La tecnologia ha di molto aiutato le relazioni fra i sessi, forse rendendo più fluida la comunicazione, ma in non pochi casi ha creato dei problemi che prima non esistevano.
Se negli anni Ottanta e Novanta si rimaneva in attesa della chiamata di fronte al telefono di casa o si correva alle cabine telefoniche, oggi le opzioni sono molte di più e in grado di provocare altrettante paranoie.
Tra spunte di Whatsapp, messaggi visualizzati senza risposte, appuntamenti su Tinder o altri siti e app di dating online, orientarsi può sembrare difficile ma abbiamo stilato 8 regole che sarebbe meglio tenere a mente quando si chatta con il partner (o con colui/colei che vorremmo fosse il nostro partner).
C’è vita su Marte?
La situazione è tra le più classiche: il primo appuntamento è stato archiviato già da qualche giorno, abbiamo trascorso quella che ai nostri occhi è stata una bella serata – e se tanto ci dà tanto la sensazione è reciproca – magari è pure successo qualcosa… ma siamo vittime di un fastidioso silenzio stampa.
Il tipico messaggio alla “se ci sei batti un colpo” è in queste situazioni quanto di più deleterio: da “Ciao! Ma sei ancora vivo?”, passando per i vari “Ehi, come stai?” fino ad arrivare all’ecatombe della controproposta “Ti va se ci rivediamo giovedì sera?”, ripalesarsi a breve distanza dall’avvenuta uscita è un po’ come una doccia gelata che raffredda tutti i possibili bollori.
Escamotage più o meno validi: cancellare temporaneamente il numero dalla rubrica, mettere il cellulare sotto chiave, iscriversi a un corso di ikebana per ingannare l’attesa. Qualunque sia l’espediente che decidiamo di adottare, deve essere abbastanza valido per non farci regredire allo stato di quindicenni alla disperata ricerca di conferme. Il problema è proprio quello: spesso ci facciamo travolgere da aspettative e da un disperato bisogno di apprezzamento, tanto da arrivare a perdere di vista il focus della situazione. Una bella serata non vuol dire aver trovato la storia della vita: meglio ridimensionare, trovare di meglio da fare (e da pensare) e non escludere che la cosa non possa avere un seguito. Può succedere e non è un dramma.
Complimenti vivissimi
Negli Stati Uniti lo chiamano “The Morning After Text”, e sono stati scritti trattati sulla sua letalità: in questa categoria rientrano tutti quei messaggi mandati dopo aver trascorso la notte insieme, il cui invio avviene solitamente il minuto successivo all’essersi congedati.
Il “Ieri sera sono stata davvero molto bene” e simili tradiscono in realtà un’ansia di fondo che dall’altra parte appare lampante e – manco a dirlo – spaventa più di Freddy Krueger. Se a ciò si aggiunge poi il fatto che tali frasi appaiono come una stretta di mano metaforica post-sesso, la cui risposta standard – a meno di non imbattersi in persone assai creative o troppo sincere – è un impersonale “anch’io” o un imbarazzante silenzio…beh, allora si commentano da soli.
Il sequel de I Promessi Sposi
È scientificamente provato che le nostre capacità di attenzione e concentrazione si stanno sempre più assottigliando, per cui impariamo a prendere confidenza e a diventare amici della sintesi – questa sconosciuta – ed evitiamo il più possibile messaggi che potrebbero vincere il premio Pulitzer. Il perché si spiega da solo: se non riusciamo a condensare ciò che vogliamo dire in poche rapide battute, allora a quel punto non è meglio una telefonata?
Qui ci vengono in aiuto anche le regole più basiche del marketing e della comunicazione pubblicitaria: visualizzare un testo lunghissimo è spesso respingente e di certo non invita alla lettura… il che è universalmente valido – oltre che per flirt e relazioni– pure per tutte le varie chat o conversazioni via messaggio che intratteniamo ogni giorno.
Un cocktail di ansia
Regola generale: l’ansia è una brutta bestia che nuoce – oltre che a noi stesse – anche a tutte le nostre relazioni, siano esse sentimentali, lavorative, familiari o d’amicizia. Corollario del punto precedente: l’ansia comunicata via messaggio è il mostro bifronte in grado di far fuggire a gambe levate la persona che stiamo approcciando.
Ciò detto, facciamo piazza pulita dei vari “Sicuro che vada tutto bene?”, “Non ti fai mai sentire se non ti scrivo io”, “Eri un po’ strano ieri sera…”, “Ho fatto qualcosa che ti ha infastidito?”, perché sono armi contundenti da maneggiare con cura, pena il silenzio o risposte (giustamente) secche e lapidarie.
In questi casi, mettersi nei panni dell’altro non guasta: non è forse vero che quando siamo nervose per il qualsivoglia motivo desideriamo essere lasciate in pace? Bene, questa cosa vale più o meno per tutti. Quindi prima di scrivere un messaggio ansiogeno o dai toni accusatori, chiediamoci prima che reazione avremmo noi a ricevere un messaggio del genere dal nulla.
Don’t Drink & Text
Esattamente come ci dicono di non guidare quando abbiamo alzato un po’ il gomito, allo stesso modo questa regola si applica per i messaggi: il cervello annebbiato rischia di farci mandare dichiarazioni d’amore improvvise e non richieste, sms carichi di risentimento, effusioni finto-erotiche totalmente fuori contesto e via dicendo. Il risultato?
Risvegliarsi la mattina successiva e rabbrividire scorrendo la cronologia dei messaggi su WhatsApp. A quel punto, evitare di cadere nella trappola dello scrivere di nuovo per scusarsi – l’apologia post-sbornia è, oltre che triste, dal vago retrogusto adolescenziale – ma far passare l’accaduto sotto silenzio nella speranza di non aver disintegrato la nostra dignità.
Il processo
Occorrerebbe scrivere un libro che raccolga tutti gli orrori stilistici partoriti alla fine di una relazione: se siamo state lasciate, il risentimento e il (finto) desiderio di rivalsa giocano brutti scherzi, facendoci finire dritte dritte in un buco dove le uniche ad affossarci siamo proprio noi stesse.
Messaggi come “La verità è che io ti amavo, mentre tu hai solo calpestato i miei sentimenti”, oppure “Ti rendi conto di esserti comportato da vero miserabile?”, o ancora “Ti auguro di sperimentare un giorno tutto ciò che sto provando io in questo momento” dovrebbero essere affidati a un diario segreto, alla propria migliore amica o all’analista che ci ha in terapia settimanalmente, mai all’ex.
Cercare di indurre il senso di colpa equivale a una disfatta di Waterloo: il lui in questione si sentirà solo più gonfio delle sue gesta eroiche, e a noi toccherà raccogliere i cocci della nostra dignità, un’altra volta.
L’errore (in)volontario
Alzi la mano a chi non è mai successo di scrivere un messaggio circa l’esito di un appuntamento, di una discussione, di una vacanza o anche solo di una one-night-stand, corredato di tutti i dettagli e i feedback più o meno censurati e censurabili, con l’intenzione di inviarlo alla propria amica-confidente e – in maniera assolutamente involontaria – mandarlo invece all’uomo in questione, oggetto del suddetto reportage.
Errare è umano, lasciar passare un lasso di tempo consistente e poi scherzarci sopra con un paio di battute è invece l’unico modo intelligente per uscirne psicologicamente illese.
Non staremo a dilungarci sull’eventualità che lo sbaglio fosse programmato e servisse soltanto a smuovere le acque per suscitare una reazione da parte del malcapitato…in linea generale esistono alternative più valide e interessanti se lo scopo è darsi la zappa sui piedi.
Viaggi fuori stagione
Ok, a un primo appuntamento ne è seguito un secondo. E poi un terzo. E anche un quarto. Ma ciò non significa – nonostante lo desideriamo ardentemente – che esista già un “noi” e che possiamo iniziare a programmare il coast to coast insieme a bordo di una decappottabile.
I messaggi che trasudano aspettative come fette di pecorino sardo messe sotto una lampada a 150 watt sono il modo migliore affinché la nostra relazione allo stato embrionale non si sviluppi nella forma che ci auguriamo, anzi: mai come ora è importante giocare d’astuzia e lasciare la prima mossa all’altro, per poi agire di conseguenza.
Teniamo ancora per un po’ i plurali chiusi nel cassetto a doppia mandata, insieme ai viaggi in cui ci imbarchiamo fin troppo spesso con la nostra mente, e indossiamo una divisa fatta di prudenza e piedi di piombo…forse sarà la volta buona che – oltre a raccogliere i frutti – riusciremo pure a mangiarli.
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