con l’accetta, a ognuna tocca una generosa dose di veleno. Ma l’amicizia a tre è davvero così tossica?
L’amicizia a tre è destinata a non funzionare?
«Chiaramente i personaggi della serie hanno, per esigenze narrative, tratti caratteriali marcati, quasi caricaturali», spiega Eleonora Sellitto, psicologa e sessuologa a Roma. «È vero però che, quando si è in tre, armonia e intesa entrano spesso in crisi. Tutti ne facciamo esperienza, donne ma anche uomini, fin dai tempi dell’asilo». Difficilmente i componenti di un trio si trovano sullo stesso piano, anche se magari sembrano esserlo. E precisa la dottoressa Sellitto
A seconda delle situazioni e dei momenti, ognuno di loro assume il ruolo del carnefice, della vittima o del salvatore
«Il primo è appannaggio di chi ha la personalità più decisa e/o sta attraversando un periodo della vita molto soddisfacente, che nutre la sua autostima. Il secondo è l’individuo vulnerabile e insicuro, che si sente la ruota di scorta, si lascia trascinare dagli eventi e dalle decisioni degli altri. Il salvatore, infine, è in genere la persona più consapevole della dinamica in corso, si sente in colpa, cerca di rimediare e, tende a prendere le parti dell’elemento fragile, a scapito del più forte. Può anche essere in buona fede, ma in questo modo non fa che rendere l’equilibrio del rapporto a tre ancora più precario».
Nell’amicizia a tre ci vuole un po’ di sana autoanalisi
Alcune persone sembrano particolarmente portate a provare invidia. Altre parlano alle spalle di chi non è presente quasi per gioco. «Ovviamente sono i tipi più insicuri, di solito cresciuti in famiglie dove competere e vincere erano obiettivi chiave», suggerisce la psicologa. «Chi si rende conto di essere schiavo di questi atteggiamenti, dannosi per tutti, deve fare un po’ di sana autoanalisi. Per tenere a bada il desiderio di sovrastare chi abbiamo accanto, un passo importante è smettere di puntare la lente d’ingrandimento sull’altro – quasi nella speranza di coglierlo in fallo -, e spostarla su di noi, sui nostri limiti ma anche sulle nostre qualità. È quello il terreno fertile su cui possiamo lavorare».
Provate ad allargare il gruppo
E se, nonostante i tentativi fatti per aggiustare l’intesa a tre, la situazione non dovesse migliorare? «La soluzione più semplice è introdurre un nuovo elemento, un’altra persona che funzioni da quarto “polo gravitazionale”, in grado di rivitalizzare l’energia del gruppo e di determinare dinamiche differenti, in modo che nessuno si senta più escluso o preso di mira», risponde la dottoressa Sellitto. «Qualora non si riuscisse – o non si volesse – allargare il gruppo a una quarta persona, e confessare in modo chiaro il proprio disagio risultasse troppo complesso, l’unica è, banalmente, non vedersi più tutte e tre insieme. E poi, nonostante sia una scelta delicata, da ponderare con attenzione, si è sempre libere di smettere di frequentarsi. Gli amici si possono perdere per strada, anche quelli di vecchissima data. Non è facile, ma va accettato: man mano che si cresce, capita di diventare troppo diversi per stare ancora bene insieme». Così come capita di imbattersi in nuove “anime gemelle”.
L’amicizia non ha età?
Secondo lo studio condotto da Snapchat The Friendship Report, l’età media in cui incontriamo i nostri migliori amici è 21 anni. «È vero, però, che stringere legami di amicizia in età adulta è sempre auspicabile, oltre che possibile: cerchiamo di essere aperte e pronte ad accogliere nuove persone positive, in grado di portare nella nostra vita stimoli ed esperienze inedite e, al tempo stesso, magari, di aiutarci a superare vecchie abitudini, che non ci soddisfano più», consiglia la psicologa. «Succede con gli amici come con gli amori: quando siamo più mature – e quindi consapevoli di noi stesse, di ciò che vogliamo e di quello che invece non ci piace – può essere più semplice riuscire a riconoscere chi fa davvero per noi».